Renzi vince ma occorre vincersi

Pubblicato il 6 maggio 2015, da Politica Italiana

Renzi ha indubbiamente vinto. Nel Parlamento, ed era facile prevederlo. Ma secondo me anche nell’opinione pubblica. E’ passato di più il suo messaggio di un ammodernamento del sistema politico che l’ allarme dell’opposizione, esterna alla maggioranza ed interna al PD. Anche per i gravi errori tattici e strategici che hanno compiuto. Di quella esterna poco mi interessa, di quella interna sì.

Mi meraviglia molto non la vittoria di Renzi, perché la vittoria decisiva di Renzi è stata al Senato e poi con l’elezione di Mattarella, che gli ha consentito di svincolarsi dall’abbraccio di un Berlusconi in declino diventando padrone del campo. Mi ha colpito il fatto che la nostra opposizione interna (anche le persone più serie) sia stata condizionata da una visione della politica che non c’è più. Certo nel passato le dimissioni del capogruppo sarebbero stato un fatto grave, o la contrarietà molto dura di un ex segretario di partito che pure ha una forte rappresentanza nel gruppo Camera, o il dissenso di un numero assai considerevole di parlamentari. Ma appunto è cambiato completamente il paradigma (per quanto anche nella prima repubblica Andreotti sostituì in un’ora i 5 ministri Dc che si dimisero in dissenso sulla legge televisiva confezionata su misura per la Mediaset dell’allora cavaliere). E vecchi leader non se ne sono accorti. Mettendosi in un cul de sac assai imbarazzante. Perché è più che legittimo criticare la legge elettorale dal punto di vista costituzionale. Il dibattito è assai acceso tra i costituzionalisti . E vi sono costituzionalisti che sostengono che l’Italicum non corregge le censure della Corte sul Porcellum.

Ma un conto è porre in evidenza questi aspetti critici nel dibattito, altro è per questa ragione non votare la fiducia ed in modo molto più ampio la legge. Perché sostenere che c’è una grave manomissione della Costituzione da parte del Presidente del Consiglio e Segretario del proprio partito rende alquanto contradditorio restare nello stesso partito e continuare a sostenere il Governo. Non si può dire come Bersani cosa fatta capo ha. Perché qui il capo si ripresenterà ogni giorno.porco

A me non preoccupa la legge elettorale. Preoccupa un altro aspetto su cui invito alla riflessione, se non vogliamo ridurre tutto allo spirito di un derby tra tifosi. Una buona legge elettorale deve raggiungere due finalità entrambe essenziali.

La prima è appunto consentire la governabilità Su questo punto la legge c’è. Per quanto io sia sempre stato convinto che la governabilità la fa la buona politica. Nessuna legge la garantisce se non c’è la capacità di risolvere i problemi. E del resto le due ultime leggi elettorali fatte comunque per favorire una evoluzione verso il bipolarismo non sono servite a nulla perché al contrario c’è una evidente multipolarità del sistema politico italiano.

La seconda è assicurare la rappresentanza. Qui non c’è nulla, nel senso che dare un cospicuo premio di maggioranza (assoluta), raggiungibile in un ballottaggio tra due partiti che possono anche andarci (e vincere) prendendo meno di un terzo dei voti al primo turno significa indebolire molto la capacità rappresentativa del parlamento. E’ possibile che al secondo turno voti molto meno del 50% e dunque si governi con una maggioranza parlamentare che ha il consenso di meno di un quarto del popolo italiano.

Non è una novità in sistemi costituzionali solidi, è un aspetto allora da correggere per altre vie. Ad una rappresentanza elettorale debole dovrebbe corrispondere la ricchezza della organizzazione civile della società: rappresentanza organizzata degli interessi, forme innovative di partecipazione ed educazione alla socialità, ecc. pensare a parlamento poco rappresentativo e società totalmente disintermediata come si dice oggi porta ad una democrazia fragile ed emotiva con i rischi del caso. Questo in un paese in cui si è abbassata enormemente la partecipazione al voto e in cui il secondo partito è (per il momento) una forza dichiaratamente anti sistema a cui si aggiunge la deriva lepenista della lega. Avendo per tanti anni fatta opposizione a Berlusconi dovremmo ben sapere quali rischi comporta.

Renzi non ha presente questo problema? Non penso. Credo che ritenga quasi impossibile ricreare un rapporto più vitale tra popolo e istituzioni se prima la politica non riesca a riacquisire reputazione risolvendo con efficacia i problemi. E punta perciò sulla stabilità come leva per recuperare consenso istituzionale. Una scommessa ambiziosa. Era quella di Craxi, travolto dall’aver puntato sui fini sottovalutando il degrado dei mezzi, era quella del primo Ulivo, con un grande e ambizioso progetto riformatore per la società italiana ma scarsi numeri, era quello dell’oggi sbertucciato D’Alema, era perfino quella di Berlusconi, sconfitto dalla sua incapacità realizzatrice e dai suoi macroscopici conflitti di interesse. Evitiamo una ulteriore delusione. Non c’è che fare: la carta che abbiamo da giocare è quella di Renzi. Siccome io vedo anche dei difetti si dovrebbe aiutarlo a correggere i difetti. E magari che lui fosse un po’ più disponibile a farsi aiutare. Anche perché realisticamente con queste divisioni la capacità realizzatrice del Governo si è indebolita. Più debole in parlamento, con conflitti sociali crescenti nel paese.

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