Costituzione campo di battaglia?

Pubblicato il 10 agosto 2015, da Politica Italiana

Matteo Renzi press conferencePremetto che sostanzialmente condivido le modifiche della Costituzione all’esame del Senato, così come sono state elaborate fin qui dal lavoro parlamentare. Parecchio diverse da quelle inizialmente proposte dal Governo. Non penso affatto che contengano una torsione autoritaria come alcuni paventano. Non entro nel merito, per le argomentazioni a favore rimando ad esempio agli scritti di due persone serie come Stefano Ceccanti e Giorgio Tonini, rinviando ai loro siti.

Ed è evidente che una serie di argomenti che vengono usati contro le proposte hanno purtroppo poco a che fare con la Costituzione e molto con il desiderio (comprensibile per le opposizioni politiche, molto meno per gli oppositori interni al PD) di ostacolare comunque e a prescindere il governo Renzi.

Come se fossimo in presenza di un sistema parlamentare ad alta efficienza, riconosciuto e stimato dal corpo elettorale. Purtroppo non è così. I tempi di approvazione di una legge sono talmente lunghi da quasi obbligare all’abuso dei decreti legge e delle fiducie, i governi sono stabili più per la paura di andare al voto che per basi parlamentari solide, il rapporto tra parlamento e paese è debolissimo, ecc. Chi vuole conservare dovrebbe spiegare perché vuole conservare ciò che funziona male.

Tuttavia si sta producendo un braccio di ferro a prescindere: Renzi non vuole a questo punto cambiare nulla dimostrando che ha la forza per farlo e ricordando che reiniziare il percorso parlamentare sostanzialmente da zero fa correre il rischio che anche questa legislatura si concluda con un nulla di fatto. Gli altri vogliono dimostrare che Renzi sul punto deve chinare la testa. Povera Costituzione, verrebbe da dire, usata come campo di battaglia per lo scontro di potere.

Sarebbe il momento invece di una grande iniziativa di pacificazione costituzionale. Perché se anche si trovano per strada i voti parlamentari per approvare a stretta maggioranza la Costituzione è illusorio pensare che questo sia un decisivo passo in avanti. Le regole funzionano bene se sono condivise. Ci sarebbe bisogno di un nuovo patto costituzionale, non di una Costituzione a maggioranza. Dovremmo attingere alle pagine migliori della nostra storia. Quando nel 1948 si concluse il percorso costituzionale con larghissima maggioranza alle spalle c’erano state scelte difficili. Perché nella DC c’era chi spingeva De Gasperi ad usare la Costituzione per spingere fuori il PCI dalla maggioranza costituzionale. E nel PCI c’era chi chiedeva a Togliatti di coltivare la prospettiva rivoluzionaria, lasciando le costituzioni borghesi al loro destino. La lungimiranza dei due leader consentì di costruire un patto costituzionale condiviso che molto è servito nei momenti difficili della nostra storia successiva.

Io penso che spetti a Renzi, capo del governo e segretario del partito di maggioranza relativa, fare un primo passo. In questi casi non serve la forza muscolare. Serve la forza persuasiva di una leadership capace di unificare. E la minoranza del Pd deve capire la natura del rischio. Comportarsi come un partito nel partito ha come sbocco necessario non la sconfitta di Renzi ma la fine del PD. Tornando indietro di decenni ad una sinistra ininfluente e marginale. Il vuoto di leadership a destra non sarà eterno.

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2 commenti

  1. Giorgio Nardari
    10 agosto 2015

    Concordo, condivido ed aderisco e mi spiace che lei Senatore Giaretta, non sia in Senato in questa legislatura. Comunque grazie per la sua costante presenza su queste pagine.


  2. Paolo Batt
    11 agosto 2015

    Talvolta non concordo con lo stile strafottente di Renzi, ma non credo che la minoranza Dem sia turbata principalmente dalla sua mancanza di tatto. E’ in atto uno scontro di potere, ancor più che di linea politica. Lo aveva preannunciato D’Alema, dicendo esplicitamente che avrebbero aspettato Renzi al varco in Senato, dove era più debole rispetto alla Camera.
    Non credo (e lo spero vivamente) che Renzi non voglia cedere sul Senato solo per non perdere la faccia, ma lo faccia perchè sa che dopo il Senato ci sarebbero altre barricate nel percorso politico del suo Governo. Il lancio di anatemi e la denuncia delle nequizie dell’avversario lasciano il tempo che trovano, mentre avrebbe più senso predisporre strumenti culturali ed organizzativi per affrontare le battaglie, analizzandone anche il prevedibile svolgimento.
    Il PD sonoramente sconfitto in Veneto (ma con problemi anche altrove) non da ancora segni di reazione (con il rischio di metabolizzare la rassegnazione) per recuperare terreno verso gli avversari politici esterni. Dentro lo stesso PD non si avvertono attività mirate a fronteggiare il cambio di assetto che potrebbe essere determinato dal precipitare dello scontro con una parte (titolata) della minoranza Dem. A meno che Renzi non abbia già pronta la sua “arma segreta” che rende inutile, per ora, lo strumento del partito.


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