La sicurezza del PD

Pubblicato il 25 gennaio 2016, da Realtà padovana

Si è tenuta sabato l’assemblea cittadina di Padova del PD. Un positivo tentativo (è concesso dire finalmente?) di avviare una riflessione su una idea della città per il futuro. Potremmo anche chiederci perché la stampa ha deciso di non darvi nessun rilievo, ma, si sa, interessa di più la polemica. Riporto qui il mio contributo sui temi della sicurezza.

 Lavoriamo sulla base di due ottimi contributi. Con il primo il Sindaco di Piove di Sacco Davide Gianella ci ha offerto le linee di una politica non rinchiusa in una esclusività “securitaria” ma capace di usare tutti gli strumenti: integrazione sociale, estetica cittadina, animazione del territorio fino a quello della necessaria repressione. Con il secondo Alessandro Naccarato ci ha offerto tutta una serie di informazioni, appoggiate a dati statistici precisi, dei risultati dell’azione del Governo.

A maggior ragione dovremmo cercare di interrogarci sul perché la percezione dell’elettorato sia nei nostri confronti così negativa da parte di larghe fasce di elettorato (anche nostre o potenzialmente nostre). Perché gli elettori non ci sentano vicini su questo tema. Perchè la nostra “narrazione” non è considerata attendibile.

Un primo elemento: la nostra è una epoca di insicurezza. Se vogliamo è un fatto nuovo. Per il passato c’è stato un periodo in cui per il popolo ci sono state fasi di crescente sicurezza, in tutti i campi: più diritti, più reddito, prospettive ottimistiche. E la sinistra in senso lato era il garante di questo cambiamento positivo: la costruzione del welfare, il sindacato in fabbrica, le pensioni, ecc. Oggi è il contrario: l’orizzonte è quello di una generale insicurezza. Ci si può sentire sicuri (dal punto di vista di difesa dal reato) se ci si sente insicuri sul piano generale: dal lavoro che non c’è, dalla paura di perdere quello che si ha, dalle prospettive pensionistiche, ora anche la sicurezza del risparmio? Non a caso risultiamo essere il paese più pessimista d’Europa.

Quando ci si sente insicuri la prima reazione che si avvia è quella della paura. La paura è un sentimento potentissimo e irrazionale. Si fa fatica a sconfiggerlo semplicemente con la razionalità. Rinvio ad un bel lavoro di due amici padovani, il sociologo Filiberto Tartaglia e lo psicanalista Alberto Turolla, che hanno scritto il libro “Che paura?!”. Così la città da luogo dell’amicizia diventa il luogo dell’inimicizia, dell’estraneità. Particolarmente per chi è più anziano, che ha meno relazioni con l’esterno (ricordiamo sempre che nella città di Padova i cittadini con più di 65 anni sono più del 25% e le famiglie fatte da una sola persona sono il 39% del totale). Se l’esterno viene avvertito come nemico e pericoloso ci si rinchiude nelle proprie solitudini e si amplificano le paure cavalcate dai media.

Potremmo dire: e cosa c’entra il PD con tutto questo? Perché paghiamo noi e non gli altri? Perché culturalmente non siamo attrezzati a questo nuovo corso. Siamo più adatti a gestire fasi di espansione, in cui può esservi una redistribuzione della ricchezza, un innalzamento delle tutele, in cui la parola solidarietà non spaventa chi pensa di perderci qualcosa.vigili

