Ricostruire, rigenerare: la lezione di mons. Galantino

Pubblicato il 20 agosto 2015, da Cattolici e società

C’è bisogno di aria pura nella politica contemporanea. Che non può restare rinchiusa in astiose polemiche quotidiane e nell’angusta dimensione del tweet di successo.

Per chi vuole respirarla nulla di meglio della lettura della LECTIO DEGASPERIANA 2015  preparata da Mons. Galantino. Leggerla tutta perché ciò che conta di più non sono i giudizi molto netti (e negativi) su alcuni aspetti della politica contemporanea che hanno avuto l’onore delle cronache, ma piuttosto l’indicazione chiara di un metodo di azione politica a servizio di una autentica democrazia di popolo. Usando la lezione di De Gasperi come esempio.

Con l’indicazione di un dovere dell’impegno politico: “Senza politica si muore. Le società si disgregherebbero e la prepotenza umana dilagherebbe.”galantino

E l’esempio di De Gasperi serve a Mons. Galantino per ricordare che per un cattolico convinto non può esservi alcun sdoppiamento di coscienza, per cui la vita privata è diversa da quella pubblica. Anzi: una fede profondamente vissuta serve a costruire una coerenza pubblica. Come disse una volta De Gasperi a Mario Missiroli, direttore del Messaggero, che gli chiedeva perché andasse tutte le mattine a Messa, pur in giornate molto impegnative: “Mi inginocchio davanti al Signore per avere la forza di stare in piedi di fronte agli uomini”.

Sono condivisibilissimi i tre cardini dell’azione degasperiana che Mons. Galantino evidenzia, per differenza evidenziando i limiti del dibattito politico contemporaneo.

Il primo cardine è il rispetto delle istituzioni e del parlamento: “tutte le scelte fondamentali della sua politica interna ed internazionale sono state elaborate dai partiti all’interno del parlamento, nel rispetto assoluto delle regole e con un faticoso quanto meticoloso lavoro politico svolto in profondità”. Qui per forza le orecchie devono fischiare a Renzi. Potrei obbiettare che in quella stagione i partiti erano vitali, fortemente rappresentativi, con una ricchissima vita democratica, al vertice come alla base. Risorsa autentica della democrazia. Oggi è un po’ diverso, ma occorre chiedersi se non sia necessario almeno tentare di porvi rimedio. Anche perché Galantino prosegue la sua critica, ricordando che le riforme (parola magica della contemporaneità) richiedono “una democrazia costruita con un di più di ascolto, un di più di precisione e di attenzione ai dettagli”. E, altra critica al “renzismo” come categoria, “una politica senza memoria, che pretenda di ricominciare da zero, non ha futuro e rischia nel migliore dei casi di essere velleitaria.”

Il secondo cardine è un concetto preciso di bene comune, che trova ispirazione dalla politica e per i cristiani dalla religione. Ci ricorda Galantino che è stato sconfitto nella crisi contemporanea del mondo occidentale un umanesimo presuntuoso e insieme superficiale. Occorre ritrovare una passione per la ricostruzione di un popolo. Ridefinendo una dimensione pubblica del concetto di carità, perché “nessun politico dovrebbe ricercare voti sulla pelle degli altri e nessun problema sociale di mancanza di lavoro e di paura per il futuro può far venire meno la pietà, la carità e la pazienza.” E qui c’è un’altra notazione molto critica su alcune superficialità del dibattito politico. “Il riformismo non basta o, almeno, non può essere fine a sé stesso, quasi potesse risolversi in un esempio di movimento per il movimento…Ricostruire è invece cosa diversa: E’ un evento che si realizza sulla spinta di una concentrazione di virtù, di passioni e di intelligenza che va preparata”.

Il terzo cardine è la laicità, ricordando come De Gasperi, profondamente cattolico, seppe resistere a certe pretese sbagliate della gerarchia cattolica, scegliendo il campo della piena autonomia della politica. “La laicità non è libertà individuale di fare ciò che si vuole, non concerne leggi che devono assecondare i desideri di ciascuno e non è nemmeno una semplice morale laica da piccoli borghesi garantiti dal benessere: è in positivo un progetto di vita basato sul rispetto della complessità dell’uomo…sulla fiducia nella capacità della politica di trovare un punto di mediazione che non sia la rinuncia a ciò che si crede”.

La lezione per l’oggi è che la politica è una cosa grande e va ricostruita per il popolo attraverso il popolo: “il popolo è il soggetto più nobile della democrazia e va servito con intelligenza ed impegno, perché ha bisogno di riconoscersi in una guida. Da solo sbanda ed i populismi sono un crimine di lesa maestà di pochi capi spregiudicati”. Guardare in alto, oltre asfissie delle politica contemporanea che appare “un puzzle di ambizioni personali all’interno di un piccolo harem di cooptati e furbi”.

Parole molto dure, per tutti. Ma per noi del PD in modo particolare. Perché ci chiamiamo Partito Democratico, e dobbiamo essere gelosi custodi di una democrazia partecipata. Non mi sono piaciute alcune reazioni del nostro campo minimizzanti o parlanti di “giudizi ingenerosi”. Ciò che conta è che Mons. Galantino interpreta con chiarezza un pensiero diffuso nel mondo cattolico italiano, quello più responsabile e più aperto al futuro, quello che è stato ed è sostegno dell‘ area riformista italiana. Che non vede (più) in noi sufficiente profondità di pensiero, visione lungimirante, fiducia nei profondi processi democratici del paese. O affrontiamo questa sfida in profondità o rischiamo di rinsecchirsi. E sarebbe bello che un generoso dibattito al nostro interno avvenisse su questi temi piuttosto che su superficiali bracci di ferro.

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1 commento

  1. Paolo Batt
    22 agosto 2015

    Da militante politico non credente, devo confessare un senso di frustrazione nel leggere parole illuminanti provenienti dal Segretario della CEI e non da un dirigente del mio Partito.
    Mi riferisco alle frasi seguenti : ”Senza politica si muore. Le società si disgregherebbero e la prepotenza umana dilagherebbe. Le società hanno bisogno di essere governate prima di tutto secondo giustizia”. Oppure a quelle (mutuate da Romano Prodi) sulle virtù di un politico : “dire la verità alla propria gente; avere una visione coerente e competente della realtà; avere il senso supremo della responsabilità, ; non vivere per se stesso, ma per una prospettiva comune”.
    Mons. Galantino non considera però un problema complicato, che la Chiesa non ha e cioè quello di dover basare la legittimazione politica attraverso il consenso popolare. Ma come si formano le opinioni del popolo; come si affermano i valori socialmente e moralmente positivi ?
    Non riuscendo ad immaginare De Menech o Bettin (rispettivamente segretari regionale e provinciale del PD) più attrezzati della Chiesa nel diffondere valori e principi morali, auspicherei che entrambe le organizzazioni operassero diffondendo tali principi nei loro rispettivi ambiti.
    Forse si eviterebbero un cattolico Veneto più ostile ai migranti della (più o meno) miscredente Toscana, ed un PD rinchiuso in una sostanziale autorefernzialità.
    Pierpaolo Battistini


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