Xenofobia, emozioni, consenso

Pubblicato il 21 giugno 2015, da Politica Italiana

Gli ultimi preoccupanti sondaggi che registrano un forte calo del PD, dentro comunque un astensionismo che resta elevato, segnalano un atteggiamento contradditorio dell’elettore. Da un lato c’è un forte astensionismo che non è un fenomeno solo italiano. Nell’astensione del voto ci sono fenomeni molto diversi. Chi non vota per diseducazione civica, per disinteresse che una volta era moralmente sanzionato, ma ora non più. Ma poi c’è chi non vota (e su questi bisogna particolarmente lavorare) perché non trova adeguata alle sue aspirazioni l’attuale offerta politica.

In quelli che votano prevale un voto emotivo e perciò molto volatile. Sembra quasi: più emozioni che interessi.

Emozioni che si formano con narrazioni spesso distaccate dai fatti. Luoghi comuni che diventano verità assolute e che, qui sta la contraddizione rispetto al voto volatile, hanno lunghe persistenze.

Ad esempio Berlusconi ha fatto la sua fortuna sdoganando l’evasione fiscale come diritto. Non che ce ne fosse bisogno in un  paese ad alta evasione. Ma lui ha aggiunto il diritto all’impunità: è un diritto perché paghiamo troppo, è mio diritto non rispettare le regole perché sono troppo complicate (vero che sono complicate). Una recente indagine accerta che ¼ dei contribuenti paga in media 50 euro di Irpef all’anno. Sono, tra contribuenti e familiari a carico, 15 milioni di abitanti, che tuttavia ricevono in cambio 1.790 euro pro capite solo per la sanità (al netto dei ticket). Circa 20 milioni di cittadini risulterebbero vivere in base alle dichiarazioni con un reddito medio mensile inferiore ai 600 euro. Io sto in scarsa compagnia tra i 300.000 italiani che dichiarano tra i 100.000 e i 200.000 euro. Se poi mi guardo intorno vedo però ben altre disponibilità di reddito: auto di lusso, vacanze costose, gioielli, ecc. Per non parlare della ricchezza privata che ,anche se molto male distribuita, è il doppio in media pro capite di quella di una famiglia tedesca. Davvero paghiamo tutti troppe tasse? Perché un terzo dell’IRPEF è pagato dal 4% dei contribuenti.

Ora Salvini ha sdoganato l’egoismo sociale. E’ un nostro diritto fregarsene del prossimo, specie se viene da lontano. Si può dire in pubblico ciò che una parte pensava ma si vergognava a dire. “Perché non stanno a casa loro?” è l’obiezione più educata, come se uno si divertisse a sradicarsi dalla propria famiglia, comunità, patria, cultura. Ma adesso si è sdoganato “Che anneghino”, non voglio saperne, se muoiono peggio per loro. La radice principale non è il razzismo (la convinzione della superiorità della mia razza, quale poi) è la xenofobia, cioè la paura dello straniero, del diverso da me. E’ un problema troppo grande per me e mi affido a chi promette che quel problema non esiste, basta che la politica lo voglia.

Il presidente Roosevelt

Il presidente Roosevelt

La paura è un sentimento terribile. Ricordo spesso le parole del discorso di insediamento del grande presidente statunitense Franklin Delano Roosevelt: “Di una sola cosa dobbiamo avere paura ed è la paura stessa”. Abbiamo sbagliato molto noi a non capirne la devastante portata. Perché se si vuole essere solidali con i profughi, come è giusto, occorre trovare anche il modo di essere solidali con gli spaventati, offrendo soluzioni diverse dal chiudere gli occhi.

Così si spiegano i voti. Mafia Capitale ha prodotto un aumento in un mese di sei punti al Movimento 5 stelle. Nessun merito in sé, ma il rifiuto di un pantano in cui purtroppo pezzi di PD hanno retto il sacco. PD naturalmente non come valore, identificazione ideale e programmatica. PD come veicolo per gruppi di delinquenti, alcuni consapevoli, altri inconsapevoli della gravità di ciò che chiedevano, di ciò che facevano. E paga il PD in tutta Italia. Partiti senza anticorpi.

