La politica in discoteca?

Pubblicato il 19 agosto 2015, da Politica Italiana

Il secondo tema enfatizzato dai media estivi dopo la questione profughi è stato quello delle morti per ecstasy, giovani vite spezzate dall’abuso, consapevole o inconsapevole, di droghe. Ne hanno scritto nelle scorse settimane in modo appropriato Gianfranco Bettin ed Ilvo Diamanti. Vorrei che la politica si soffermasse un po’ di più su questi temi che sono espressione di un male del vivere, di una perdita di senso della vita che, quando diventano un fenomeno di massa, lascia il terreno delle scelte individuali e diventa propriamente un problema politico. Cioè della polis, anche se non riguarda gli assetti di potere, il funzionamento delle istituzioni, la chiacchiera della politica politicienne.

Evitando i due estremi. La semplificazione e la generalizzazione che è propria del sistema dei media. La notizia che diventa un tormentone, senza che ci sia una evidenza statistica che lo giustifichi. Quest’anno sono i morti per droga, ma possono essere i suicidi, gli incidenti d’auto e così per altre “emergenze”. I dati statistici non variano ma la notizia si impone, colpisce la nostra immaginazione, aumenta lo stato d’ansia. Tutti problemi veri ma che di colpo diventano i prevalenti.

L’altro estremo è la lettura emergenziale del fenomeno. Per cui la politica risponde come davanti ad una emergenza, come se il problema fosse risolvibile con singoli atti immediati: la chiusura di una discoteca, i controlli contro l’abuso di alcool e droga, ecc. Tutte cose necessarie, che servono a tranquillizzare l’opinione pubblica e a poterci far dire che c’è la reazione delle istituzioni. E quindi poter passare ad altro, quando ci verrà presentata la successiva “emergenza”.discoteca

E invece bisogna fermarsi a capire. Non c’è nulla di nuovo naturalmente nella presenza di comportamenti giovanili “devianti”, della sperimentazione degli effetti dell’alcool e di sostanze picotropiche. Della sperimentazione di piaceri non conosciuti. Rispetto al passato però c’è una differenza fondamentale: la precocità (diventare consumatori di droga a 13, 14 anni, come le ricerche sul campo evidenziano) e la totalità dell’esperienza: lo sballo come unica significativa esperienza di vita, non una volta ogni tanto come eccezione, ma la normalità. E anche per moltissimi giovani l’unica esperienza comunitaria conosciuta: disinteresse per la politica, disinteresse per il volontariato, ma la discoteca e lo sballo come unico appuntamento significativo della propria settimana, oltre il lavoro, oltre lo studio, oltre amicizie autentiche. Non tutti così naturalmente, ma moltissimi così. Come ha scritto Diamanti: “Ma oggi, più di ieri, ci preoccupa la “triste gioventù”. “Triste”, perché la attende – e si attende – un futuro precario. Da precari. In una società certamente incerta. Dove il tempo è ridotto a un eterno presente. “Triste”, perché l’immagine dei giovani riprodotta sui media riflette il sentimento degli adulti. Le loro paure: sono anzitutto le nostre. La tristezza di questa “gioventù consumata”, in effetti, è la nostra. Noi, schiacciati sull’immediato, proiettiamo sui giovani la nostra in-capacità di progettare. Di immaginare il domani. “Un” domani. E questa cronaca estiva di tragici sballi giovanili rispecchia la nostra paura di perderci. Nel presente infinito.”

Espressione di un male di vivere di cui la politica non è abituata ad occuparsi e per il quale del resto non c’è una domanda perché la politica se ne occupi. Una ricerca fatta dall’Università di Padova ha evidenziato che bambini di dieci/undici anni hanno una perfetta conoscenza di ogni deviazione sessuale, dei termini più volgari per descrivere la vita sessuale, con una educazione al sesso inteso come bene di consumo. Mentre discutiamo spesso con pulsioni ideologiche pro o contro teorie gender la precoce generazione di internet apprende in materia il peggio possibile senza che nessuno se ne preoccupi. Ancora: l’abitudine a bere molto e a bere forte come normalità, fino al coma etilico.

Grande entusiasmo per l’enciclica di Papa Francesco. Chi si compiace per la ferma condanna dei guasti del capitalismo finanziario (cosa affatto nuova per la Chiesa se ancora nel 1891 Papa Leone XIII parlava nella sua enciclica sociale di “operai soli e indifesi in balia della cupidigia dei padroni e di una sfrenata concorrenza” di “usura divoratrice”, di “monopolio della produzione e del commercio, tanto che un piccolissimo numero di straricchi hanno imposto all’infinita moltitudine dei proletari un giogo poco meno che servile”), chi si rallegra per la svolta ecologica. Ma il messaggio del Papa va preso nella sua interezza. E parte importante dell’enciclica è dedicata ad una riflessione sull’eccesso di antropocentrismo, di una “visione dell’uomo come soggetto senza limiti, in cui tutto diventa irrilevante se non serve ai propri interessi immediati”. Ancora: “Finchè la norma giuridica produca effetti rilevanti e duraturi è necessario che la maggior parte dei membri della società l’abbia accettata a partire da motivazioni adeguate e reagisca secondo una trasformazione personale. Solamente partendo dal coltivare solide virtù è possibile la dominazione di sé in un impegno ideologico”.

Qui si pone un problema particolare per la cultura di sinistra. Che vive un singolare paradosso. Da un lato sostiene giustamente dei limiti alla libertà in nome di una giustizia sociale: limiti al diritto di proprietà, limiti alla contrattazione sul lavoro, tutele sociali, ecc. Dall’altro quando si entra nel campo di diritti malamente intesi come diritti individuali si professa un assoluto disinteresse per le conseguenze sociali dei comportamenti individuali: così ad esempio nel campo della bioetica, o della libertà di espressione della Rete. Senza alcuna preoccupazione delle conseguenze sociali, senza nessuna tutela dei soggetti più deboli.

