Non solo legge elettorale

Pubblicato il 22 gennaio 2015, da Politica Italiana

Le leggi elettorali non mi hanno mai appassionato. Capisco che possano aiutare la stabilità politica e le aggregazioni, ma se poi non c’è tenuta politica si riducono ad espedienti. Come abbiamo visto anche in passato: coalizioni ed alleanze larghe uscite dalle elezioni che poi non tengono alla prova del Governo.

Tuttavia succede che l’Italicum è indubbiamente di più di una legge elettorale, è diventata una prova di leadership, per Renzi da una parte e per Berlusconi dall’altra. A dispetto degli oppositori a sinistra per R. e dei fittiani per B.

E nel merito? Semplificando, nessuno può negare che è un bel passo in avanti rispetto al Porcellum sotto il profilo di una legge più efficiente. Con un doppio turno ed un sistema di soglie che è esattamente la proposta del famoso libretto verde dell’Ulivo. E difatti non è su questo che si esercitano le opposizioni. A destra c’è il problema del premio al partito, che obbliga all’aggregazione, per noi c’è soprattutto il problema delle preferenze.

Il risultato c’è tutto, per chi come me ha assistito a due legislature in cui la Commissione Affari Costituzionali del Senato ha passato tutto il suo tempo a fare e disfare ipotesi di leggi elettorali senza mai concludere per rigidità contrapposte a cui non corrispondevano maggioranze sufficienti. Ora siamo più avanti rispetto al Porcellum e alle norme sbilenche con cui si voterebbe dopo la sentenza della Corte Costituzionale (questo lo si dimentica nel dibattito pubblico) se non si facesse nulla. Tra l’altro voteremmo con una legge elettorale mai votata dal parlamento caso unico per una democrazia.

Non sottovaluto affatto il tema della rappresentatività del parlamentare. Ho vissuto la perdita di centralità del Parlamento dovuta anche alla perdita di autorevolezza del singolo parlamentare. Un signore (o una signora) che non compare più sulla scheda elettorale.

Tuttavia vedo molto di strumentale nella polemica. Lasciamo stare gli strilli di parlamentari che hanno votato senza fiatare a suo tempo il porcellum e che in parlamento ci sono stati e ci stanno senza ritenersi delegittimati. E di quelli che sono entrati senza primarie (nel PD) senza protestare o come primarie fasulle come nel M5S. Ma anche per gli altri un po’ di memoria storica la dobbiamo pure avere, perché è comunque dal 1996 che il Parlamento viene eletto senza preferenze. E si dimentica che anche prima comunque al Senato c’era il collegio uninominale (e non c’erano allora primarie) e quindi un terzo del parlamento era di “nominati”. Ora il prof. D’Alimonte stima che con la nuova legge ci saranno probabilmente la metà eletti con preferenze, la metà eletti come capolista. D’altra parte non è che il voto di preferenza (vedi regionali) abbia selezionato la qualità e non si presti a deviazioni. Se succedono con le primarie…images

La questione è perciò soprattutto politica (anche se tra i dissidenti del PD al Senato c’è un po’ di tutto). Lo ha spiegato molto bene sulla Stampa un osservatore acuto come Fabio Martini: “Tre eventi di prima grandezza si sono consumati in poche ore: il Presidente del Consiglio ha preferito chiedere soccorso sulla fondamentale legge elettorale a Silvio Berlusconi, che glielo ha concesso anche a discapito degli interessi elementari del proprio partito; Matteo Renzi si preparata a sostituire i voti dei dissenzienti del Pd con quelli di un partito di opposizione; il Pd e Forza Italia si sono ritrovati divisi al proprio interno da una frattura più profonda che in passato, per una ragione comune: le due minoranze sono certe che la nuova legge elettorale servirà ai due leader per farle fuori nelle prossime liste elettorali”. Tant’è che specularmente Gotor accusa Renzi di aver aperto una autostrada a Berlusconi e Fitto accusa il Cavaliere di voler distruggere Forza Italia.

Il problema è che tutto questo si riverserà sull’elezione del Presidente della Repubblica. Con il voto segreto. Lì si misurerà natura e sostanza del patto del Nazzareno. E si potrà dare un giudizio sull’utilità per il paese. Io però temo le conseguenze per il PD. Non sottovalutiamole, abbiamo lavorato molto per farlo nascere.

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