Dopo Pisapia Vendola? Perchè no?

Pubblicato il 15 novembre 2010, da In primo piano

Sorpresa a Milano, titolano quasi tutti i quotidiani. Ma la vittoria a Milano di Pisapia è proprio una sorpresa? Penso di no. Io ad esempio se fossi stato cittadino milanese avrei votato Pisapia. Dovendo scegliere tra il menu che mi è stato offerto avrei votato lui. Perché è una persona solida e seria. Che ha alle spalle competenze e un lavoro politico non improvvisato. Che ha dimostrato equilibrio e capacità di giudizio anche in momenti difficili della storia milanese.

 Non avrei votato Boeri. Perché era il simbolo del consociativismo immobiliare, molte discutibili trasformazioni urbanistiche milanesi delle giunte di destra hanno visto il suo coinvolgimento. Non avrei votato Onida, perché una rispettabilissima e colta persona non si inventa il mestiere di Sindaco a 75 anni.

Se lo votavo io, che nella classifica un po’ angusta cui siamo abituati sarei un “moderato” a maggior ragione lo avrebbero votato quelli di sinistra. E sono tra quelli che pensano che Vendola ha buonissime possibilità di vincere le primarie. Per un motivo semplice. Se il PD si riduce a parlare ad un elettorato “di sinistra” che sinistra sia, pensano gli elettori che partecipano alle primarie e scelgono la novità.

Io mi auguro che la personalità di Pisapia, pur caratterizzata da una storia dentro la sinistra riesca a mettere in campo alleanze robuste e lo spazio politico che si apre per il terzo polo sia più di danno al centrodestra che a noi. Lo spero ma razionalmente temo che non sarà così, anche se una competizione nell’ambito di uno stesso elettorato di una candidatura Albertini e la delusione (generale e locale) per il centrodestra potrebbe aprire i giochi in modo serio. Se lo schema fosse questo in presenza di un ballottaggio tra Moratti e Pisapia, con Albertini o chi per lui terzo, gli spazi di vittoria ci sono. In ogni caso prudenza per tutti nei giudizi: è un laboratorio interessante, vediamo quello che succederà

Restano i problemi generali del PD.

Ancora una volta il gruppo dirigente sostiene un candidato alle primarie e viene sconfitto dagli elettori. Probabilmente scelte non sufficientemente soppesate, una interpretazione burocratica delle primarie, il nodo irrisolto che gli elettori del PD si distribuiscono tra diversi candidati e a uno di questi si aggiungono i voti degli altri partiti della coalizione.

Il fatto che c’è un diverso grado di partecipazione politica tra elettori fidelizzati e militanti e elettori di opinione. Il fatto che nella crisi generale della politica nel voto delle primarie viene incorporato un giudizio negativo dei gruppi dirigenti. Tutti giovani e rinnovati a Milano, ma egualmente sconfitti. Come giovane era il competitore di Vendola Francesco Boccia. A riprova che la freschezza delle idee è indipendente dalla età anagrafica (entro certi limiti…). Fatto sta che a Milano (Pisapia), in Puglia (Vendola), a Firenze (Renzi) ha vinto l’outsider contro il candidato dell’establishement.

E soprattutto il nodo di fondo. Gli elettori che ci sono restati sono più a sinistra dei dirigenti, detta in termini un po’ rudi. I ventimila voti persi tra le due primarie registrano una parte di elettorato che non si presenta più. E allora erano primarie non combattute come queste. E’ quella secessione silenziosa di elettorato moderato che non trova più motivazioni per votare il PD. E diventa un circolo vizioso: il PD si sposta a sinistra (con le cautele sul significato oggi di questi termini), una parte di elettori lo abbandonano (anche se altri passano dall’astensione al voto, ma il bilancio resta negativo).

Un partito spostato così non è in grado di trovare alleati al centro, che guarda da un’altra parte, pensando che un centro destra liberato da Berlusconi possa essere un interlocutore naturale.

La vituperata “vocazione maggioritaria” non era una presunzione velleitaria ma il tentativo di dare una risposta: per fare alleanze bisogna essere capaci di parlare a tutto il paese ed uscire da una cultura minoritaria, se no con noi non si sposa nessuno. Se perdiamo massa critica al centro non illudiamoci che altri facciano per noi un lavoro a nostro favore. Nell’angolo ci metteranno. Vinceremo molte primarie e perderemo molte elezioni

Il problema c’era ed il problema c’è, vediamo un po’ come risolverlo: se siamo un partito di testimonianza o un partito che ambisce a governare il paese

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14 commenti

  1. Franco Bomprezzi
    16 novembre 2010

    Grande Paolo…. siamo in sintonia anche a distanza. Bello. Ho appena scritto per Vita la mia rubrica sullo stesso tema. Con Pisapia sto lavorando sui temi del sociale e della disabilità. E’ una brava persona. Possiamo vincere a Milano, ma anche il Pd ci deve credere, tutto intero.


