M5S: avversari, non abusivi

Pubblicato il 20 gennaio 2016, da Politica Italiana

 Il PD non vuole mollare l’asso sul caso Quarto/M5S. Ne capisco le ragioni. Professionisti dell’insulto, con ragione in qualche caso, a sproposito in altri, si sono qualificati come difensori esclusivi della purezza e dell’onestà. Inciampano in una questione non da poco. Perché comunque sia è un “pasticciaccio brutto”. Vedremo le dimensioni esatte del caso, ma resta il fatto che M5S amministra un solo comune in Campania. Terra difficile, in cui infiltrazioni camorristiche sono all’ordine del giorno. E in quel solo comune amministrato c’è una infiltrazione camorristica. E dirigenti nazionali del M5S, campani, vogliono cavarsela come uno Scajola qualsiasi: “a mia insaputa”.

Però una qualche attenzione la dovremmo avere, perché noi, per le ottime ragioni da cui ha scritto qualche tempo fa Serra su Repubblica, dovremmo essere diversi. Combattenti rigorosi per la legalità, senza scadere in un giustizialismo becero. Per cui il singolo atto dovuto o meno di un magistrato diventa il giudizio di Dio. In cui non si entra nel merito delle accuse ma si ha solo paura di perdere voti. Non sono banali le parole del Sindaco Rosa Capuozzo. “E’ inutile avere le mani pulite se poi le si tiene in tasca. Il M5s ha avuto l’occasione di combattere il malaffare in prima linea con un suo Sindaco che lo ha fatto, ma ha preferito scappare a gambe levate, smacchiarsi il vestito, buttando anche il bambino insieme all’acqua sporca. Non si governano così i Comuni ed i territori difficili, non si abbandonano così migliaia di persone che hanno creduto in noi e nel movimento. E’ una forma di rispetto che Quarto meritava: rimanere e combattere”.

Però vorrei allungare un po’ lo sguardo. Perché sono convinto che non è così che si può combattere il M5S. E’ sbagliato continuare a considerarlo una specie di “abusivo” della politica, figlio di una ondata emotiva che si riassorbirà, magari dileggiando (l’ho fatto anch’io qualche volta) le evidenti ingenuità e pressapochismi di amministratori. Anche la Lega era così, ed è inevitabile se si passa in una elezione da una presenza simbolica alla rappresentanza di un quarto dei voti. Ma le classi dirigenti si formano con il tempo ed emergono i migliori. Certo che per il momento dobbiamo dire che quasi dappertutto dove stanno governando la storia è quella di un conflitto tra Movimento e Sindaci, con espulsioni e scontri. Cosa succederebbe a livello nazionale?

Mi piacerebbe che questo fenomeno, al centro come in periferia, fosse studiato con più cura e maggiormente in profondità. C’è comunque una domanda di politica nuova, al di fuori delle famiglie politiche tradizionali che hanno accompagnato in Europa il passaggio della dittature alla costruzione di una democrazia sociale. Settori importanti di opinione pubblica incerti tra il non voto, il voto solo contro, o il voto a movimenti nuovi. Poca attenzione per le proposte tradizionali. Lo si vede in Spagna, lo si è visto in Grecia, ad esempio. Non basta perciò la propaganda su elementi di debolezza che esistono ma che non sembrano far molta presa sull’elettorato.dc

Bisogna capire meglio quell’elettorato per intercettarlo con proposte più convincenti. E’ un lavoro di progetto culturale. Lo stiamo facendo? E’ un lavoro anche di studio delle situazioni territoriali: chi li vota, perché, come si possono diversamente attrarre? E cercare anche di aprire discussioni di merito. Ho sentito che a Padova un nostro consigliere del PD ha aperto un dialogo con un collega consigliere del M5S. E’ una cosa molto utile, perché bisogna uscire da una contrapposizione astratta. Qui vedete riprodotta la copertina di un volumetto (del 1956!) in cui l’Ufficio Elettorale centrale della Democrazia Cristiana offriva una “Guida all’analisi elettorale ed alla azione politica”. Voleva formare i propri dirigenti sul territorio allo studio statistico e sociologico dell’orientamento politico e del comportamento elettorale. Con tecniche allora all’avanguardia. Pubblicazioni simili avevano anche gli altri partiti. In occasione delle campagne elettorali, e non solo, venivano prodotti elementi di propaganda basati sull’individuazione di tutti i punti deboli dell’avversario. Nella DC cìera il “Centone” cento domande polemiche alle sinistre e cento risposte alle accuse alla DC. Allora, negli anni 50, c’era ancora la tradizione del contraddittorio”, comizi in cui si avvicendavano sul palco oratori di diversi partiti, bisognava essere preparati e la gente ascoltava. La Tribuna politica non c’era ancora…

Oggi è naturalmente tutto diverso, ci sono ben più potenti strumenti di comunicazione. Ma resta l’esigenza di fondo. Per sconfiggere gli avversari bisogna conoscerli molto bene, capire quale domanda elettorale interpretano. Poi si fa anche la propaganda quando ci sono evidenti cadute, come nel caso di Quarto. Però bisogna agire sui dati strutturali.

  • Facebook
  • Twitter
  • LinkedIn
  • RSS
  • Pinterest
  • Add to favorites
  • Print
  • Email

Tags: , ,

Scrivi un commento