Dicono gli analisti che Salvini ha guadagnato tre punti solo con l’episodio del rom che ha investito e ucciso (ironia della sorte) una extracomunitaria.

Il voto oggi è fatto così. Renzi l’ha capito, ma mi sembra che una parte dei dirigenti del PD non lo capiscano. Hanno in mente una società che non c’è più. Io penso che fosse migliore dell’attuale sotto il profilo della partecipazione e della responsabilità civica. Ma se non c’è devo adeguarmi a questa nuova realtà, se non voglio consegnare il paese a populismi irresponsabili.

 

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3 commenti

  1. bruno magherini
    22 giugno 2015

    I dati forniti con metodo scientifico da ILVO DIAMANTI nell’ultimo rilevamento sociologico-politico di DEMOS confermano in pieno le mie impressioni espresse già a ridosso del risultato delle elezioni regionali, che forse potevano sembrare un tantino avventate.
    Il repentino poderoso tasso di astensione era (come è sempre stato) il segnale della frattura tra società e rappresentanza istituzionale.
    Il primo no secco di una grande porzione di elettorato in attesa di un riposizionamento.
    Il PD com’è stato per venti anni non esiste più.
    Il PdR (partito di Renzi) ha legato la sua sorte ad un personaggio inesperto e non all’altezza della situazione.
    Chi voleva il c.d. “partito liquido” è accontentato.
    Il PdR più che partito liquido è…un partito in liquidazione!
    Basta leggere il diagramma nel quale Diamanti proietta gli umori della società italiana (le parole sentite come positive e quelle percepite con negatività) per rendersi conto di quanto la miscela sia esplosiva.
    Se, come immaginiamo, si andrà ad elezioni l’anno prossimo, visto l’assai probabile riposizionamento dei vari attori della scena e la mancanza di legittimazione di questo governo dal basso, non escluderei il ballottaggio tra 5 stelle e un centrodestra coalizzato.
    Non è che è cambiato il vento: tira aria di tempesta!


  2. Paolo Batt
    26 giugno 2015

    Sono un anziano (sia di appartenenza che di età) militante del PD, di derivazione PCI, che apprezza la saggezza e l’equilibrio dei suoi interventi e sono preoccupato per alcune tendenze che non sono causa secondaria del recente insuccesso elettorale del PD, specialmente in Veneto.
    Non è mio costume accusare gli avversari di nefandezze, ma piuttosto di guardare i difetti in casa mia e predisporre i mezzi per lottare contro tali nefandezze.
    Vorrei quindi entrare nel merito dei difetti che riscontro dentro il PD, e che se non verranno superati produrranno, a mio parere, un inevitabile declino di questo partito.
    Per non dilungarmi troppo, voglio citarne solo uno, rinviando altre osservazioni ad un mio eventuale prossimo intervento: la chiusura, di fatto, rispetto alla gente comune che compone la nostra società.
    In quasi tutte (stavo per dire tutte) le riunioni promosse dal PD a cui intervengo, i partecipanti sono sempre i soliti noti, il loro linguaggio spesso da apparato, le analisi più o meno sottili mutuate dai capi (talvolta capicorrente), la riproposizione di schemi ideologici (spesso decaduti a luoghi comuni), quasi mai emergono dopo le analisi progetti di funzionamento concreti e programmati, che ne diano sostanza palpabile, l’innovazione è scarsa e spesso si traduce semplicemente nell’abbassamento dell’età dei dirigenti e nell’applicazione della parità di genere.
    Non ho mai sentito riportare le opinioni e le istanze del vicino di casa, dell’autista dell’autobus, della commessa del supermercato, del confinante di campo Rom, di un negoziante rapinato. Non per accettarle acriticamente, ma per comprenderle e farne oggetto di attenzione e proposta politica.
    Ovvero una pericolosa autoreferenzialità, che favorisce la cosiddetta volatilità del comportamento elettorale e che spesso prepara la pietanza che poi Salvini serve con successo agli elettori.


  3. Paolo
    26 giugno 2015

    Caro Paolo, condivido totalmente il tuo intervento e ti ringrazio per il contributo


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