PD Veneto anno 0

Pubblicato il 15 giugno 2015, da Pd e dintorni

Purtroppo anche i risultati di Venezia e Rovigo confermano il negativissimo dato delle elezioni regionali. Non mi interessano superficipdali regolamenti dei conti nel PD. Il dato è un dato strutturale. Bisogna volerne capire le ragioni profonde, bisogna voler organizzare una iniziativa robusta. Che richiede lavoro e tempo e non un semplice cambio di qualche persona.

Certo però segnalo che in questo caso non si registrano i sommari giudizi di piazza dei rottamatori per convenienza. Si difende lo status quo. Mi risuonano nelle orecchi i giudizi perentori di una alto collaboratore della campagna Moretti a proposito della sconfitta di Padova “i perdenti vanno estirpati”. Mentre spesso è nella sconfitta che si riconosce la dignità di una persona e si capiscono le cose. L’importante è però che se non si cambiano le persone si cambino in profondità le politiche. Il renzismo non è nato per occupare il potere e non cambiare più niente. E’ nato per cambiare verso. O no?

Perché bisogna saper guardare in faccia alla realtà.

Si è chiuso un ciclo che era iniziato nel 1996 con l’Ulivo. Il tentativo di far uscire il centrosinistra da un recinto troppo ristretto che lo escludeva da fasce troppo ampie di elettorato. La capacità di costruire alleanze larghe con pezzi di società oltre che con partiti. Una dinamicità che aveva consentito di conquistare una bella fetta di capoluoghi. Di essere comunque competitivi. Di suscitare speranza. Una potenziale dialettica tra i capoluoghi e la Regione. Tutto questo è finito. Negli anni perse Verona, Padova, Venezia, Rovigo (per perenni litigiosità). Ci siamo a Vicenza, ma per personale autorevolezza di Variati, e quest’altr’anno si va al voto (a Vicenza comune la coalizione Moretti ha preso il 29,2%), governiamo a Belluno con un Sindaco già del PD che il PD non aveva voluto ma che era riuscito a vincere lo stesso. Importante la vittoria di Treviso. Nel territorio ci sono anche successi importanti in singoli comuni di medie dimensioni, ma tutto appare legato alla personale capacità di qualche sindaco di parlare alla popolazione.

Eppure non si può dire che l’elettorato non sia mobile. Lo dimostrano le elezioni europee. Lo dimostra anche il crollo di Forza Italia, dominus per tanti anni in regione. Se c’è una proposta che appare convincente l’elettorato la coglie.

Perché non si rivolge verso il PD? Le ragioni sono tante, ne ho scritto anche nelle scorse settimane, ma ce n’è una fondamentale e radicale. Tanti elettori non capiscono che razza di bestia sia il PD, quale sia la nostra identità. Per alcuni un partito di sinistra troppo al centro, per altri l’erede dei comunisti, da non prendere neppure in considerazione, per altri ancora il partito degli eterni litigi. In genere: un partito senza proposte chiare. Senza un progetto culturale che si traduce in una chiara interpretazione del Veneto. Che la offra ai propri concittadini. Sono cadute rigide ideologie, ma non il bisogno di una narrazione, di una rappresentazione.

Un partito capace di creare pensiero aggiornato. Noi che guardiamo con sufficienza alla Lega, alla semplificazione dei loro messaggi, che diciamo si rivolgono più alla pancia che alla testa, dobbiamo renderci conto che dietro quei messaggi c’è comunque almeno l’illusione di una identità, di un sentire comune che è presente nel popolo.

Perché la politica non è solo governo, anche se è buon governo. Non è solo amministrazione. La politica richiede capacità di suscitare fiducia, di evocare speranze. Richiede comunicazione e partecipazione sociale. E’ anche una offerta di significati e di simboli, di capacità interpretative che aiutino il cittadino elettore a leggere ciò che ha sotto gli occhi.

Francamente questo è un lavoro su cui non ci misuriamo più. Si pensa davvero che un pensiero politico organizzato non serva? Che non servano “pensieri lunghi” per guidare l’azione politica quotidiana? Tutto viene ridotto se va bene alla forma dello slogan, dentro l’angusto confine del tweet. Ma se non c’è sostanza, elaborazione di pensiero anche la migliore delle forme non basta. Sarà comunque un successo effimero.

