La democrazia delle mutande verdi

Pubblicato il 18 novembre 2014, da Politica Italiana

Non riesco a derubricare a fatti di costume (negativo) le vicende che hanno investito molti consigli regionali con l’abuso dei rimborsi spese. Perché ci deve essere qualcosa di più profondo (e di più negativo) di un semplice fatto di leggerezza o peggio di uso di fondi pubblici con finalità private.

Perché non occorrono norme regolamentari dettagliate per capire che se ricevi un rimborso spese a sostegno dello svolgimento dell’attività politica le spese sono necessariamente ben individuate: saranno spese di tipografia, di gestione di siti web, di affitto di sale, di acquisto documentazione, accesso a banche dati, ricerche per approfondire tematiche specifiche, ecc. Già se ci addentriamo in buffet a convegni entriamo in una zona grigia: può essere senz’altro un convegno utile, il buffet facilita la partecipazione ma è proprio necessario?

Quello che è certo è che non possono essere mutande verdi, gadget erotici, tosaerba e quant’altro è emerso dalla fertile fantasia di un bel gruppo di consiglieri regionali, ahimè assolutamente trasversale. Colpisce anche la  minuziosità con cui alcuni consiglieri regionali abbiano presentato scontrini di qualche decina di centesimi di euro per caffè, acquisto fazzolettini di carta, accesso a toilette pubbliche…Cosa c’entra con l’attività politica e se anche c’entrasse come si può ridursi alla contabilità del centesimo, essendo pagati molto bene?

Tutto questo mentre una formidabile campagna dei media sugli abusi della “casta” avrebbe dovuto introdurre nella mente anche del più sprovveduto l’idea che non si può fare così.mutande

Allora la domanda che sorge spontanea è: ma erano già così prima di entrare nel Palazzo, o è il Palazzo che fa perdere il senso della realtà?

Nel primo caso emerge il problema alquanto rilevante della selezione delle donne e degli uomini che entrano nelle istituzioni per rappresentare i cittadini. Perché non basta che ci siano le preferenze o le primarie per scaricare la responsabilità sui cittadini. Sarebbe precipuo compito dei partiti garantire che chi viene proposto alle elezioni sia persona competente, che nella vita ha già fatto qualcosa di utile e che perciò possa essere utile nelle istituzioni, che abbia standard elevati di etica pubblica, che offra una ragionevole base di certezza sulla capacità di resistere a “tentazioni”. Per questo occorre che i partiti siano vere comunità di donne e uomini, in grado di valutare anche gli aspetti caratteriali delle persone.

Nel secondo caso pure c’è da preoccuparsi. Basta entrare in un posto, vedere che “così fan tutte (e tutti)” per adagiarsi al malcostume? Per non avvertire una così profonda separazione tra ciò che sta fuori e ciò che sta dentro? Che nel segreto del palazzo si possano adottare comportamenti che riterremmo riprovevoli alla luce del sole? So per esperienza che è poi difficile andare controcorrente ed ho pure constatato che parte dell’indignazione è semplicemente invidia, e chi molto grida se poi viene messo nelle condizioni di approfittare non si tira indietro. E che il basso livello di etica pubblica che si manifesta così palesemente nella società influenza anche le istituzioni. Ma tutto questo non giustifica la terribile acquiescenza che si è verificata al malcostume.

Non c’è da meravigliarsi che anche da questa immagine delle istituzioni si rafforzi una sorta di ribellismo sociale, che si manifesta in tanti modi, dal rifiuto di pagare le multe alle auto in doppia fila a Torino, ai molti più gravi fatti di Roma o Milano, o Carrara o Genova. Non c’è da meravigliarsi ma molto da preoccuparsi. Ne parlerò la prossima volta.

P.s. Meno male che nel Veneto, pur travolto dallo scandalo del Mose, almeno questo ci è stato risparmiato, a merito dei nostri consiglieri regionali.

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