Matteo, Alexsis e l’Europa

Pubblicato il 4 febbraio 2015, da Nel Mondo

Diciamo che è normale che Tsipras in visita in Italia dica che lui e Matteo parlano la stessa lingua. Tsipras non è uno sprovveduto (fa politica dai tempi del liceo, è un politico puro) e sa bene che senza alleati non combina niente. E vede Renzi come una risorsa, non come un ostacolo. Magari lo facessero anche i criticoni di casa nostra.

Nell’analisi dobbiamo perciò liberarsi dall’ideologia di contrapporre le politiche di Tsipras a quelle di Renzi, in un contesto diversissimo. Anche perché le conseguenze delle ricette di Tsipras le vedremo nel tempo. Se rinunciasse alla privatizzazione del Porto del Pireo ad esempio sarebbe un bellissimo affare per l’Italia, che vedrebbe crescere gli investimenti nei porti italiani. Comunque la Cina avrà buoni argomenti da usare con Tsipras per salvaguardare i propri interessi…euro

Sulla vicenda del debito greco si farà una trattativa. Non sarebbe la prima volta che si fanno degli sconti di fronte alla concreta impossibilità di onorare il debito. Ma sbaglieremmo a vedere la partita come l’eroico popolo greco di fronte a quella cattivona della Merkel o ai grandi vecchi della finanza internazionale. Semplicemente: è evidente il rischio di un fenomeno imitativo, se non paga la Grecia perché dovrebbero pagare gli altri, e soprattutto sarà bene comprendere cosa succede se la Grecia non paga, a prescindere dall’attivazione di fenomeni speculativi. I debiti privati, in carico alle banche sono già stati ricontrattati e scontati. Ormai stiamo parlando di debiti garantiti da soggetti pubblici. Se non  li paga la Grecia li devono pagare gli altri. Nel caso nostro dovremmo appesantire il nostro debito di una cinquantina di miliardi (ammesso che siano tenuti fuori dai parametri) e pagare i relativi interessi.

Comunque la trattativa ci sarà e si vedrà. Quello che mi interessa di più è sottolineare che in gioco c’è un tema molto più importante e l’iniziativa politica che serve è l’iniziativa per rilanciare l’Europa, quell’Europa che era nei sogni dei padri fondatori. Che erano molto concreti, partendo da interessi materiali dei popoli europei (il carbone, l’acciaio, l’energia nucleare, gli scambi commerciali pro crescita) ma sapevano anche essere lungimiranti e sognatori. Pensando che la buona Europa serviva a creare più crescita e più giustizia sociale.

Perché c’è un equivoco da chiarire. La lotta contro l’Europa dell’austerità ha finora messo insieme i sentimenti antieuropei che nascono a sinistra (pro giustizia sociale) e quelli che nascono a destra (pro nazionalismi, xenofobie, razzismo). Bisogna separare questa innaturale congiunzione e creare un fronte innovatore che crede nell’Europa dei popoli, che vede la grande area europea come fattore di solidarietà, di buona crescita, di difesa di diritti fondamentali, di sviluppo di una società più equa e sostenibile. Tutte cose che nel mondo globalizzato si possono fare con una determinata e coraggiosa azione a livello continentale.

Anche perché non credo che si possa ancora far finta di non vedere cosa succede nei territori occupati dal califfato: un ritorno al medioevo, con la negazione di ogni diritto umano, anche i più elementari. Nel secolo scorso troppo a lungo si è sottovalutato in Europa il mostro che stava creando Hitler. Vediamo di non ripetere lo stesso errore. Per questo serve tanta Europa.

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