E’ un lavoro difficile da fare. Sono stato Segretario Regionale del PD e so quanto sia difficile. Neppure io ci sono riuscito. Però almeno ho cercato qualche strada nuova. Una Scuola Veneta di Politica che ha messo in formazione più di 400 persone, alcune delle quali per questa via hanno scoperto il gusto della politica e sono diventati bravi dirigenti o amministratori locali, un percorso di approfondimento che offrisse un posizionamento del partito su temo cruciali. Sono agli atti diversi volumi di atti di convegni sull’economia, il lavoro, il sociale, la forma partito, ecc. Era insediato un Comitato scientifico di eccellenze intellettuali, generosamente disponibili a lavorare sul progetto per il PD veneto. Penso che se queste azioni fossero proseguite, migliorandole e rafforzandole, avremmo costruito un patrimonio che ci avrebbe resi più competitivi.

Allora il punto non è riabberciare organigrammi, riequilibrare gli organi. E’ aprire un percorso nuovo, che dovrà portarci ad un congresso di ridefinizione della proposta del PD nel Veneto. Basato su un lavoro culturale e politico più che su appartenenze astratte, su filoni di protettorati romani. Creatività, pensiero lungo, capacità di uscire da confini. Richiede tanta fatica. Ma le energie, ve lo posso assicurare, ci sono. Solo che bisogna uscire dalle solite stanze. Lì non c’è quasi più niente.

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11 commenti

  1. Walter
    15 giugno 2015

    Caro Paolo, come sai non sono un elettore del Partito Democratico ma ho letto con molto interesse questo tuo documento che, secondo me, potrebbe essere sicuramente valido per tutti i Partiti politici e non solo per il PD che sta soffrendo proprio la perdita del contatto con gli elettori. Speriamo bene per il futuro…


  2. Loris Tollin
    15 giugno 2015

    caro senatore scrivo a lei perché leggendo la sua lettera ho l’impressione che sia l’unico del mio(da oggi ex )partito che aldilà delle grida cerchi anche la cura .vede il problema è che non si tratta di numeri domenicali ,vincere o perdere è roba da stadio ; il problema è che non si dice la verità sulle reali aspettative dell’Europa verso di noi . Loro non vogliono i nostri soldi loro vogliono i nostri diritti quei diritti per i quali i nostri nonni sono morti e i nostri padri sono stati picchiati dagli aguzzini di scelba e quindi per certa sinistra andare a votare significa aderire a questo tipo di realtà pensi a tutte le nefandezze che ci sono state propinate perch


  3. FRANCO HOLZER
    15 giugno 2015

    Caro Paolo,
    la risposta al tuo quesito la conosci anche tu. Tu sai cosa chiede la gente della strada? Allora, secondo te, dopo aver votato la politica di Renzi che nessuno conosceva, sperando in un ribaltamento dell’andazzo imposto da Monti e Napolitano, ne è rimasta profondamente delusa. Anzi ritiene che faremo la fine della Grecia. La gente non è stanca dei profughi e della insicurezza, la gente vuole avere in mano soldi da spendere come meglio ritiene. Scusami se non mi trovi della tua stessa idea. Franco


  4. Giuliano Bastianello
    15 giugno 2015

    Felice Casson era, forse, l’unica figura presentabile dal PD a Venezia dopo Orsoni che veniva dopo Cacciari.
    Diciamola tutta, l’amministrazione comunale lagunare non ha mai dimostrato particolare vivacità. Da molti era, è, considerata la più “meridionale” d’Italia ed i veneziani, erano, sono, stufi.
    Risultato di secoli di intense e floride attività commerciali che si sono adagiate sul passivo sfruttamento del privilegio d’essere una rarità planetaria che tutti, nella vita, sognano di visitare.
    Vent’anni di amministrazioni di sinistra non sono riuscite a governare i processi economici che obbligano all’esodo in terraferma i residenti impotenti di fronte ai costi delle case e della vita quotidiana.
    Chi si è relazionato con la macchina comunale ne ha sperimentato il grado di lentezza e inefficienza. Ogni pratica, ogni progetto deve subire mille vagli per non turbare i delicati equilibri e oltrepassare i rigidi recinti delle competenze – e dei poteri – dei burocrati nominati con rigoroso criterio spartitorio.

    Molti avevano posto in Casson l’ultima speranza di una “sovversione” di uno status quo già in parte travolto dai ritmi frenetici (troppo) della globalizzazione dei mercati, del turismo in particolare.
    La convinzione ormai diffusa è che sia troppo difficile, per una così afasica amministrazione, tenere testa ad una modernità che cambia continuamente paradigmi.
    Succede, e non solo a Venezia, che le iniziative assunte dopo defatiganti dibattiti ed istruttorie, dispendiosi iter progettuali e tortuosi procedimenti d’appalto, arrivano a conclusione ormai obsolete e inefficaci.

