Meritarsi il consenso

Pubblicato il 13 aprile 2015, da Politica Italiana

I tragici fatti del Tribunale di Milano hanno (giustamente) colpito molto l’opinione pubblica. Nell’emotività del momento tutto si giustifica, ma chi è in una posizione di responsabilità deve evitare appunto l’emotività. Perché un conto è dire come ha fatto il Presidente della Repubblica che “I magistrati, come i responsabili di altre funzioni, sono sempre in prima linea: e ciò li rende particolarmente esposti. Anche per questo va respinta con chiarezza ogni forma di discredito nei loro confronti”. Un conto è come ha fatto il Presidente dell’Associazione magistrati (non nuovo per la verità ad uscite sopra le righe) stabilire un legame diretto tra assassinio e presunta delegittimazione dei magistrati da parte della politica.

Sono perciò d’accordo con le parole scritte da Gramellini sulla Stampa, certo da non annoverare tra i critici della magistratura: “Un paranoide condannato per bancarotta fraudolenta compie una strage a palazzo di Giustizia, ammazzando tra gli altri anche un giudice, e immancabilmente salta su qualcuno a denunciare il clima ostile creatosi intorno alla magistratura. Come se ad armare la mano omicida fosse stata la polemica politica sulla responsabilità civile e le ferie dei giudici. Come se quel magistrato fosse stato ucciso in quanto simbolo dell’indipendenza delle toghe e non in quanto bersaglio di una resa dei conti maturata nella testa di un uomo ossessivamente ripiegato sui fattacci suoi”.

Ma perché si forma nell’opinione pubblica una corrente di svalutazione e talvolta di discredito per la magistratura, non solo da parte dei delinquenti grandi e piccoli? Proprio nel ventennale di “Mani Pulite” in cui i magistrati avevano assunto il ruolo di eroi civili? Ce lo ricorda Diamanti: dichiara di aver fiducia nella magistratura solo il 30% degli italiani, il valore più basso dal 1994. I fatti di Milano ci commuovono, questi dati ci devono preoccupare.giustizia-L-xRUwwC

Penso che la cause principali siano due: la prima naturalmente è il malfunzionamento della Giustizia. Processi lunghissimi, sentenze che appaiono a molti talvolta cervellotiche in processi ad elevato impatto pubblico, sentenze contradditorie, ecc. Responsabilità della politica? Certo, sono stato in parlamento tre legislature e mezzo ed ogni volta si è parlato di riforma della giustizia, regolarmente affogata nei bizantinismi delle Commissioni Giustizia dove si confrontano come se fossero in tribunale parlamentari magistrati e parlamentari avvocati. Basti dire poi come sia complessa la gestione della macchina di un tribunale che deve fare i conti con il proprietario dell’immobile (il Ministero dell’Economia), il gestore (Il Ministero della Giustizia) il manutentore (Il Ministero dei Lavori Pubblici) ed infine il Comune, chiamato alla manutenzione ordinaria e spesso ad anticipare e sostituire le inadempienze dello Stato. Però si dimostra che a legislazione vigente ci sono tribunali (noti i casi di Bolzano e Torino) riescono a parità di popolazione, organici  e reati raggiungere risultati di grande efficienza. Perché? Evidentemente hanno avuto la fortuna di avere presidenti del Tribunale, capi delle procure, ecc. dotati di capacità manageriali ed organizzative, come occorre. E del resto nei confronti internazionali sempre complessi per la diversità degli ordinamenti comunque si vede che le spese per la giustizia in Italia non sono affatto inferiori a quella di altri paesi. Perciò occorre che politica, amministrazione, magistratura invece di rimpallarsi le responsabilità vedano ognuno di fare la propria parte.

