Divisione dei poteri?

Pubblicato il 4 agosto 2015, da Politica Italiana

Dico anch’io la mia sul caso Azzollini. Sapendo che offenderò la sensibilità di una parte dei miei lettori. Parlo naturalmente per quelli sinceramente appassionati alla corretta vita delle istituzioni. Nauseati dal malaffare che vi prospera. Perché per quelli che pensano a prescindere che la partita era tra i difensori della casta e gli intemerati difensori della legalità non c’è argomento. Con il rischio però di diventare come le famose tricoteuses che ai tempi della rivoluzione francese sferruzzavano sotto la ghigliottina per godersi lo spettacolo gratuito delle teste che cadevano, colpevoli o no non faceva differenza.

Faccio due premesse che sembrano necessarie, visto il dibattito pubblico.

La prima. Azzollini non è stato assolto dal parlamento. Il parlamento ha solo votato sul punto se ci fossero gli estremi dell’arresto. Il processo continua. Si spera che i magistrati siano veloci e lo concludano in fretta. Se Azzollini sarà riconosciuto colpevole sconterà il carcere e non potrà esserci nessun intervento politico. Quello che non va è pensare che siccome i processi sono lunghi (per colpa di chi?) intanto si dia la sanzione di un carcere preventivo. Non è esattamente la civiltà del diritto.

La seconda: se ha offeso il termine renziano sul parlamento che non è passacarte bisognerà anche riconoscere che una volta il parlamento era un non passacarte. Nel senso che a prescindere l’autorizzazione a procedere veniva negata. E ricordo che prima della riforma il parlamento decideva non solo sulla esistenza delle condizioni per l’arresto ma sulla possibilità stessa di inquisire il parlamentare. Oggi il parlamento decide solo sul punto dell’arresto e le cronache parlamentari dimostrano che l’accoglimento della richiesta del magistrato è la regola e l’eccezione è diventata il respingerla.

Non mi interessa tanto il merito del caso Azzollini. Chi ha voglia davvero di approfondire trova nel sito del Senato tutte le carte ed i contenuti del dibattito per farsi una opinione se sussistevano gli elementi (che sono solo tre: pericolo di fuga, possibile inquinamento delle prove, possibilità di ripetere quel reato) per autorizzare l’arresto. In questa fase non c’entrano i reati che possono essere secondo le accuse anche gravi. C’entra esclusivamente il punto dell’esistenza delle condizioni per l’arresto. Certo è singolare che si accusino i senatori di aver votato senza aver letto le carte e poi si trinciano giudizi (compresa la nostra vicesegretaria Serracchiani) senza aver letto un solo rigo, seguendo solo la strada della popolarità. Se il parlamento accoglie la richiesta della magistratura bene, non importa se abbiano letto o no gli atti, se decide diversamente è una congrega di complici del malaffare.

Il punto principale è questo. Ci sono due istituzioni che devono decidere. Tutte e due legittimate a farlo dalla legge. Va rispettata l’una e va rispettata l’altra, anche se le decisioni non ci piacciono. Nessuno si è scandalizzato perché a Napoli il gip ha rifiutato la richiesta d’arresto del sen. Sisto avanzata dal pubblico ministero. Forse che il gip era il difensore della casta? E così va accettata l’idea che il parlamento decida diversamente dal pubblico ministero e dal gip di Trani. Lo ha detto con molta chiarezza il procuratore della repubblica di Trani: noi abbiamo ritenuto che ci fossero le condizioni per l’arresto il parlamento no, ed è una normale dialettica tra diversi livelli decisionali.

Questo bisognerebbe spiegare all’opinione pubblica, senza farsi trascinare dall’ansia della popolarità ad ogni costo. Che quando ci sono questioni di principio è una cattiva consigliera. Perché sarebbe molto popolare se il PD convergesse sull’introduzione della pena di morte nel nostro ordinamento. O sarebbe molto popolare se dicessimo le stesse cose di Salvini sull’immigrazione. Popolare ma sbagliato. E ricordo sempre agli smemorati. L’esito politico di Mani Pulite, pur in presenza di un malaffare diffuso che giustificava pienamente l’intervento della magistratura (ma non l’illusione di raddrizzare il paese per via giudiziaria) non fu la repubblica degli onesti ma il ventennio berlusconiano.