    I partiti politici ai quali la Costituzione affida il delicato compito della rappresentanza stentano ormai a rappresesentare perfino sè stessi. Se si escludono le campagne populistiche che variano a seconda della “emergenza” solleticata da un sistema dell’informazione che è tutt’altro che informativo, i partiti – tutti – si sono rivelati incapaci di cogliere, figurarsi di anticipare, le istanze della società, anzi diciamo dei cittadini:: dei bambini, degli studenti, dei genitori. dei lavoratori, delle imprese, dei professionisti, dei disoccupati, dei pensionati, dei malati, degli automobilisti, degli sportivi, degli amanti della cultura …ecc.

    Vediamo al PD

    Ha perso Padova in modo vergognoso, con una gestione delle primarie fatta senza un serio confronto interno che guardasse “oltre” l’era Zanonato, chiusa con l’ingresso del “sindaco del muro” nel governo Letta. La “vendetta” (termine squallido ma efficace) di chi poteva dire qualcosa di nuovo ma non aveva organizzazione di partito per vincere delle primarie d’apparato ha portato Bitonci alla guida della città.

    Il risultato di Moretti, il candidato meno adatto a sfidare un mastino come Zaia, va, solo per la goffa misura, imputato ad una scellerata gestione della campagna elettorale messa in mano a chi del Veneto e dei Veneti ha capito poco o nulla.

    Il PD è un partito lontano, lontanissimo dai Veneti.
    Dagli artigiani, dai commercianti, dai contadini, dai piccoli imprenditori che ne costituiscono il tessuto vivo e capace, contro ogni tentativo dello Stato di annichilirne le energie, di ritrovare forza per andare avanti.

    Poi ci si è messo Renzi con una riforma della scuola che nemmeno il governo ha mostrato di capire bene negli effetti per allontare anche quella parte importante della società costituita dai lavoratori della scuola i professionisti della formazione dei futuri cittadini.

    Cosa manca all PD, soprattutto quello Veneto?

    La capacità di “ guardare dentro “ alle relazioni delle varie componenti di una realta complessa e contradditoria. Da un lato capacità di innovazione spinta e dal’altro resistenze culturali a costruire un tessuto solido ed elastico ai cambiamenti.
    La capacità di adattamento dei singoli attori non si traduce in quello che con termine abusato o desueto si dice “fare sistema” o “fare rete” frasi che sentite da certi politici, che non hanno lavorato – seriamente – un solo giorno farebbero correre la mano alla pistola.

    Questo è il veneto, capace di lavorare nei più remoti angoli del pianeta (ottenendo successo e ammirazione) ma privo di un’amministrazione capace di regolare saggiamente l’uso del territorio, proteggere la campagna e le città da normali piene autunnali.
    Senza una progettualità che incentivi, e finanzi, la creazione di moderni distretti produttivi, ne risolva strutturalmente l’impatto ambientale, ne guidi il trasferimento delle conoscenze nei passaggi generazionali

    In tutto questo il PD, soprattutto nel Veneto, è stato assente o se c’era era troppo impegnato a sistemare i propri conflittini interni: tempestine in tazzine di caffè con il mondo che corre a ritmi decisi altrove.

    Questa è la riflessione che mi aspetto da coloro che hanno tenuto, strette, le redini di un Partito Democratico con tante potenzialità – nella base – tenute scientemente lontane ed estranee per il timore che facessero emergere le carenze di credendo di governare processi ne misurava gli effetti sulla propria personale fortuna politica.

    Temo, purtroppo, che molte delle energie ( e non ne faccio questioni di età anagrafica) che il PD aveva a disposizione abbiano, ormai, optato per altri lidi o per una rassegnata rinuncia a partecipare attivamente alla costruzione di futuro diverso

    (mi scuso per qualche errore ma l’ho scritto dal tablet)


  5. luisa consolaro
    16 giugno 2015

    sono un’ iscritta al pd che non rinnoverà la tessera e che non è andata a votare per la prima volta nella sua sufficientemente lunga vita. Sono d’accordo su molte cose scritte e spero che persone come lei aiutino il partito a non fuggire in veloci e assolutorie riflessioni dato il segnale “epocale” che gli è stato dato. Su una cosa però non concordo:sul fatto che il PD non abbia un ‘identità. Ce l’ha e con Renzi si è ulteriormente chiarita. E’ un partito di “gestione” dove anche i cambiamenti proposti non intaccano minimamente la realtà profonda e i meccanismi sociali che la guidano oggi anche perchè su questo non c’è pensiero critico, lungo o condiviso e nemmeno realmente discusso. E’ un partito sempre meno partecipato e formativo, sempre più personalizzato e americanizzato. Qualcosa di molto lontano dalla gente, dal territorio e dai valori su cui è nato. Il PD non ha perso o stancato o scoraggiato gli elettori perchè non ha identità ma proprio per l’identità che si è data . E che viene chiaramente colta.