  2. […] vi consiglio il sempre preciso e lucidissimo sen. Paolo Giaretta (non mi dilungo in complimenti altrimenti mi dicono che sto fondando una corrente). Posted in Senza […]


  3. Tiziano
    16 novembre 2010

    Sinceramente non credo che la ridotta (?) affluenza alle primarie di Milano significhi necessariamente che l’elettorato “Moderato” (ma che vuol dire sto termine?) non è andato alle urne, credo che invece abbia giocato molto la delusione per il PD che in questi anni di opposizione non ha saputo rendersi credibile, Pisapia come Vendola non parla solo alla “sinistra” come crede Giaretta, queste – come altre – sono persone che sanno arrivare al cuore delle persone, al contrario di molto dell’establishment del PD.
    Non mi pare che in Puglia Vendola abbia conquistato manu militari le sedi di Confindustria o le sedi religiose, tra l’altro Vendola è cattolico.
    Quindi il mio consiglio a Giaretta e a chi nel PD in questi giorni mette in dubbio lo strumento delle primarie è quello di mettere sullo stesso piano tutti i politici di centrosinistra, almeno quelli onesti, e poi saranno gli elettori a decidere, si chiama Democrazia.


  4. Cernuschi
    16 novembre 2010

    Le segnalo questo articolo:

    http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna&currentArticle=VE4LU

    Saluti separatisti lombardi,
    Enrico Cernuschi


  5. adriano
    16 novembre 2010

    Dopo le primarie di Milano mi è venuto di fare una considerazione. Le primarie erano “figlie” di un disegno maggioritario, dove il PD parlava a tutti. Quindi mi sembra coerente, in questo contesto di apertura, immaginare una candidatura formulata, non con un manuale Cencelli sottomano, ma allargata il più possibile negli ambiti di scelta. Venendo a modificarsi “il sistema” e cioè pensando ad una candidatura “soppesata negli equilibri” c’è da chiedersi se le cose siano compatibili. La considerazione, o meglio la domanda che mi faccio e che faccio è :” ha senso fare delle primarie se uno dei candidati è già sponsorizzato in partenza dalla Segreteria” che evedentemente lo avrà presentato sulla base di ragionamenti complessivi?
    Intanto dico che per me le primarie sono una ricchezza in termini di idee oltre che un segnale evidente di vicinanza con l’elettorato, e che quindi sono da farsi. Poi però facendo un parallelismo con il calcio, trovo che far giocare una squadra con un 4-4-2 quando ha sempre giocato con un 4-2-3-1 sia complicato.


  6. daniele
    16 novembre 2010

    Vorrei sommessamente fornire una precisazione e compiere un commento.

    La precisazione:
    Secondo le prime analisi, l’età media degli elettori a queste primarie si è molto alzata. Ergo: c’è una quota di giovani che aveva votato le primarie del PD che non è andata a votare le primarie di coalizione. E’ un segnale preoccupante.

    Il Commento.
    “per fare alleanze bisogna essere capaci di parlare a tutto il paese”. Questo per me è un gravissimo errore metodologico. per fare alleanze devi avere la TUA IDEA, difendere I TUOI PRECISI INTERESSI, su questo costruire la TUA FORZA e il TUO CONSENSO e poi sederti a negoziare per fare una alleanza MEDIANDO. Se invece pensi di parlare a tutti, ahi già perso in partenza. E infatti il PD sta perdendo perché non ha alcuna identità.


  7. annibale osti
    17 novembre 2010

    analisi lucida e pacata che condivido in pieno. come partecipante “qualsiasi” ai tanti incontri milanesi, se era evidente che boeri comunicava con maggiore chiarezza ed incisività, alla lunga si faceva strada la convinzione che giuliano pisapia, anche se più impacciato, aveva nelle gambe la lunga distanza (magari con arrivo al tourmalet – scusa ma non posso non apprezzare la tua foto sul leggendario colle).
    nelle varie discussioni, nessuno ha ricordato le “sòle” (detto alla romana) che i candidati pd hanno dato a ripetizione ai loro elettori, dopo la sconfitta: dimissioni senza neanche un mazzolino di fiori per il disturbo. questi nomi estratti dal cilindro della società civile, non danno affidamento. giuliano ha una storia politica personale che può essere raccontata senza imbarazzi. io l’ho votato con convinzione per questo. ho convinto varie persone a concentrarsi su pisapia invece che disperdersi su onida (le primarie non sono un sondaggio di opinione, nè un pranzo di gala, come si diceva anni fa…) in sintesi, credo che i tempi siano maturi per un ritorno della politica vera, popolare e progettuale.