E’ arrivato il momento che la politica torni ad occuparsi delle concrete condizioni di vita dei cittadini. Anche dei tanti “cattivi maestri” che, indisturbati e nel disinteresse generale, preparano un paese senza energia vitale e perciò senza futuro.

  • Facebook
  • Twitter
  • LinkedIn
  • RSS
  • Pinterest
  • Add to favorites
  • Print
  • Email

Tags: , , , , , ,

4 commenti

  1. Giuliano
    19 agosto 2015

    Analisi lucida e propositiva.
    A mio avviso trascura un aspetto che non deve essere sottovalutato quando si affronta l’argomento discoteche e luoghi dove circolano molte persone e molti soldi.
    Il mondo delle discoteche, in particolare, essendo luogo di un divertimento che trova il suo acme in condotte al confine con il lecito (penale) ed il dannoso (per la salute) è esposto agli interessi della malavita.

    Non credo esista, in Italia, una discoteca che “rende bene” alla sua proprietà che non sia soggetta alle attenzioni di organizzazioni criminali.
    Queste assicurano protezione da possibili “rischi” quali incendi, furti, estorsioni e altre azioni violente.
    In cambio non più, o non solo, del solito pizzo che pagano tutti i commercianti ai quali vanno bene gli affari ma della “libertà” di spaccio delle sostanze più varie offerte ai frequentatori della discoteca che ovviamente rende molto più della rata mensile.

    Tutti sanno che non si possono vendere dosi di stupefacenti nelle discoteche senza il “permesso” delle organizzazioni. Quelli che ci provano imparano presto “la lezione ” e si adeguano.

    Quindi lo smercio di sostanze avviene con una forzata “tolleranza” dei gestori che non possono certo fare gli eroi e denunciare gli spacciatori (ben conosciuti, figuriamoci) e, ancor meno i trafficanti (molto pericolosi).

    Questa “macchina della morte” continua a prosperare e mietere vittime, più o meno ignare dei pericoli e del business marcio al quale consegnano i loro soldi e le loro vite.

    La migliore e più efficace prevenzione lo Stato la deve fare impegnando uomini e risorse in un’azione potente di presidio costante di questi luoghi di smercio industriale, obbligando i gestori a montare TVCC ovunque, arrestando la rete dello spaccio.

    Sono convinto che in molte zone la Polizia conosce abbastanza bene i protagonisti di questo traffico e aspetta solo “ordini dall’alto” (governo, magistratura) per agire non in modo episodico (per fare qualche titolo sui giornali) ma sistematico, con i rischi che comporta.

    Purtroppo per le quantità ciclopiche di denaro che circola attorno alla droga la morte di qualche fessacchiotto che trangugia, o si inietta, qualunque cosa è messa nel conto. L’importante è che la macchina non si fermi e continui a girare ogni w.e.

    Chiuderle, le discoteche, farebbe spostare il traffico da un’altra parte.
    Serve, invece, una più intelligente sorveglianza che le le riporti a luoghi di svago e di relazioni nei quali il rifiuto di ogni veleno diventi prima di tutto fattore culturale e poi, perchè no, di ostilità militante a tutte le mafie, cancro della società


  2. Paolo
    19 agosto 2015

    Condivido, grazie. Aggiungo però che serve anche una nuova presa di coscienza da parte di tanti giovani nel senso di liberarsi da nuove schiavitù e dell’accettazione di una pratica di vita che deturpa il loro futuro. Deve essere anche una battaglia culturale come dimostrano tante esperienze positive, a aprtire da quella di Libera


  3. Paolo Batt
    19 agosto 2015

    Caro Giaretta, vorrei sottolineare un aspetto della tua nota, forse marginale rispetto al tema, ma preoccupante per chi si interessa di politica. Ossia il vizio dei mezzi d’informazione di amplificare esageratamente fenomeni per niente nuovi, facendoli apparire delle emergenze, che però rientrano immancabilmente nell’ombra dopo pochi giorni. Non va infatti dimenticato che i suicidi, di cui le morti per abuso di alcool e droga sono parenti, sono la seconda causa di morte per i maschi di età tra 15 e 29 anni, all’interno di un fenomeno che riguarda complessivamente oltre 3.000 persone ogni anno. Numero superiore a quello delle persone che, ad esempio, muoino in mare nel tentativo di sfuggire a guerre e povertà, ma di cui si parla infinitamente di più. Questo modo di “informare” produce un annebbiamento della realtà, che deve essere contrastato con tutti i mezzi. Infatti, oltre ad essere un ingrediente utile ai “piazzisti” della politica, contribuisce anche disperdere quelle energie necessarie a disegnare e costruire un futuro specialmente per i giovani. In mancanza del quale il rifugio nello “sballo” può apparire ad alcuni come una soluzione.
    Pierpaolo Battistini
    p.s. riterrei interessante un tuo commento al testo del vescovo Galantino, inviato per la commemorazione di De Gasperi.


  4. Paolo
    22 agosto 2015

    Caro Pierpaolo, condivido quanto dici. Una delle cause di malfunzionamento della democrazia italiana è la disinformazione costante del sistema dei media che crea pezzi di realtà virtuale non aiutando il cittadino ad una lettura completa della realtà. D’altra parte i media tradizionali vivono la pressione e la concorrenza dei new mwdia, ancora più orientati a campagne superficali…
    Come hai vito ho scritto di Galantino.


Scrivi un commento