La destra che non c’è ma forse ci sarà

Pubblicato il 12 novembre 2015, da Politica Italiana

D’accordo. La grande manifestazione di Bologna – che avrebbe dovuto fermare l’Italia secondo i pretenziosi annunci estivi – si è ridotta ad un tradizionale comizio di fronte a qualche migliaio di persone. Berlusconi si è dovuto piegare ad essere presente e a fare la parte del vecchio nonno un po’ gradito ed un po’ sopportato. Il palco Be-Sa-me ha detto uno spiritoso.

Ciò non toglie che Salvini abbia raggiunto pienamente il risultato politico. E’ ripartita una aggregazione di (centro)destra e il processo è guidato da lui. L’idea che ci sia una opposizione potenziale, non affidata solo a M5S.

E’ bene non sottovalutare questo fatto, perché nella memoria di qualcuno di noi può esserci la memoria di un ragazzotto con la felpa che disturbava gli extracomunitari milanesi sui mezzi di trasporto pubblico, ma da allora è cresciuto. Non si può sottovalutare chi prende in mano un partito piegato dagli scandali diamantiferi del cerchio magico bossiano, ridotto alle elezioni del 2013 al 4%, e lo porta secondo i sondaggi più o meno stabili sopra il 14%. D’altra parte Silvio Berlusconi nel 2018 avrà 82 anni, oltre ad altri impedimenti, e non sembra profilarsi nessun erede capace di rifar sognare chi si era affidato al sogno berlusconiano. Fratelli d’Italia resta una forza minore che non riesce a liberarsi dalla sua storia di un gruppetto di fascisti romani.

Intanto c’è Salvini, che comunque è chiaro che si sta costruendo una immagine per liberarsi dal troppo angusto recinto delle liturgie leghiste per costruire uno spazio politico di destra. Avrà tempo anche di ripulirsi dai rigurgiti fascisti di Casa Pound. L’Italia è un paese dalla memoria corta. Attenzione: se per uscire dal baratro elettorale Salvini ha usato fino in fondo la coltivazione di ogni sentimento razzista e xenofobo e le paure dell’”invasione”, sa bene che quell’elettorato non è assolutamente sufficiente a dare un consenso adeguato a poter vincere le lezioni. E difatti nella comunicazione pubblica sono al centro ora temi di politica sociale: gli esodati, le pensioni, gli asili nido gratuiti, le case, ecc. Certo per il momento si tratta di una coalizione senza una bussola che non sia quella di tutti contro Renzi (d’altra parte anche noi abbiamo fatto le coalizioni tutti contro Berlusconi, qualche volta abbiamo vinto risicati e poi non siamo riusciti a governare). Una coalizione divisa su molti punti essenziali per l’iniziativa politica. Ma intanto è iniziato un processo che non dobbiamo sottovalutare.Salvini e Berlusconi a Bologna

Perciò bisogna attrezzarsi sul piano sociale. Che non vuol dire restare prigionieri di ricette e letture ideologiche della realtà assolutamente superate, ma sapersi misurare con tante macerie che la crisi ha lasciato. Aumento delle diseguaglianze, delle sicurezze e della povertà. Renzi fa benissimo a richiamare una visione ottimistica del paese. E a ricordare che gli ottanta euro hanno aiutato i più deboli, che portare il numero dei lavoratori a contratto indeterminato in un solo anno dal 32 al 38 % del totale è una concreta azione per le sicurezze sociali, che saranno aumentati i fondi per la lotta alla povertà ecc. Tuttavia io penso che bisogna attrezzarsi meglio culturalmente e come azione politica per rivolgersi a quella parte del paese che comunque sta soffrendo. Resto sempre meravigliato del fatto ad esempio che sul tema della casa, che è oggetto di tante tensioni per le famiglie specialmente nelle grandi città (difficoltà a pagare l’affitto, occupazioni abusive, difficoltà ad accedere al mercato dell’affitto per giovani precarizzati, ancor più difficoltà ad impostare l’accesso alla proprietà, ecc.) non si imposti un progetto nazionale, a fronte di un enorme patrimonio di invenduto in mano sostanzialmente alle banche, con la ripresa di un piano nazionale per l’edilizia residenziale, ottimizzazione ed aumento del patrimonio abitativo pubblico, ecc. Occorre che nella comunicazione quotidiana senza fare del pauperismo, ci sia un messaggio chiaro: “siamo con voi di fronte alle difficoltà della vita”. Papa Francesco insegna. Guardate che questi temi conteranno molto in campagna elettorale.

Poi c’è il passaggio che sarà difficile delle amministrative. Perché per quanto Renzi “ci metta la faccia” per usare una espressione che non posso soffrire perché non significa nulla abbiamo visto che poi contano i candidati sul territorio. Qui rischiamo di pagare la forte centralizzazione impressa da Renzi nel partito e nel governo. I partiti locali sono in affanno, si è rottamato anche in periferia senza però che nel vuoto siano emerse personalità all’altezza. Sarà per alcuni dirigenti discutibile l’ipotesi di Sala a Milano, però quelli del PD che si sono fatti avanti francamente di leadership ne hanno veramente poca, anche a Milano, a Napoli c’è il vuoto e (incredibile a dirsi) l’unico che sta facendo un ragionamento politico appare essere il vecchio sindaco Antonio Bassolino. Non parlo di Roma. I partiti hanno perso ogni appeal nell’opinione pubblica. Però servono. Se non ci sono si rischia di pagare conti salati.

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