Fiorenzo Magni ed Alfredo Martini, campioni della vita

Pubblicato il 14 ottobre 2013, da Politica Italiana

Tra qualche giorno ricorrerà il primo anniversario della morte di Fiorenzo Magni, scomparso il 19 ottobre del 2012 alla bella età di 92 anni. Un grande campione, tenace e determinato, con il senso degli affari, tanto da introdurre primo in Italia la sponsorizzazione sulle maglie ciclistiche. Divenuto nella vita successiva un affermato imprenditore, sempre attivo in iniziative solidali, compreso la realizzazione di un bellissimo Museo del Ciclismo al Ghisallo, fatto in gran parte a sue spese, nella sostanziale sordità delle istituzioni, compresa la Regione di Formigoni, che tanto si vanta di essere un appassionato di ciclismo…magni

Lo ricordo qui non tanto per la bella amicizia di cui mi ha onorato, per le tante chiacchierate che abbiamo fatto insieme, per i tanti aneddoti che mi ha raccontato. Compreso quello, famoso, del giro di Lombardia del 56, la grande classica che chiudeva la stagione: Coppi solo in fuga, gli inseguitori ormai scoraggiati non insistono più di tanto, quando vengono superati da una macchina con la compagna di Coppi, la “Dama bianca”, che fa il classico gesto dell’ombrello rivolto a Magni, con cui non correva buon sangue. Magni si infuria talmente che si mette in testa a tirare come un forsennato, con progressioni  tremende guida il gruppetto degli inseguitori, che raggiunge Coppi all’ingresso a Milano. Era forse l’ultima vittoria di una grande corsa cui poteva aspirare Coppi ormai a 38 anni. E difatti Coppi, battuto in volata, lasciò il velodromo Vigorelli piangendo. Corsa persa per un gesto maleducato e volgare, dettato da qualcosa di più della passione della tifosa. Questo era il ciclismo…

Lo ricordo invece per un episodio che ci dovrebbe far pensare, in questa politica frequentata da omuncoli rancorosi, che non sanno far altro che sputare insulti ed eccitare fazioni, in cui l’odio per tutti gli avversari politici sembra la dimensione prevalente.

Magni da giovane era un fascistone e non lo nascondeva. Dopo l’8 settembre 1943 aderì addirittura alla Repubblica Sociale Italiana prestando servizio nella Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale tra il 1943 e il 1944, partecipando anche ad alcuni rastrellamenti di partigiani. Nel clima focoso del dopoguerra fu processato e c’era chi voleva passare alle via di fatto, senza aspettare la sentenza. Intervenne con coraggio a sua difesa Alfredo Martini, altro grande campione, per tanti anni poi commissario tecnico della nazionale di ciclismo. Martini era un comunista tutto d’un pezzo, un combattente partigiano. Coi criteri di alcuni degli attuali protagonisti o comparse della politica Martini poteva stare a vedere: un fascista di meno ed anche un avversario difficile in meno sulle strade del Giro e delle corse ciclistiche.

Ma erano galantuomini che si erano battuti sulle strade, non dimenticavano le fatiche fatte e Martini sapeva che Magni non si era macchiato di nessun fatto di sangue ed era del tutto in buonafede. Intervenne, scontentando naturalmente i più focosi dei suoi compagni che lo accusarono di una debolezza incomprensibile.

Era invece la forza del galantuomo.P1100747

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