Le cose facili non servono, purtroppo

Pubblicato il 15 settembre 2014, da Politica Italiana

Le cose da fare restano molto difficili, per tutti. Per questo non si può sbagliare ed occorre concentrarsi sulle cose necessarie.

Sono state fatte le nomine della Commissione Europea e si è tenuto il vertice di Milano sulla politica economica. Non molte buone notizie. Nel senso che la vulgata renziana che con la Mogherini avremmo contato molto deve fare i conti con la realtà . Perché i vicepresidenti sono sei e quello che conta è il vicepresidente vicario, un socialdemocratico olandese. Torna la domanda, ne valeva la pena? Sembra confermato che l’alternativa c’era, ed era Letta Presidente del cdm e De Castro all’agricolture. Penso che avremmo contato di più nell’orientare le politiche europee. Da Milano poi in positivo emerge la consapevolezza che occorre cambiare verso alla politica economica con misure per lo sviluppo, ma per il momento stiamo ancora alle parole, mentre restano i fatti dei trattati esistenti.

Questa è una realtà. Come modificarla? C’è una iniziativa della minoranza del Pd (Fassina e dintorni) per togliere dalla Costituzione il cosiddetto pareggio di bilancio. Che pareggio non è perché è possibile indebitarsi entro certi limiti. Servirebbe a qualcosa, naturalmente no, anzi peggiorerebbe le cose. Perché i vincoli in concreto resterebbero, con pesanti sanzioni in caso di sforamento unilaterale. E sul piano politico renderebbe molto più difficile ottenere maggiore flessibilità se si da il segnale di non tenere in conto la sostenibilità del bilancio. Perché ė sbagliata la parola rigore di bilancio. Si tratta semplicemente di rendere sostenibile il bilancio, ci si può indebitare se le risorse vengono impiegate in politiche tali da generare quello’ incremento del prodotto nazionale che consente, con le conseguenti entrate aggiuntive di pagare il debito. Questo è un vincolo che nessuna modifica di trattati può modificare.

C’è poca domanda dicono gli economisti. Occorre sostenerla. Con un grande ciclo di investimenti pubblici, e qui l’Europa ė indispensabile, perché ha la possibilità di farlo, approvvigionando si sui mercati con la forza e la solvibilità che ha. Le proposte sono ancora troppo timide. Poi sostenendo la domanda privata. I famosi ottanta euro vanno in quella direzione. Però bisogna di più riflettere che uno sviluppo trainato solo dai consumi privati (il motore dello sviluppo degli ultimi cinquanta anni) è difficile che possa ripetersi. Ė un tema su cui mi riprometto di tornare.

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