A Padova bisogna pensare in piccolo?

Pubblicato il 16 gennaio 2015, da Realtà padovana

pinocchioiyutityuLa vicenda del tram di Padova è abbastanza interessante, perché mette in luce due aspetti di quello che io ritengo un malgoverno operato dalla Giunta Bitonci.

Si possono avere opinioni diverse sul tram, che non è un dogma di fede. Tuttavia l’organizzazione della mobilità all’interno di una grande area urbana non si fa con chiacchiere in libertà (quelle che si possono fare al bar, liberi da responsabilità), perché risponde a principi scientifici consolidati. Nessuna grande area urbana (che sia amministrata dalla destra o dalla sinistra) in Italia o in Europa pensa di potersi affidare esclusivamente al trasporto individuale su gomma. E’ principio (scientifico, comprovato da dati ed esperienze) che bisogna lavorare su sistemi integrati.

Così in tutta Europa tutte le amministrazioni lavorano su: a) offerta di mezzi pubblici in grado di operare con puntualità, frequenze idonee, basso inquinamento; b) apporto di mezzi individuali non inquinanti (aree pedonali, anche servite da tappeti mobili, piste ciclabili, aree di sosta protette per biciclette), sistema integrato di parcheggi in grado di offrire una pluralità di offerta all’automobilista (parcheggi scambiatori integrati con mezzi pubblici efficienti o parcheggi (sotterranei) a ridosso dei centri storici, aree a traffico limitato). Di tutto questo non c’è traccia nei progetti di Bitonci. C’è solo un no al tram ed alle piste ciclabili. E libero accesso al centro storico con rimozione dei varchi, senza una gerarchia ragionevole degli accessi. Non si sa per andare dove, visto che resterebbe immutata l’offerta di parcheggio. Nessun progetto alternativo. Provvedimenti che possono essere popolari per chi vorrebbe andare in auto sul Liston e per quella fascia di commercianti pressasti dalla crisi che si illudono che possano tornare i clienti solo perché circolano più auto. Ma è inconcepibile pensare che una città come Padova, con un fortissimo interscambio con l’esterno, dovuto alla presenza di servizi rari e con una fortissima corona di aree residenziali esterne al comune, possa funzionare affidandosi esclusivamente al traffico automobilistico individuale, senza nessuna innovazione tecnologica di nessun tipo.

E veniamo al secondo aspetto. La mancanza di responsabilità. Il nuovo Sindaco innova, sapendo tuttavia che eredita delle legittime decisioni amministrative, con cui deve fare necessariamente i conti. Rinunciare a qualche decina di milioni di contributo statale per realizzare la nuova linea del tram non è affatto un risparmio come sostiene l’assessore Grigoletto, perché impedirà di spalmare su un servizio più ampio e su introiti maggiori i costi generali di funzionamento, il cui sbilancio è in gran parte dovuto alla latitanza della Regione Veneto, a trazione leghista, che riduce in modo indecoroso il contributo dovuto alle amministrazioni locali. Senza dimenticare che la scelta del modello di tram, sperimentale, senza una esperienza di esercizio precedente, è dovuta ai dispetti della giunta Destro, che ha scelto il mezzo, giunta in cui stavano gli stessi partiti della giunta Bitonci. Zanonato/Rossi hanno preso in carico l’eredità della Destro con enorme impegno amministrativo per correggere gli errori, consentire di proseguire i cantieri. Sarebbe stato molto più facile dire “noi non c’entriamo”, ma il conto lo avrebbero pagato i cittadini padovani comunque: senza servizi e con danni stratosferici.

Nel primo dopoguerra con una enfasi un po’ provinciale le classi dirigenti padovane si cullavano nell’idea di “Padova la Milano del Veneto”. Un sogno forse infondato, che però esprimeva una ambizione: valorizzare le risorse di Padova, farla crescere nella industria, nei servizi, nella logistica, progettare infrastrutture, ecc. Una idea vitale della città. Mi sembra che la Padova di Bitonci, se va avanti così, finirà per assomigliare al ritratto che ne fece uno scrittore francese della seconda metà dell’ottocento, Hyppolite Taine, che in un suo allora famoso “Viaggio in Italia” scriveva di Padova: “Una città ben tenuta, provinciale…(dove) si deve mangiar bene, dormire meglio, prendere dei gelati al caffè, seguire i corsi di una Università che non fa rumore, il solo affare rilevante per i cittadini essendo di pagare le imposte il giorno stabilito”. Una pigra città di provincia. A parte il “ben tenuta” tutta da dimostrarsi non penso che con queste limitate ambizioni si possa costruire il benessere futuro dei cittadini.

P.s. In ogni caso ora Lega Ambiente padovana, acerrima nemica della giunta Zanonato Destro, può misurare cosa vuol dire avere una giunta realmente contro la sostenibilità ambientale e interrogarsi sugli effetti della propria azione politica.

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2 commenti

  1. marco
    16 gennaio 2015

    Che la classe politica padovana nel dopoguerra volesse far diventare padova la milano del Veneto forse: l’unico problema è che hanno scelto tra il 1952 e il 1954 di smantellare tutta la rete tranviaria urbana (non mi ricordo quante linee fossero comunque dalla stazione si andava alla paltana , pontevigodarzere , brentelle , voltabarozzo ecc) ed extraurbana (Abano – montegrotto- luvigliano e villa di Teolo, più le guidovie centrale per bagnoli , piove di sacco e Fusina via riviera brenta). Diciamo che non hanno brillato per iniziativa.


  2. Paolo
    18 gennaio 2015

    se è per questo hanno deciso l’interramento dei canali nelle attuali riviera dei Ponti Romani, largo Europa, ecc. Le une e le altre cose fatte col pieno consenso della stragrande parte dei cittadini padovani di allora


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