L’ospedale è arrivato al cimitero

Pubblicato il 3 marzo 2015, da Realtà padovana

Dunque anche i “tecnici” tengono famiglia e devono adattarsi alle imposizioni del potere politico. Così un’area ritenuta ottimale per la collocazione del nuovo ospedale di Padova (a Padova ovest) viene ora giudicata più o meno dagli stessi tecnici come non adatta e se ne individuano altre due, all’aeroporto e a San Lazzaro. Si capisce. Zaia ha sparato a zero contro la prima ipotesi di rifare l’ospedale dov’è, utilizzando voluminosi incartamenti. Ora li mette da parte. Ci sono le elezioni, la Lega è divisa, Tosi disturba, c’è bisogno anche di Bitonci. Per gli interessi sanitari di Padova pazienza. E i tecnici si adeguano. Bisogna offrire a Bitonci una via d’uscita.

Nulla di male se l’Ospedale si facesse davvero in altro sito. Non occorre innamorarsi di una sola ipotesi. Ma invece il rischio è che  non si faccia nulla purtroppo. I primi stanziamenti che erano stati acquisiti se ne sono andati, dopo le elezioni si dovranno affrontare ulteriori tagli di bilancio per la regione, andranno avanti le opere già impostate. Per Padova se ne potrebbe riparlare se vincesse il centrosinistra, contando su una robusta sponda governativa.

Negli anni ’50 gli amministratori scelsero diversamente. Si discuteva anche allora dove fare il nuovo Policlinico. L’Università lo voleva vicino all’Ospedale vecchio, dove poi è stato realizzato. Il progettista del Piano regolatore l’arch. Luigi Piccinato e alcuni amministratori, come l’assessore ai lavori pubblici Lanfranco Zancan, propendevano per altra soluzione. Si mettevano giustamente in luce il grave danno che ne sarebbe derivato a beni monumentali di grande pregio: le mura, il Parco Treves, il sistema delle acque con l’interramento del canale dei gesuiti. Ed anche dal punto di vista più propriamente urbanistico si riteneva sbagliato collocare l’ampliamento ospedaliero a cavallo di una via di penetrazione, in una area che non avrebbe consentito ulteriori espansioni.

Il canale dei Gesuiti in via San Massimo negli anni '50

Il canale dei Gesuiti in via San Massimo negli anni ’50

L’Università era allora molto forte ed in grado di imporre la propria volontà. Il rettore Guido Ferro si impose, sostenuto dal mondo della medicina padovana, dal presidente dell’Ospedale Celeste Pecchini, che poi sostituì Zancan come assessore. Alla fine fu decisivo anche un argomento contingente. I Parlamentari padovani avevano fatto approvare una leggina, la legge n. 627 del 23 maggio 1952 “Sistemazione delle cliniche universitarie di Padova”, che prevedeva un finanziamento parziale. Si verificò che un cambiamento dell’ubicazione avrebbe resa necessaria una nuova legge pena la perdita del contributo. Il 22 dicembre 1953 il consiglio comunale approvò all’unanimità (sottolineo l’unanimità) il progetto per il nuovo policlinico.

Si può ora considerare che la scelta fu effettivamente poco lungimirante, perché ora ( ma sono passati 60 anni) ci troviamo a fare i conti con le ristrettezze dell’area centrale. E altra destinazione più periferica come fu proposta avrebbe avuto probabilmente gli stessi problemi. Resta il danno ai beni monumentali.

Tuttavia allora chi era alla guida della città decise. Non perse l’occasione. E la sanità padovana è diventata comunque grande con quella scelta. Ora invece si è distrutto senza costruire.

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1 commento

  1. Alfredo Drago
    4 marzo 2015

    Ricordiamo pure che le aree dove oggi sorge Via Nazareth, Croce Verde ecc, erano al tempo di proprietà dell’Ente Ospedaliero che preferì, come detto sopra e come oggi vediamo, non utlizzarle e costruire all’interno delle mura e nel contempo far iniziare un processo economico di edificazion privata su quelle aree…..


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