  6. bruno magherini
    16 giugno 2015

    Mi si permettano alcune riflessioni a voce alta.
    La prima è una constatazione di fatto.
    Il “Renzismo” sta franando.
    Le ultime elezioni amministrative sono l’ufficializzazione di quanto già da alcuni mesi dicevano i sondaggi.
    Renzi non solo non incanta più ma è diventato il bersaglio del profondo malessere montante nel nostro Paese.
    Come aveva intuito Berlusconi il personaggio Renzi, dopo un primo momento di suggestione e di richiamo, stucca, viene, a noia.
    Di più: è proprio antipatico!
    Leggere per cortesia i vari interventi sui social.
    E’ in corso un terremoto di una rapidità vertiginosa.
    Francamente non so come un personaggio con responsabilità tanto rilevanti goda a farsi ritrarre a giocare alla playstation mentre arrivano i risultati delle regionali.
    “Abbiamo vinto 5 Regioni su 7!!!”
    Questa la prima reazione.
    Un (presunto) leader che non sa leggere un risultato elettorale non è adatto nè a fare il segretario di partito nè tanto meno a governare.
    1. Il primo dato: l’astensione massiccia. Il fenomeno dell’astensione ha tassi fisiologici relativamente costanti nel tempo. Quando avviene un aumento repentino quasi del 10 % significa che è in corso una frattura sotterranea molto profonda. Anzi devastante. Per un politico (serio) già questo sarebbe più di un campanello d’allarme. Sarebbe una sirena ululante. Ma i suoi accoliti nulla! Cercano le colpe all’interno, come se lui non avesse avuto in mano tutte le redini del potere, partitico e di governo.
    2. Le prime avvisaglie si erano avute nelle elezioni in Emilia-Romagna.
    Voglio qui registrare il dato della Toscana.
    Nel 2010 Enrico Rossi ottenne circa 1.000.000 di voti.
    Nel 2015 ha vinto con 600.000 !!!
    400.000 voti persi per strada in brevissimo tempo.
    I 600.000 voti sono stati presi da Rossi, mi si perdoni il gioco di parole, ha alle spalle una tradizione rossa e un radicamento personale nella regione.
    L’Istituto Cattaneo rileva che il PD ha perso per strada in questo terzo di Italia 2.000.000 di voti (prego notare che si votava, tra le altre, in Liguria, Toscana, Umbria, Marche, regioni tradizionalmente feudi della sinistra).
    Il risultato proiettato su scala nazionale significa, ad andar bene 6 milioni di voti in meno rispetto alle regionali precedenti.
    Se non è un terremoto che cos’è?
    Sono voti che non rientreranno a sinistra alle prossime politiche.
    Chi non ce la fa proprio a votare a destra (non è detto che la Lega non faccia breccia anche in questo elettorato), insisterà nell’astensione, o convergerà verso 5 stelle, che rappresenta l’unica novità del panorama politico.
    Le elezioni sono una fotogramma di un film che si sviluppa nel tempo.
    Il processo in atto è la dissoluzione del PD.
    Finito (praticamente) Berlusconi è finito il collante che teneva insieme l’elettorato di sinistra.
    Milioni di voti ritornano sul mercato della politica: chi promette lacrime e sangue va fuori gioco.
    Chi promette rivoluzioni o riforme radicali (sentite come punitive) scompare. Chi, governando, non ha il polso del Paese, deraglia.
    Fine della storia.
    Nella cultura dei vecchi politici cattoliciesisteva la convinzione della indispensabilità dei “corpi intermedi”: partiti, sindacati, associazioni di categoria e via dicendo.
    La loro eliminazione o frustrazione o bypassaggio è sempre foriera di cattiva politica.
    Viene meno ogni raccordo tra società e Istituzioni.
    Si perde il polso della collettività, che non è una massa uniforme ma un corpo vivente, diversificato, dinamico e complesso.
    Il politico, se davvero è tale, media tra le varie istanze, non si alza la mattina dicendo “da domani si fa come dico io”!!!
    3. Il 40 % alle elezioni Europee.
    Un risultato chiaramente drogato da almeno tre fattori.
    a) il fascino dell’homo novus;
    b) l’eliminazione di tutta la classe politica PD senza alcuna esclusione ed a prescindere dalle effettive responsabilità;
    c) lo spot degli 80 euro che fa il paio con lo spot di Berlusconi che due giorni prima delle politiche strizza l’occhio agli italiani promettendo “Vi tolgo l’ICI”. Risultato: l’annunciata vittoria del poveromo Prodi si trasforma in un pareggio in zona Cesarini.
    4. Quando la barca affonda i topi scappano.
    Enrico Letta e Lapo Pistelli, due personalità politiche di un qualche rilievo se ne vanno in maniera garbata ma pubblica. Come a dire: noi nella vita possiamo anche fare un altro lavoro oltretutto di livello elevato. E tu, Renzi, che cosa sai fare nella vita se non attaccarti alla “carega”, visto che non hai mai fatto altro?
    Due defezioni che fanno rumore.
    Ma gli ottusi e gli incensieri non lo capiscono.
    5. Renzi potrà apparire scaltro politicante ma non è un politico di valore.
    Un’ambizione sfrenata gli vela gli occhi. Si vede chiara l’ebrezza del potere.
    Vedete: il caricaturista come l’imitatore deve rispettare due canoni essenziali: deve esagerare i lineamenti e i tic del loro bersaglio ma devono anche essere veritieri.
    Anzi è proprio la verità resa in quel modo il segreto dell’ironia.
    Se è pure calunnia, puro dileggio, pura cattievria non funziona.
    Invito ad assistere alla parodia di Renzi fatta da Crozza.
    A Firenze diremmo che Crozza rappresenta “un bischero con la faccia a bischero”.
    Per chi fosse curioso posso spiegare, in separata sede, che cosa rappresentò la famiglia dei Bischeri (realmente esistita) nella Firenze comunale.
    Ora immaginiamo le prossime elezioni politiche.
    Nessuno raggiunge il 40 %.
    Ballottagio tra la prima e la seconda lista.
    Immaginiamo che quest’ultima siano i 5 stelle.
    Secondo voi come finirà?
    Non vi dicono niente i ballottaggi?
    Eppure si è visto come è finita a Parma o nella rossissima Livorno.
    Detta in soldoni: sarà un referendum pro o contro quello che molti chiamano l'”ebetino di Firenze” (Spulciare tra i social, please!!!)
    AUGURI, partito democratico!!!


