Se l’etica non conta nulla

Pubblicato il 18 agosto 2014, da Politica Italiana

Ritorno su “Mister Banana” Tavecchio. Certo ci sono cose più importanti, come sempre dicono i benaltristi. Però a me sembra un caso esemplare di come i problemi dell’Italia non derivino solo dalla insufficienza della politica (e delle politiche) come commentatori di successo hanno sempre predicato negli ultimi anni, ma anche da altre questioni. Una insufficienza generale di pezzi importanti di gruppi dirigenti, sotto il profilo delle doti di etica pubblica e di capacità innovativa.

Il calcio in Italia (e non solo) è un fenomeno di rilievo. Sotto il profilo sociale, identitario, economico. Nonostante la crisi evidente che lo attraversa, in Italia ed in altri paesi.

Tanto per dire: ci sono in Italia più di un milione di calciatori tesserati, alle partite di campionato assistono 9 milioni di spettatori, il pianeta calcio professionistico contribuisce per circa un miliardo di euro alle entrate fiscali e previdenziali dello stato.

Il calcio italiano è tuttavia tra i più arretrati d’Europa. Dentro la crisi è quello più in crisi. Lo segnala una ricerca annuale “Report calcio” curata dall’Arel, il centro studi creato da Nino Andreatta; per conto della FGCI. Non solo per la povertà di risultati sportivi, per la sterilità dei vivai (nonostante una più che buona leva giovanile) per la diffusione degli scandali (calcio scommesse e vendita partite), per una complicità del sistema calcio con le frange più violente del tifo organizzato. Arretrati anche come efficienza del sistema economico.

La ricerca dell’Arel ha calcolato, per restare alla moda, lo spread tra gli indici di efficienza della Bundesliga (eh sì anche qui i tedeschi, Merkel o non Merkel guidano la classifica, non solo vincendo i Mondiali 2014). L’Italia ha un ricavo medio per club inferiore del 20% dell’equivalente tedesco, ha un rapporto fatturato/stipendi peggiore del 30%, ha un patrimonio netto medio per club che è un sesto di quello dei club di Bundesliga, siamo quattro volte più indebitati ed abbiamo una affluenza media degli spettatori che è poco più della metà di quella in Germania. Tra i maggiori solo la Francia sta peggio di noi.

Di fronte a questa situazione ci sarebbe da aspettarci uno scatto d’orgoglio, una volontà rinnovatrice. Intraprendendo strade coraggiose per rinnovare il calcio italiano.

Invece si ricorre alla tranquillità del passato. Un vecchio e navigato dirigente, aduso ai corridoi romani, con un evidente deficit di capacità comunicativa, con qualche scheletrino nell’armadio, con qualche conflitto di interessi. Sostenuto dalle sfingi del calcio, da Lotito, a Galliani, all’inossidabile Franco Carrarototò

Prendo da Wikipedia qualche notizia su Lotito, Presidente della Lazio dal 2004. Nel 1992 viene coinvolto in un’inchiesta della magistratura sugli appalti della regione Lazio ed in seguito arrestato. Nel 2006 viene condannato dalla Commissione d’Appello Federale all’inibizione per 3 anni e 6 mesi e al pagamento di un’ammenda di 10.000 euro, mentre la Lazio è condannata alla retrocessione all’ultimo posto del campionato 2005-2006, alla penalizzazione di 7 punti da scontare nel successivo campionato di serie B e ad un’ammenda di 40.000 euro. Il 3 marzo 2009 Claudio Lotito è stato condannato in 1º grado a due anni di reclusione per aggiotaggio e ostacolo all’attività degli organi di vigilanza sui titoli del club biancoceleste. L’8 novembre 2011, nell’ambito del processo penale relativo allo scandalo di Calciopoli, è stato condannato in primo grado dal Tribunale di Napoli 1 anno e 3 mesi e 25mila euro di multa. Nel marzo del 2012 la condanna passa a 18 mesi di reclusione e a 40 mila euro di multa.

Adriano Galliani, alla guida effettiva del Milan dal 1986, quasi immacolato rispetto a Lotito, solo una squalifica a nove mesi poi ridotta a cinque nell’ambito delle inchieste su calciopoli.

Di Franco Carraro basti dire che è stato definito il poltronissimo, dirigente sportivo ai massimi livelli dal 1962 (!), Ministro, Sindaco di Roma, Parlamentare, responsabile sport della nuova Forza Italia, Presidente della Federazione italiana Gioco Calcio dal 2001 al 2006, gli anni in cui calciopoli prosperava. Coinvolto lui stesso nello scandalo, in quanto venne intercettato mentre parlava con il designatore arbitrale Paolo Bergamo, pregandogli di favorire a livello arbitrale la Lazio, fu squalificato per 4 anni e 6 mesi nella sentenza della CAF (primo grado), per poi essere multato di 80.000 € nella sentenza della Corte federale.

Da questi padrini cosa volete che venisse fuori. Il prode Tavecchio. Con le sue sparate contro i negri, le donne e via cantando. Con il capolavoro di privatizzare perfino l’allenatore della Nazionale, da ora dipendente dello sponsor privato Puma, che ha sotto contratto un bel po’ di giocatori del campionato italiano.

No, non è solo roba di calcio. E’ il sintomo di un pezzo d’Italia in cui l’onestà pubblica e privata conta meno che niente, in cui cambiare è una parola pericolosamente sovversiva.

Forza Matteo!

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