C’è uno slavo in corridoio

Pubblicato il 17 maggio 2015, da Realtà padovana

E’ stata una bella manifestazione quella di venerdì a Padova, per mostrare una Padova solidale. Pacifica, con tanti racconti e testimonianze che hanno spiegato molto più di tante analisi sociologiche quale sia il dramma dei profughi e la necessità di misurarsi con questo dramma. Anche partecipata, tenuto conto del maltempo, dei timori per la inizialmente prevista convivenza con un’altra manifestazione, in cui ben altri sentimenti si sarebbero manifestati.

Una buona partecipazione, ma volendo essere realistici non eccezionale, più o meno quella che produce la rete delle associazioni organizzatrici.

Dobbiamo chiederci il perché. Perché purtroppo, al di là delle persone che potrà muovere la rinviata manifestazione bitonciana, sentiamo che una parte importante della città al dunque si sente più rappresentata dalle parole di Bitonci, con la loro violenza esplicita ed implicita, che dalle nostre parole di solidarietà.

Ci sono molti motivi, a cominciare da quelli generali costituiti da una società impaurita dagli effetti devastanti dalla crisi (effetti reali o effetti solo temuti). Un generale impaurimento del mondo occidentale, che vede minacciate sicurezze sociali date per tanti anni per scontate ed individua al causa a torto nei popoli “altri”. Come dimostrano  i dati elettorali di tanti paesi, dalla Francia, alla Polonia, alla Gran Bretagna.padovaaccoglie

Però nello specifico ci sta anche una incapacità nostra ad affrontare il problema. Una sinistra sostanzialmente divisa tra chi proclama un solidarismo a prescindere, ne fa quasi un dato ideologico, strumento per altre battaglie politiche, senza caricarsi degli effetti sociali, scambiando ogni spaventato per un razzista. E chi, potremmo chiamarlo il mondo riformista, finisce sul punto per dire poco o nulla. Sente il dovere della solidarietà, ma sta alla larga del tema, perché avverte che è un tema difficile.

Nulla di più sbagliato. Perché non spiegando, non fornendo dati, interpretazioni, rappresentazioni realistiche della realtà, pensando che la solidarietà sia un sentimento naturale, in realtà butta nelle braccia di una destra radicale ed opportunista interi strati della popolazione.

Faccio qualche esempio. La stragrande maggioranza dei pensionati pensa davvero che il profugo riceva 35 euro al giorno. Che entrino nelle sue tasche e si dia alla bella vita. Li compara con la propria pensione minima e si arrabbia. Nessuno gli spiega che di euro, se non sbaglio, ne ricevono due al giorno, che il resto va per le spese di ospitalità, come ci sono le spese che non paghiamo interamente quando ci capita di andare in ospedale, o riceviamo una pensione superiore a quella che avremmo in base ai contributi versati, o non paghiamo servizi essenziali al loro costo se non abbiamo reddito sufficiente. Si chiama appunto solidarietà. Bene hanno fatto i nostri parlamentari a visitare un piccolo centro di ospitalità, e mostrare ragazzi normali, che hanno voglia di lavorare se gli si offre la possibilità, che attendono di ricongiungersi a propri familiare o conoscenti, il più delle volte fuori dall’Italia.

Perché l’altro problema è l’assoluta mancanza di conoscenza del tema dell’immigrazione. Tutte le indagini dicono che gli italiani percepiscono che ci sia in Italia un  numero di immigrati enormemente superiore al reale, addirittura quattro volte la reale consistenza per gli islamici. E si fa di una realtà complessa una realtà unitaria. I profughi che scappano da guerre, persecuzioni religiose, mancanza assoluta di futuro, ragioni diverse da chi viene in Italia per cercare un lavoro stabile, gli spacciatori eguali ai lavoratori onesti, ecc. Anche qui: bisogna dare dati reali, far conoscere le storie, comparare con altri paesi, distinguere i problemi, far conoscere cosa si fa, ecc. E in questo c’è una responsabilità, nostra in particolare, che crediamo al valore della solidarietà, ma una responsabilità enorme ce l’ha il sistema dell’informazione, nel drammatizzare ogni notizia, nel mettere sempre in apertura ogni notizia che dia l’idea di una Italia assediata e mostrare pochissimo del positivo che c’è.

E ci si abitua tutto. Del dramma del nostro ragazzo padovano morto precipitando dal balcone restano anche, oltre all’indicibile dolore dei genitori, oltre al silenzio impaurito di compagni che sembrano non sapersi far carico delle responsabilità, le incredibili parole della Preside. Capisco il dolore, capisco il tentativo nell’immediatezza del dramma di farsi una ragione senza coinvolgere i propri ragazzi, ma è davvero incredibile ripetere, certamente su suggerimento dei ragazzi che hanno immaginato un luogo comune per sfuggire alla responsabilità: “c’era uno slavo nel corridoio”. Anche nelle classi più colte si è perso ogni senso critico. C’è sempre qualcuno nell’immaginario che deve servire a scaricare le nostre responsabilità.

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