La crisi della democrazia e il ruolo dello Stato

Pubblicato il 28 giugno 2012, da Interventi al Consiglio d'Europa

Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, 27 giugno 2012

La sessione di giugno dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa ha riservato un ampio spazio ai temi della democrazia e dei diritti sociali di fronte alle politiche di austerità che caratterizzano in questo periodo il mondo occidentale. E’ un dibattito importante proprio perchè ha dei punti in comune in tutte le opinioni pubbliche europee, indipendentemente dalle maggioranze politiche che governano gli stati e delle diversità delle singole economie; riporto qui i collegamenti a due documenti sulla crisi della democrazia e sul rapporto tra diritti sociali e misure di austerità (http://assembly.coe.int/ASP/Doc/XrefATDetails_F.asp?FileID=18943 http://assembly.coe.int/ASP/Doc/XrefATDetails_F.asp?FileID=18916).

Di seguito l’intervento che avrei fatto in assemblea, con i soliti tempi europei di tre minuti) se non fossi dovuto rientrare a Roma per votare contro gli ignobili emendamenti di lega e PdL sulle riforme istituzionali. Sono purtroppo passati per quattro voti.

Quella che abbiamo davanti non è solo una crisi economica, sconosciuta in tempi recenti per ampiezza, lunghezza e profondità. E’ qualcosa di più complesso: in sostanza la fine del grande compromesso tra capitale e lavoro che aveva accompagnato la fase di espansione delle democrazie occidentali dopo le tenebre delle dittature del novecento. L’aspirazione di una democrazia capace di assicurare pace, sicurezza, benessere e libertà. Sul piano interno con l’affermarsi del welfare state, come strumento regolatore nella distribuzione della ricchezza e di assicurazione di ragionevoli certezze sul piano dei diritti sociali: istruzione, salute, previdenza. Sul piano esterno con lo sviluppo di forme sempre più integrate di cooperazione sovranazionale, per superare i guasti degli eccessi dei nazionalismi.

Un meccanismo che ha funzionato bene fino all’affacciarsi del nuovo secolo, con una corrispondenza tra crescita economica, distribuzione della ricchezza, irrobustimento delle forme di rappresentanza democratica. Con una espansione anche geopolitica delle forme della democrazia occidentale. Su tre pilastri: un cambiamento reale di vita per centinaia di milioni di cittadini del mondo, con l’accesso a livelli di consumo prima sconosciuti, un accesso generalizzato all’istruzione e a mezzi di comunicazione di massa che hanno dato sostanza ad un pluralismo culturale diffuso, l’evidente superiorità in termine di libertà degli individui, di diritti, di risultati di benessere dei regimi democratici a fronte dei regimi autoritari.

La grande contrazione che ormai da 4 anni caratterizza l’economia dell’Europa e dell’Occidente sta indebolendo questi pilastri. Osserva il sociologo italiano Mauro Magatti: è un mondo che è diventato più indebitato, più diseguale, più invecchiato e più depresso.

E dobbiamo rilevare che i cambiamenti demografici e geopolitici portano purtroppo a constatare che la maggior parte della popolazione mondiale è governata con regimi a democrazia limitata, che non sarebbero in grado di osservare gli standard minimi previsti dal Consiglio d’Europa.

Vi è il rischio di una rottura tra superiorità etica della democrazia e capacità di produrre risultati efficienti in termine di benessere, di sviluppo di diritti sociali, tra luoghi della rappresentanza democratica e luoghi delle decisioni.

La dimensione statuale, dove prevalentemente si realizza la rappresentanza democratica, non è sufficiente a dare regola e disciplina ad una economia globalizzata. Non solo non c’è alcun rapporto tra finanza e ricchezza reale prodotta: Alla fine degli anni Ottanta i prodotti finanziari derivati erano il 5% del Pil mondiale, oggi c’è un totale rovesciamento del rapporto: la finanza derivata è dieci volte il Pil mondiale. Una realtà che si sottrae a ogni giurisdizione nazionale o sovranazionale e che con la speculazione di brevissimo periodo può distruggere ricchezza reale, lavoro, condizioni di vita. Una parte di queste decisioni di speculazione finanziaria di brevissimo termine non dipendono da decisioni umane, ma da un uso evoluto di programmi e sistemi automatici per la definizione del prezzo, della quantità e del timing degli ordini. Si afferma il regno del trading algoritmico o algotrading. I programmi sono in grado di gestire decisioni a un ritmo molto superiore a quello umano. In quattro anni l’uso di queste tecnologie è cresciuto del 164% e nel 2010 l’algotrading avrebbe riguardato il 56% delle transazioni negli Usa, il 38% in Europa, tra il 10 ed il 30% in Asia.

Si afferma una finanza priva di ogni responsabilità e crescono in modo drammatico le disuguaglianze. Gli Stati si indebitano per affrontare default del sistema finanziario: A fine 2009 gli interventi a carico dei bilanci pubblici sono assommati ad oltre diecimila miliardi di dollari, una somma pari al 24% del Pil mondiale, a danno di interventi per il welfare, investimenti innovativi, ecc. La crisi del 2008/2009 ha cancellato secondo i dati dell’Organizzazione Internazionale del lavoro 34 milioni di posti di lavoro, 2/3 dei quali nell’area OCSE e nell’America Latina. Nei paesi dell’area OCSE il peso della remunerazione del lavoro in 5 anni è diminuita di circa 5 punti in media.

Un sistema democratico deve essere capace di produrre sicurezza ed eguaglianza. Non può trasmettere l’idea dell’impotenza della democrazia. Altrimenti gli esiti possono essere drammatici. Ce l’insegna la storia del ‘900. Di fronte alla grande depressione del 1929 il mondo ha conosciuto due risposte: la deriva dittatoriale con immani sofferenze per l’umanità o la via del rafforzamento democratico con il New deal di Roosevelt negli Stati Uniti.

Dalla crisi si esce con una rafforzamento degli istituti democratici, secondo le linee ben esposte  nel rapporto dell’On. Gross.

Potendo contare sulla ricchezza principale di cui possono disporre le democrazie avanzate: la ricchezza umana e spirituale che solo un mondo di esseri liberi può sprigionare.

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