Perciò l’atteggiamento prevalente nostro è stato di minimizzare il problema. Di cercare di nasconderlo. Di negarne l’esistenza. A me è capitato di sentire un nostro assessore ad una assemblea di cittadini in un quartiere affermare che il problema non esisteva, si trattava di insicurezza percepita. Capiamo che se a cittadini allarmati diamo questa risposta è difficile poi essere ascoltati. Alla fine scatta questo meccanismo. A molta gente appare che noi non consideriamo la gravità del problema e dovendo scegliere stiamo comunque prima con i profughi, gli zingari, i tossicodipendenti, ecc. Di cui vogliamo minimizzare l’impatto. Prima loro e dopo noi. Difficile spiegare che per quanto problematica sia la condizione di un nostro pensionato è certamente migliore di quella di chi ha dovuto rinunciare a famiglia, bene, affetti, cultura, scappando dal proprio paese. Anche perché non dovremmo mai dimenticare che chi soffre di più l’impatto con un viluppo di cose che sono furti, spaccio, degrado dei quartieri, o semplicemente contatto con razze, culture, religioni diverse, è la parte più povera della popolazione. Non a caso il momento più forte della popolarità di Zanonato è stata con la vicenda di via Anelli. Il muro che ha scandalizzato i radical chic ma che è stato perfettamente capito dalla popolazione: il Sindaco fa quello che può per difenderci, si schiera con noi. E perché, nonostante le statistiche dimostrino che non c’è differenza statistica tra i reati dell’epoca Zanonato/Rossi e quelli dell’epoca Bitonci la maggioranza di cittadini pensano che Bitonci faccia di più? Perchè Bitonci fa proclami che contano eccome sulle paure. Intanto io sono con voi. Uso dei miei poteri. Le famose ordinanze tutte decadute ma al Sindaco non importa. Propaganda pagata del comune. E poi un po’ di furbizia. I vigili sono quelli di prima, ma basta metterne un po’ in un luogo visibile, in cui passa tanta gente: in Prato della Valle, o in via Tiziano Aspetti, perché la gente dica: “Finalmente i vigili in strada” Che servano poco o niente non importa.

Potremmo domandarci: chi ha impedito a noi di fare lo stesso? Qui il tema si fa politico. Ed è la difficoltà di trovare una sintesi tra le due sinistre che sono in campo. Una con una ambizione riformista, con l’ambizione di assumere le responsabilità di governo, di avere il consenso della maggioranza dei cittadini per governare, senza rinunciare ai propri principi ma con l’umiltà di stare insieme al popolo così come è fatto e di ascoltarlo, di ragionarci insieme.

Un altra che più che radicale possiamo definire ideologica, secondo la quale se il popolo non ci segue è perché è ignorante. Questa frattura si è sempre dimostrata presente anche a Padova. Ogni volta che l’amministrazione nostra ha cercato di affrontare il tema delle regole della convivenza, del rispetto della legalità, del rispetto del decoro degli spazi pubblici ci siamo trovati di fronte le accuse di essere solo “securitari”, di non essere vicino ai più deboli, ecc. Naturalmente con echi ed alleanze anche dentro il PD, non capendo che sono “ultimi” anche gli anziani che vivono nei quartieri e si sentono assediati, le famiglie i cui bambini non possono usare i parchi gioco perché ci sono gang minorili che li distruggono. Magari zingari ma non si può dire. Vedi da ultimo i tentativi di fare un regolamento comunale più attento alla repressione di comportamenti incivili e illegali ed il contrasto fatto a “sinistra”. Perchè sarebbe bello che il mondo fosse fatto solo di persone buone. Ma non è così. E se tu hai delle persone che ti urinano sulla porta di casa potrai dire che sono profughi, poveri, ecc, ma l’abitante si arrabbia. E poi se non riconosci le sue ragioni non ti vota. E quando parti da posizioni ideologiche non riesci a fare i conti con la realtà. Si è visto chiarissimamente in occasione dei fatti di Colonia, con questa sinistra ideologia del tutto ammutolita. Perchè era in gioco la libertà della donna, i suoi comportamenti (orribile la frase dell’imam di Colonia sulle donne che se la sono voluta perché giravano profumate e mezze nude, nel gelo di Capodanno tra l’altro), tema caro alla sinistra, ma anche l’idea che degli immigrati si deve parlare solo bene e non fare i conti con le devianze.

