Corbyn, il PD, l’unità come valore

Pubblicato il 14 settembre 2015, da Politica Italiana

Stiamo vivendo una fase di grande complessità, con problemi inediti e complicati. Cambiamenti profondi della geopolitica con conflitti armati, migrazioni epocali, economia globale comandata da finanza speculativa che produce impoverimenti e aumento vertiginoso di diseguaglianze, insicurezze e paure crescenti…Come insegna la storia di fronte alla complessità l’opinione pubblica tende a rifugiarsi nella semplificazione, ed apprezza le forse politiche che propongono ricette e letture semplificate. Solo che la semplificazione scade spesso nel semplicismo. Ed il semplicismo non consente la risoluzione della complessità.

Ad esempio se il Ministro Boschi dice che “I sindacati hanno contribuito in parte a bloccare il Paese…non è un problema il fatto che ci siano i pensionati nei sindacati, il punto vero è che nei sindacati non ci sono i lavoratori e soprattutto i giovani lavoratori”. Non è che dica una bugia, anzi, è che non dice tutta la verità. Perché intanto non tutti i sindacati sono eguali e ci sono stati dei momenti forti in cui il Sindacato ha aiutato a muovere il paese. E poi la reale crisi di rappresentatività del sindacato è purtroppo un problema generale. Perché prendersela sempre con il Sindacato e non con associazioni di categoria economica che rappresentano molto poco del sentire comune del ceto imprenditoriale, e poi come si fa a criticare la difficoltà del sindacato nel mondo del lavoro se poi la rappresentanza e la fiducia nei partiti è ancora più bassa? Più che criticare bisognerebbe porsi delle domande ed organizzare delle risposte.

La vittoria di James Corbyn con larghissimo margine nelle primarie dei laburisti inglesi (400.000 votanti, e dovremmo essere molto più orgogliosi dei 3 milioni di elettori alle primarie del PD nel 2012) può essere liquidata come la preannunciata sconfitta alle elezioni vere di un Partito laburista guidato da un signore al cui confronto il nostro Fassina è un moderato socialdemocratico e Cuperlo un conservatore. E con l’impossibilità di governare con quella piattaforma come dimostra la vicenda di Tsipras. E tuttavia noi riformisti non dovremmo accontentarci di questa semplificazione. Dobbiamo capire che sono scelte dell’elettorato che manifestano (come in molti altri luoghi del pianeta) una domanda di nuova politica, il rifiuto di ricette che hanno portato ad un aumento della disoccupazione, all’indebolimento di sicurezze del welfare date per acquisite. Io penso che le ricette semplificate di Corbyn, come quelle di Syriza o di Podemos siano ricette che non aiuterebbero la soluzione dei problemi, ma i problemi ci sono e vanno organizzate dai riformisti nuove risposte. Per cui non bastano tweet di successo ma serve l’organizzazione di un pensiero originale. Risposte che sono per forza di cose radicali. Che per essere realizzate richiedono un consenso largo, oltre il campo ristretto della sinistra radicale così come è fatta e come si propone. Bisogna essere capaci di rappresentare le speranze, conducendole sul terreno delle cose possibili.corbyn

L’ultimo sondaggio di Ilvo Diamanti rileva un PD che recupera un punto, anche se con il 33,1 resta molto lontano dal record europeo del 40,8 ed ancor più dalla prima eccezionale rilevazione demoscopica dopo il voto, un magico ed impossibile 45,2. Una esplosione di M5S che arriva al 26,7 guadagnando 5,5 punti, ma tutto il guadagno è concentrato nelle settimane in cui esplode lo scandalo di Roma Capitale. L’espansione della Lega si ferma, ma comunque supera Forza Italia e con il 14% sta al più del doppio del 6,2% delle europee. Forza Italia declina ulteriormente, con l’11,4% (tre punti in meno rispetto alla rilevazione di tre mesi fa) e si avvicina pericolosamente per lei ad essere un partito ad una cifra elettorale. L’NCD si avvicina alla scomparsa e la sinistra radicale non intercetta nulla del malessere che pure c’è in un elettorato tradizionale di sinistra.

Un quadro molto diverso da quello che si poteva pensare: il sistema non va affatto in direzione di un bipolarismo ma di una ulteriore pluralismo. L’anomalia italiana non è tanto la Lega, che ormai ha abbandonato la tradizionale collocazione di rivendicazione territoriale per spostarsi nella famiglia dei populismi europei di destra. L’anomalia è semmai M5S che copre uno spazio elettorale e politico che in altri paesi è quello della sinistra radicale ma che poi aggiunge molti elementi per rivolgersi ad elettori di destra. In questo quadro spero si capisca che una frattura del PD non si sostanzierebbe in una scissione ma nella fine di un progetto politico necessario all’Italia, facendo venir meno un elemento di stabilizzazione che è l’unico in grado in questo momento di dare un governo al paese.

I gufi ci sono (e non capiscono la pericolosità della situazione) ma chi ha la forza di governare e guidare il partito deve essere capace di tenerlo insieme. Come un valore e non come un fastidio.

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4 commenti

  1. Dalla Zuanna
    14 settembre 2015

    Caro Paolo, i disoccupati sono aumentati perché la crisi ha paralizzato interi settori, è il grande debito accumulato nel passato (tutti corresponsabili, sindacati inclusi) ha impedito politiche espansive paragonabili a quelle di UK e Spagna, che hanno potuto far schizzare il deficit al 6%. Quanto ai sindacati, in particolare alla CGIL, è un dato di fatto che si siano ferocemente opposti a riforme che in 18 mesi hanno spinto l’occupazione in alto di 250 mila unità, e ora il reddito a +1% nel 2015 (17 miliardi in più… Imprevisti!). Ci piacerebbe avere la CGIL al nostro fianco in questa battaglia, ma il dato di fatto è che propongono ricette impossibili (spendi e spendi) e lottano contro il PD di Renzi. Non dimenticherò mai il suggerimento della Camusso di astenersi in Veneto! E vogliamo parlare della scuola? Baccano unanime contro la riforma, docenti deportati… Ero in commissione in Senato alle loro audizioni, e non credevo alle mie orecchie. Totalmente ignorate le esigenze degli alunni, della qualità della scuola, del merito, alla fin fine dei bravi insegnanti. Poi vediamo il 97% dei docenti che accetta il posto fisso! Ottimo feeling con la base, non c’è che dire.


  2. Giorgio Nardari
    14 settembre 2015

    Dolce musica per le mie membrane timpaniche!
    Più che criticare bisognerebbe porsi delle domande ed organizzare delle risposte.


  3. Giorgio Nardari
    14 settembre 2015

    Eccome non si fa condividere l’esamina di Paolo Giaretta? ………..
    Io ho detto al mia e voi dite la vostra!


  4. Paolo
    16 settembre 2015

    Caro Giampiero, sono consapevole dei ritardi del sindacato e del conservatorismo della CGIL. E che per fare le cose che servono qualche strappo è necessario. proprio per questo però eviterei di farne anche dove non serve. Sui numeri della scuola sarei però più prudente. Il 97% ha accettato in mancanza di alternative. Poi utilizzerà la norma transitoria per le supplenze. Resta il fatto che un conto è proporre a un giovane, senza famiglia sulle spalle di trasferirsi da Padova a Catania. Si deve prendere il lavoro dove c’è. Un conto è dire ad un insegnante, sposato con figli, di fare lo stesso spostamento. E’ una famiglia che si sfascia…


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