Perchè Grasso ha torto

Pubblicato il 31 marzo 2014, da Politica Italiana

Mi sembra davvero fuori luogo l’intervista su Repubblica di Grasso. Per difendere un Senato composto sostanzialmente come adesso. Con l’argomentazione che altrimenti il Senato sarebbe dominato dai partiti. Francamente argomentazione un poco ridicola. Perché è l’attuale Senato, con la vigente legge elettorale, ad essere stato nominato dai partiti (e l’ho sperimentato anch’io: due campagne elettorale con il Mattarellum in cui il candidato poteva fare la differenza, per la propria credibilità, e due con il porcellum in cui il candidato semplicemente non esisteva, esisteva solo il simbolo del partito). E anche con la nuova legge elettorale resterebbe sostanzialmente una indicazione dei partiti, senza la scelta da parte degli elettori, sia pur attenuata dal fatto che con liste molto corte e la presenza dei nominativi sulla scheda la qualità della lista avrà una certa influenza. E del resto Grasso è stato eletto senatore perché il PD ha deciso di candidarlo, non certo perché lo ha eletto il popolo. Ed ha fatto il presidente del Senato perché un partito, il PD, ha deciso di imporlo. Per la sua autorevolezza conquistata in altri campi, che non necessariamente corrisponde ad una autorevolezza politica.

C’è sempre un motivo per non cambiare, naturalmente. Si possono mettere in luce i difetti presenti nella bozza presentata dal Ministro Boschi. Ad esempio il fatto che si prevedano addirittura 21 componenti di nomina del Presidente della Repubblica o che si assegnino i senatori in numero eguale per regione, senza considerare la amplissima differenziazione demografica, cosicchè si assegnerebbero al Veneto (con 4.800.000 abitanti)  gli stessi senatori del Molise (poco più di 300.000 abitanti), rompendo così ogni criterio di rappresentanza. Ma sono dettagli che possono essere corretti, e spero che il Governo già lo faccia con il disegno di legge che depositerà al Senato.

Esempi di elezione indiretta di rami del parlamento non mancano. Ad esempio in Francia il Senato è eletto da una platea di grandi elettori composta dagli amministratori locali, e nessuno mette in discussione la rappresentatività del Senato. Che ha poteri minori e lavora perciò molto meno della Camera.Dichiarazione programmatica Presidente del Consiglio Matteo Renzi

Così come non convince l’idea di Grasso di un Senato in parte nominato ed in parte eletto. Si farebbero Senatori di serie A e di serie B: chi dotato di un mandato popolare diretto, che di una nomina. Si potrebbe anche pensare all’elezione dei Senatori contestualmente all’Elezione dei Consigli Regionali, legati da un rapporto politico con le maggioranze che si formano nel Consiglio Regionale della propria regione. Ma servirebbe davvero tenuto conto del limitato ruolo del nuovo Senato?.

Perché il punto vero è eliminare il bicameralismo perfetto, certamente adeguato quando fu scritta la Costituzione, uscendo da una dittatura che aveva annullato il Parlamento. Non più adeguato oggi, in cui si sono affermati altri incisivi livelli di rappresentanza (Regioni e Europa) e soprattutto in cui occorrono processi decisionali più rapidi. Il modo migliore di affossare il ruolo del Parlamento è conservarlo prigioniero di processi decisionali troppo lunghi, di una fare e disfare tra due rami che si palleggiano le decisioni. Sarebbe inevitabile un ulteriore accrescimento del ruolo del Governo, e questo non sarebbe positivo. E d’altra parte se il Senato avesse lo stesso mandato della Camera, con elezione diretta da parte del popolo, sarebbe anche difficile escluderlo dal rapporto di fiducia con il Governo: a poteri diversi deve corrispondere anche modalità diversa di elezione degli organi.

Nella uscita di Grasso intravedo poi lo zampino della burocrazia del Senato, timorosa di perdere ruolo e prebende. Una politica debole ( e diciamo senza offenderlo che Grasso è una figura politica debole) si fa prigioniero della burocrazia. Non va bene. Poi naturalmente si aggiungono i soliti noti parlamentari del PD che, incapaci di fare una battaglia a viso aperto nei gruppi e nella direzione del partito, sono sempre pronti a distinguersi sui media. Alla fine facendo fare bella figura ad Alfano, che dimostra più coraggio di loro.

L’ineffabile Grillo (quello che vorrebbe mettere la multa ai parlamentari che non gli obbediscono) si conferma un rivoluzionario a parole ed un conformista con i fatti. Dopo l’occasione persa delle Province adesso vuole conservare il Senato così com’è. Si capisce: se la politica incomincia a fare sul serio lui non avrebbe più argomenti.

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