In sintesi: il tema è anche culturale, di rappresentazione della comunità, di comprensione senza superficialità delle paure profonde presenti nella comunità cittadina. Occorre costruire una nuova narrazione perché il PD venga più ascoltato e considerato utile:

sappiamo bene che la repressione da sola non è in grado di combattere quella illegalità diffusa che è quella che poi preoccupa di più la gente: spaccio, furti in casa, scippi. Però bisogna dare la certezza che tutti gli strumenti repressivi si vogliano usare a tutela dei cittadini;

spesso il senso di insicurezza si alimenta nella situazione di degrado di pezzi di città, di singoli complessi edilizi. La bellezza urbana è un antidoto potente al degrado. Occorre un lavoro specifico anche su questo aspetto. Individuare i luoghi più degradati, capirne le ragioni, costruire ipotesi di rigenerazione urbana insieme ai cittadini.

Le politiche per l’integrazione devono vedere due protagonisti da aiutare: chi viene da lontano fornendo tutti gli strumenti conoscitivi per potersi integrare (non certo tagliando i fondi come ha fatto la giunta Bitonci) ma anche usando molta severità per chi non vuole accettare le regole di una ordinata convivenza, rispettosa dei diritti degli altri come dei propri; ma anche chi è padovano e fatica a riconoscersi in una città profondamente mutata ed ha paura di ciò che non conosce (15,8% di stranieri sul totale dei residenti, più che raddoppiati in 10 anni).

Come in tutti gli aspetti del governo di una comunità: conoscere in profondità la città, leggerne i profondi cambiamenti anche se nascosti, non fermarsi ai luoghi comuni dei media e dei social, adattare l’azione alle nuove realtà, costruire una visione complessiva che aiuti il cittadino a riconoscersi nella propria città.

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2 commenti

  1. andrea
    25 gennaio 2016

    la cosa più avvilente è constatare che quando nella consigliatura precedente alcuni di noi Consiglieri di CdQ 2 Nord dicevamo in tutte le sedi certe cose venivamo derisi e trattati con sufficienza dalle alter sfere del partito. Oppure, peggio ancora, assecondati per per scopi propagandistici. Ci veniva detto che era tutta una nostra esagerazione e che non dovevamo correre dietro alla destra, e frasi del genere. Peccato che proprio su questo tema sensibilissimo tra la popolazione (posso parlare dell’Arcella di cui mi occupavo)abbiamo perso credibilità e le elezioni in modo direi clamoroso.
    Quando la politica si disconnette dal popolo e non da risposte amministrative adeguate è destinata a perdere e perderà sempre.


  2. Paolo Batt
    25 gennaio 2016

    Caro Giaretta, condivido quanto hai espresso nel tavolo di lavoro e riportato nel presente testo. Io, come forse ricorderai, ho seguito la stessa linea di pensiero, magari condendola con qualche espressione poco forbita.
    Per brevità non riporto quì la sintesi del mio intervento, ma estraggo solo alcune proposte:
    le idee di questo seminario dovranno essere riportate con tutti i mezzi possibili tra la gente comune (fruttivendoli, pensionati sociali, salumieri, imbianchini, ecc. , poco presenti in sala) di Padova e non fermarsi nella sala riunioni di via B. Pellegrino;

    bisognerà inventare, magari tramite un “brain storming”, nuovi strumenti di aggregazione e di supporto alla gente che ha paura (Un telefono azzurro ? Un sito internet ? Un furgoncino che gira nella città ? Una specie di 113 per fornire informazioni ad un Call Center delle forze dell’ordine e ricevere supporto-dopotutto siamo o non siamo al governo ?);

    va coniugato il tema sicurezza con quello del funzionamento della giustizia, esercitando una pressione pubblica sul Governo e del Parlamento per rendere più celere e certa la somministrazione delle pene e valorizzando i passi già fatti in tale direzione.
    Pierpaolo Battistini


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