C’è ancora da imparare dal New Deal

Pubblicato il 6 giugno 2012, da Interventi al Senato

Intervento in aula sul decreto spending review, 6 giugno 2012

Signora Presidente,

Naturalmente sosteniamo con convinzione il provvedimento del Governo, compresa la priorità che viene assegnata alla razionalizzazione dell’acquisto di beni e servizi per raggiungere obiettivi immediati. Del resto, in Italia esiste dal 1999 un programma di razionalizzazione degli acquisti, ma solo il 3 per cento degli acquisti totali della pubblica amministrazione avviene attraverso la CONSIP, a dimostrazione che serve un intervento straordinario di razionalizzazione delle procedure d’acquisto, che le rendano più efficienti e convenienti.

Abbiamo molto insistito sul fatto che le previsioni di questo decreto potessero essere parte di un tutto molto più ampio. L’emendamento 1.5 è quindi a nostro avviso importante proprio perché lega questi primi passi dell’azione del Governo in questa materia ad una più generale azione di spending review globale, già prevista sotto diverse forme nell’ordinamento, che con questo emendamento trova un richiamo specifico.

Ormai all’espressione spesa pubblica colleghiamo spesso un giudizio di tipo negativo, quindi sprechi, inefficienze. Credo che invece dovremmo ritrovare attorno al concetto di spesa pubblica una convinzione più ampia che si tratti di una leva essenziale per l’attuazione dei principi costituzionali di eguaglianza, solidarietà e piena libertà: naturalmente, una delle leve, non l’unica. Infatti, in una visione sussidiaria della società è altrettanto importante la libera organizzazione dei cittadini, l’azione dei corpi intermedi.

Tuttavia, per chi come noi del Partito Democratico, in particolare, sia convinto che nel concetto di spesa pubblica vi sia questo valore insito, occorre raddoppiare la cura affinché ogni euro prelevato dai cittadini e ogni euro speso si traduca in un valore aggiunto per il benessere del cittadino, nel riconoscimento di un sacrificio che eleva il complessivo livello di benessere dei cittadini.

Certamente le cose da farsi sono difficili, dovendo vincere resistenze e abitudini: gli sprechi, in genere, sono sempre quelli degli altri e i benefici che si ricevono non si considerano mai uno spreco. Altrettanto difficile è poi ridefinire le priorità, essendo un’azione spesso politicamente costosa nell’immediato.

Il rapporto del ministro Giarda offre alcune cifre importanti. Porto qualche esempio. Nell’ultimo ventennio la spesa per le pensioni nel nostro Paese è aumentata di 4,7 punti percentuali sul totale della spesa e quella per l’istruzione è diminuita di 5,4 punti percentuali. Certamente incidono gli aspetti demografici, ma molto probabilmente c’è anche un errato ordine di priorità.

Ricordava ieri il collega Fleres che, sul totale delle spese di giustizia, quelle per il servizio di intercettazione telefonica ammontano al 40 per cento. Siamo tra quelli che si sono opposti con convinzione, e credo con ragione, ai tentativi di indebolire uno strumento essenziale per lo svolgimento delle indagini. Tuttavia, proprio perché crediamo in questo strumento, non possiamo accettare che il 40 per cento delle spese di giustizia avvenga con una frammentazione delle stazioni appaltanti e con un affido diretto. Quindi, nel regno della giustizia si procede all’affidamento di servizi creando le condizioni di una procedura di infrazione a livello comunitario. Gli esempi potrebbero essere altri.

In questi mesi in cui hanno pesato gli effetti della grande crisi più volte si è citata l’azione del Governo americano dopo la dpressione del 1929 e gli esempi illuminanti del New Deal di Roosevelt. Un leader capace di prendere in mano, con appropriate politiche economiche e sociali, con un richiamo etico ad un dovere di solidarietà e coesione nazionale, un Paese smarrito, impoverito. Spesso quindi abbiamo richiamato la necessità di politiche keynesiane del deficit spending.

Certamente condividiamo questi richiami. Tuttavia, sarebbe opportuno riprendere in mano il memorabile discorso del presidente Roosevelt alla Convenzione democratica del 1932. Ad un certo punto Roosevelt dice: «Io so qualcosa delle tasse. Per tre lunghi anni ho percorso in lungo e in largo questo Paese predicando che il Governo – federale, locale e statale – costa troppo. Non smetterò di predicarlo. In linea pratica, dobbiamo cominciare con l’abolire gli uffici inutili. Dobbiamo eliminare le funzioni inutili del Governo – funzioni che, in realtà, non sono assolutamente essenziali all’attività del Governo. Dobbiamo riunire, unificare le suddivisioni del Governo e, come il privato cittadino, eliminare i lussi che non ci possiamo permettere».

Essendo un convinto keynesiano e guardando con ammirazione all’esperienza storica del presidente Roosevelt, sostengo con convinzione questo emendamento ritenendo che ad essere keynesiani non si sbaglia, ma occorre considerare l’intero pensiero di Keynes. (Applausi dal Gruppo PDe del senatorePeterlini).

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