Un secondo motivo secondo me è la forte caratterizzazione politica che assumono  taluni magistrati, particolarmente pubblici ministeri. Pochi nel totale dei ranghi della magistratura, ma che fanno rumore e si fanno vedere e sentire, suscitando nell’opinione pubblica l’idea di una magistratura di parte politicamente schierata. Di cui non c’è da fidarsi. Ed in effetti inchieste mastodontiche, teoremi giudiziari spesso si concludono con la fuga del Magistrato dal processo per approdare (o tentare di approdare) nella politica.

Ed infine: il discredito delle istituzioni si allarga come una macchia d’olio, è una illusione che possa riguardare solo alcune, salvando le altre. Se cresce la sfiducia del cittadino, una sorta di rabbia sociale alimentata da fattori oggettivi (crisi economica, depressione sociale, corruzione, ecc.) si rafforza un sentimento che travolge tutto. E nelle indagini il popolo italiano appare come il popolo più pessimista (e perciò più sfiduciato) d’Europa. Questo è il nodo da affrontare: come risuscitare speranza.

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4 commenti

  1. Mario
    14 aprile 2015

    Mi piace e non commento!!!!!!!!.


  2. cosimo
    14 aprile 2015

    ….certo, i soliti Torino e Bolzano….ma quanti uffici giudiziari ci sono in Italia, oltre ai predetti…almeno quattro per ogni capoluogo di provincia, più tre per ogni capoluogo di regione, poi corte di cassazione e procura presso la cassazione, ecc…tutti sommersi dai processi…tutti in perenne crisi, tranne i due di cui sopra…tutti, quindi, non meritevoli di fiducia, compreso l’ufficio presso cui lavorava il povero giudice assassinato, anch’egli, suppongo, non meritevole (perchè, immagino, colpevole, agli occhi del ‘pazzo’, di aver dichiarato ciò che era nei fatti: il fallimento di un’azienda!). Certo, l’assassino sarà un pazzo (lo stabiliranno gli esperti), ma che il ‘clima’ intorno ai palazzi di giustizia e nella società, negli ultimi anni sia stato reso ‘difficile’, anche questo è evidente. Al senatore emerito Paolo Giaretta faccio una domanda: cosa dovevano fare Falcone e Borsellino per meritarsi la riconoscenza della mafia e, forse, di qualche politico? dovevano chiudere gli occhi? E cosa devono fare i tanti giudici italiani che vorrebbero esercitare la loro funzione, se quotidianamente sono soggetti a subire la mancanza delle più elementari dotazioni necessarie per lavorare (pare che il giudice assassinato, al momento del fatto, stesse tentando di riparare da sè una stampante…!).Gramellini gioca facile sull’argomento, ma Diamanti spiega come si è arrivati a quel 30%, bisognerebbe leggere tutto l’articolo! Io penso che la fiducia nella magistratura non possa essere legata al concetto, molto ambiguo, di merito, ma alla capacità di essere sempre fedele alla Costituzione. Il ‘pazzo’ non si è posto il problema, prima di sparare, aiutato in questo (forse?) da un sentire negativo proveniente dalla società, in parte alimentato da decenni di delegittimazione proveniente anche dalle alte sfere del mondo politico.


  3. cosimo
    15 aprile 2015

    un saluto al moderatore…..


  4. Paolo
    16 aprile 2015

    Gentile Cosimo, conosco benissimo la stragrande parte dei magistrati che fanno fino in fondo il loro dovere. Il punto è un altro: c’è un deficit sistemico di organizzazione che spetta a tutti (politica, burocrazia e magistratura) contribuire a correggere. E non basta citare veri eroi civili come falcone, Borsellino e tanti altri. perché sarebbe come negare le sconfitte subite nella sciagurata avventura della seconda guerra mondiale citando i tanti episodi eroici di soldati italiani. C’è stata una delegittimazione e una destrutturazione perseguita con tenacia nel ventennio berlusconiano e di questo bisogna tener conto, ma il problema dell’efficienza della macchina giustizia è un problema vero che non possiamo eludere.


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