Infine: c’è stato un calcolo politico nel “salvataggio” di Azzollini? Dico può darsi, perché le decisioni sull’esistenza o meno di un fumus persecutionis non sono bianco o nero. E tuttavia questo è un argomento che porta a dover richiedere una particolare prudenza da parte della magistratura nel richiedere l’autorizzazione all’arresto di un parlamentare. Perché non vi è solo come per qualsiasi cittadino la privazione della libertà, ma anche delle gravi conseguenze politico/istituzionali: con l’alterazione della composizione del parlamento, con l’alterazione delle maggioranze politiche.

La vita democratica è fatta di equilibrio tra i diversi poteri, dimenticare questo, come la storia ci insegna è sempre sbagliato.

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7 commenti

  1. gianp2
    4 agosto 2015

    Analisi equilibrata, come al solito. Condivisibile.


  2. Giorgio Nardari
    4 agosto 2015

    Sono d’accordo, per Azzollini, i soliti affrettati commenti non hanno avuto una preventiva informazione sui specifici contenuti, per cui gli sproloqui e ed i giustizialisti tout court, hanno inondato la rete.
    C’entra esclusivamente il punto dell’esistenza delle condizioni per l’arresto, come da lei sostenuto. Che non ci sono. Mi spiace veramente per la Serracchiani, che negli ultimi tempi dimostra d’avere perso la primaria lucidità di giudizi. Spero si ripigli al più presto.


  3. Giorgio Franco
    4 agosto 2015

    Ciao. Io non la farei così lunga. Il Parlamento, investito di potere legittimo, lo ha esercitato. Punto e basta. Non rileva che sia difforme da quello della Commissione, pure legittimo, o dalle attese della pubblica opinione. Non rilevano nemmeno però la questione delle conseguenze politico/istituzionali, l’alterazione del Parlamento e delle maggioranze. Se all’eletto inquisito ed arrestato interessano la composizione del Parlamento e delle maggioranze (come gli dovrebbero interessare) può sempre compiere un atto molto semplice (ma, è vero, non di immediata efficacia), che si chiama “dimissioni”. Insomma lo Stato viene prima.


  4. Giorgio Franco
    4 agosto 2015

    Quanto alla Sig.a Serracchiani: i frutti vanno giudicati alla maturazione e alla raccolta. Talvolta non son buoni nemmeno per la marmellata. Per dirla con Renzi: talora è il nuovo a dover essere rottamato.


  5. Pierluigi Petrini
    4 agosto 2015

    In linea di principio sarei d’accordo con te. Quello che tu descrivi sarebbe il corretto funzionamento delle istituzioni. Ma nella vicenda in questione suscita molte perplessità (uso un eufemismo) il clamoroso ribaltamento del giudizio tra commissione e aula. Poichè è certo che i senatori del PD in commissione hanno “letto le carte” mentre noi ben sappiamo che non lo ha fatto la stragrande maggioranza dei senatori in aula, quel giudizio, che faceva seguito ad un improvvido messaggio del capogruppo che lasciava libertà di coscienza laddove la stessa è obbligo, è difficilmente comprensibile se non esercitando le solite dietrologie. Il problema è che quell’equilibrio di giudizio che tu pratichi ed auspichi sarebbe possibile se la prassi democratica fosse sempre coerente ai suoi principi esercitando un’azione maieutica sull’opinione pubblica. Accade invece l’esatto contrario.


  6. Paolo Batt
    6 agosto 2015

    Purtroppo le reazioni di pancia non albergano solo nella Lega, ed a parer mio, sono una delle modalità inconsapevoli per confondere le idee anche sul malaffare politico.
    La domanda su cui concentrarci dovrebbe essere: perchè tanti avvisi di garanzia, tanti rinvii a giudizio e poche condanne definitive adeguate?
    Cos’è che non funziona a dovere? La magistratura inquirente? I giudici ? od i Codici ?
    Forse tutte e tre le cose insieme. E quindi, dopo il clamore mediatico e le strumentalizzazioni politiche, una sostanziale impunità.
    Pierpaolo


  7. Paolo
    10 agosto 2015

    ben detto!


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