  8. LucaGras
    18 novembre 2010

    Anch’io trovo che NON sia giustificata la tesi per cui la sconfitta delle primarie significa che il PD si riduce a “parlare alla sinistra” e quindi perde voti “al centro”. I fatti milanesi vanno in direzione contraria: il [gruppo dirigente] PD ha scelto, un candidato che guardava “al centro” ed è stato sconfitto “da sinistra”. Lo stesso sen. Giaretta, del resto, dice tranquillamente che avrebbe probabilmente votato per Pisapia!
    Non mi sembra quindi che il problema sia di parlare più “a sinistra” o più “al centro”, una distinzione che fra l’altro per molti cittadini ha scarso significato. Il problema, evidentemente, è la nostra incapacità di parlare ai cittadini. Di metterci in gioco in un confronto vero, da persone vere. Boeri – che può essere persona degnissima, non lo conosco – sembra l’ennesimo cilindro dal cappello, l’ennesimo parto di una fumosa alchimia elettorale da vendere come prodotto preconfezionato. “Metterci in gioco in un confronto vero” significa un percorso autentico di costruzione di proposte, in ascolto della cittadinanza (invece siamo sempre convinti di aver l’obbligo morale di partorire _noi_ le scelte “giuste”, come se un’idea che non parte da noi, dai “nostri”, non potesse essere veramente presa in considerazione; se ci limitassimo a fare sintesi tra le diverse esigenze e le diverse proposte, faremmo molto di più il lavoro proprio di un partito). Ma significa anche impegnarsi in primarie senza che il partito debba sentirsi in dovere di “mettere il cappello” su questo o quello dei candidati, al di là delle convergenze che possono emergere naturalmente (ma che spesso emergono in modo imprevisto). E in cui ognuno, senza vincoli di partito – ma questo deve vale anche per gli altri partiti -, decide liberamente chi sostenere e perché. Rinunciando finalmente alla pretesa di possedere i risultati per limitarci a governare i processi. Che non è affatto poco.


  9. Paolo
    19 novembre 2010

    Sono i dati dei flussi elettorali che dimostrano una disaffezione dell’elettore che si colloca al centro dello schieramento politico (non necessariamente con riferimento ai cd partiti di centro) nei nostri confronti. Sono anch’io convinto naturalmente che Vendola e Pisapia parlino oltre il recinto politico di provenienza e questo è il loro valore aggiunto. Dobbiamo evitare che nel complesso il PD perda rapporti con una parte di opinione pubblica decisiva per la vittoria elettorale


  10. Paolo
    19 novembre 2010

    penso che il partito in quanto tale dovrebbe limitarsi ad organizzare bene le primarie, a preoccuparsi che vi siano candidati validi per la carica che è in competizione senza sponsorizzare uno specifico candidato. Le primarie di coalizione sono naturalmente più complesse: può il PD non indicare una propria preferenza e gli altri si?Bisogna che il Pd se decide di mettere in campo un proprio candiato valuti preventivamente le possibilità di successo


  11. Paolo
    19 novembre 2010

    Ma il compito della politica è la capacità di rappresentare gli interessi e di unificarli verso quello che si chiama il bene comune, attraverso appunto una visione che deriva da una identità politica. Se scegli di rappresentare una parte sarai ritenuto affidabile per quella parte, ma nonp otrai mai ambire ad essere la guida di un popolo


  12. Paolo
    19 novembre 2010

    sono sostanzialmente d’accordo. Ciò non toglie che io avverto come elettori che definisco di centro per comodità che avevano votato per i partiti dell’ulivo e poi per il PD ci stanno abbandonando e questo è un problema se vogliamo competere per il governo del paese. Insisto su un punto: immaginare che a noi basti fare il pieno di voti a sinistra perchè al centro ci pensa udc, fini e centristi vari che poi si alleerebbero con noi è sbagliato. perchè questi lavorano per rifondare la destra, non per fare una alleanza di centrosinistra


  13. Michele Brunello
    8 dicembre 2010

    certo che però entrare un pò nel merito delle proposte invece che nelle posizione ideologiche ci farebbe bene. A Milano le proposte di Boeri era non una, ma 100 volte migliori di quelle di Pisapia e Onida. Anche il profilo era molto più fresco e dinamico che Pisapia che è in politica da decenni. Ma a Milano non si è giocata un apartita solo milanese ma piuttosto nazionale. E così ci siamo persi ilmiglior candidato per le beghe interne… Ricominciamo a parlare di contenuti!


  14. Paolo
    9 dicembre 2010

    è vero, proprio per questo però il PD milanese avrebbe dovuto avere più fiducia nella forza programmatica di Boeri, piuttosto che precipitarsi a”battezzarlo”. Sono convinto che il progetto del PD si salva se si riparte dai contenuti innovativi del Lingotto, sviluppandoli con coerenza. Ipotesi di alleanze, emotività delle scelte, nostalgie della passate militanze non ci porteranno da nessuna parte.


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