E’ solo un bit?

Pubblicato il 31 gennaio 2015, da Realtà padovana

In informatica il bit è l’unità di misura dell’informazione, uno dei due simboli del sistema numerico binario, in cui esiste solo lo 0 e l’1. Per noi padovani Bit (copyright Zanonato) è Bitonci, il sindaco. Il significato logico non cambia molto perché anche per Bit il sistema politico è binario: o con me o contro di me, o propaganda o nulla.

Vediamo ad esempio la vicenda delle nuove regole sulla graduatoria per gli asili nido. Sul punto hanno già detto molto bene i nostri consiglieri comunali, da Rossi, a Berno a Piron. Con due elementi davvero singolari:

a)      La graduatoria non serve a nulla, perché i posti sono superiori alle domande, quindi tutti i richiedenti potranno essere accettati. Una amministrazione seria si interrogherebbe semmai sul motivo di questo calo di domanda, che segnala probabilmente l’impoverimento delle famiglie, la perdita di lavoro da parte di uno dei due genitori, ecc. E dovrebbe provvedere.

b)      Per suscitare nell’immaginario collettivo l’immagine di una amministrazione che si oppone all’Islam finisce per penalizzare in concreto i cittadini di Padova e la città, quando la graduatoria dovesse ritornare a servire. Perché basterebbe che leggesse le cifre dell’Annuario statistico del Comune per capire quale intenso interscambio ci sia tra Padova ed i comuni della corona, con tanti cittadini padovani, che si sposano, trovano casa fuori comune, quando possono rientrano e sarebbero penalizzati nella graduatoria. E Padova dovrebbe attrarre e non respingere se vuole aumentare il suo peso geopolitico e perciò il benessere futuro dei cittadiniasilo

Ma appunto essendo un bit a Bitonci non interessa. L’importante è fidelizzare il proprio elettorato. Che semmai il problema reale esiste nell’assegnazione delle case di edilizia economico popolare.

Però questa vicenda ci deve far riflettere su una questione molto più generale che è questa, semplificando: di fronte ai profondi mutamenti sociali portati dalla globalizzazione fin dentro le comunità locali, le famiglie, il sistema di relazioni amicali la destra appare in grado di declinare una nuova rappresentazione, una narrazione che appare più convincente a strati importanti della popolazione. In particolare ai ceti economicamente più deboli, che sono quelli che soffrono di più le conseguenze della globalizzazione in termini di perdita di lavoro, di reddito, di degrado dei luoghi urbani, ecc. La proposta della chiusura, di elevare le mura, di indicazione dei nemici non è una ricetta nuova nella storia (e sempre ha creato drammi) ma di fatto fa dire ad una parte di elettori: questi capiscono il mio dramma e sono dalla mia parte.

E’ più in affanno (e lo testimoniano gli andamenti politici in tutta Europa) lo schieramento progressista. Ha vissuto la sua età d’oro con l’invenzione dello “stato del benessere”, il sistema del welfare come grande compromesso tra capitale e lavoro che ha orientato tutta la metà del XXesimo secolo. In cui masse popolari percepivano che al consenso sarebbe corrisposto un benessere più elevato e che vi sarebbe stato qualcosa da perdere in termine di benessere e diritti se avesse vinto la destra. Questa narrazione funziona molto di meno. A molta gente sembra di non aver nulla da perdere e segue il populista dell’ispirazione del momento. Ed il riformismo rischia sempre di oscillare tra la conservazione impossibile di un sistema che non regge finanziariamente o la sottovalutazione delle sofferenze del popolo.

La vicenda di Tsipras, di cui vedremo più avanti gli esiti concreti, più che con motivazioni di segno ideologico secondo me va letta sotto questa chiave di lettura. Anche lì si vince additando un nemico. Da noi gli extracomunitari, in Grecia i figli di Troika.

La questione ha i suoi connotati principali a livello nazionale, anzi, meglio, a livello europeo ed è una questione su cui i socialisti e democratici europei devono sviluppare una riflessione. Ma anche sul territorio, nella comunità cittadina occorre lavorare. Non derubricando la sofferenza (reale o solo psicologica) a xenofobia o razzismo latente.

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