  7. Paolo
    17 giugno 2015

    Cara Luisa e io spero che ritornerai. Vale sempre la semplice frase della nostra Costituzione: il voto è un dovere civico. Però consoco molte persone serissime ed impegnate che non votano. Questo è il dramma della democrazia. Anch’io sono per un partito partecipato e formativo, sono due parole molto esatte. E non sono affatto in antitesi con la modernità, anzi


  8. Paolo
    17 giugno 2015

    grazie caro Walter, a presto


  9. Paolo
    17 giugno 2015

    Caro Bruno, se una persona seria come te (che non mi ha mai nascosto la sua diffidenza per Renzi, anche quando era sulla cresta dell’onda) scrive queste cose bisogna preoccuparsi. ora non condivido tutto quello che scrivi, ma certamente segnali problemi molto seri e molto veri. Le farò girare tra qualche dirigente che conosco che non sta capendo la radicalità del problema.


  10. Paolo
    17 giugno 2015

    Caro Giuliano grazie per le approfondite considerazioni, ho una analisi meno pessimistica della tua ma altrettanto preoccupata. Io penso che si possa ancora lavorare per il PD ma occorre una determinazione, una continuità una generosità, una reale capacità innovativa, creatività sociale, ecc.Non ce la può fere renzi da solo (e Renzi ha sottovalutato il fatto che bisogna avere attorno persone di qualità, non solo fedeli) e se non si fa niente a livelli del territorio aspettando che sia Renzi a farci vincere è semplicemente vergognoso.
    Ps Penso che Casson fosse un candidato sbagliato (ma anche l’unico di peso che ha avuto il coraggio di mettersi in campo) perchè dava l’idea di una Venezia tutta rivolta alla nobile tradizione della sinistra, ma quella appunto del passato, di una Venezia immobile, e questo ha lasciato un enorme spazio a Brugnaro. Non è una storia molto diversa da padova. E dalla sconfitta di padova non si è voluto imparare niente


  11. Paolo
    17 giugno 2015

    caro Franco, grazie comunque dell’interlocuzione, un caro saluto


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