A proposito di Stadio

Pubblicato il 22 febbraio 2016, da Realtà padovana

In questi giorni si è aperta una discussione sulla proposta di fare uno stadio nuovo più un grande centro commerciale. Per sdrammatizzare un po’ il dibattito vi racconto cosa successe nel 1958 quando il Comune decise di ampliare l’Appiani. Era il Padova di paron Rocco che l’aveva preso in mano due anni prima facendolo salire dalla B alla A. Il campionato 57-58 fu fantastico, il Padova lo concluse al terzo posto ad un solo punto dalla seconda, la Fiorentina. In testa naturalmente la Juventus. L’Appiani divenne da allora la fossa dei leoni, dove anche per le squadre di rango era difficile passare. Con l’invenzione del catenaccio. Come disse una volta Rocco al centrocampista Azzini: “Tuto quel che se move su l’erba daghe. Se xe la bala pasiensa”. Tutti noi bambini sapevamo a memoria la formazione del Padova: Pin, Blason, Scagnellato, Pison, Azzini, Moro, Hamrin, Rosa, Brighenti, Mari (talvolta sostituito da Chiumento) e Boscolo. Anche il Padova aveva il suo svedese, come andava di moda allora: era Kurt Hamrin, biondino, ala, velocissimo. Difficilissimo da pronunciare per i tifosi. E il suo argentino, Humberto Rosa.

Si racconta che nel Padova Juve di quel campionato entrando in campo il mitico capitano della Juve Giampiero Boniperti, detto “Marisa” (anche a quei tempi c’era la questione gay) disse a Rocco: “Che vinca il migliore” e lui rispose: “Speremo de no”.

Padova Juventus 1958 all'Appiani. Pin al volo davanti a Scagnellato e Azzini

Padova Juventus 1958 all’Appiani. Pin al volo davanti a Scagnellato e Azzini

Comunque il comune decide di ampliare lo stadio, come disse l’assessore allo sport Celino Bertinelli i 22.000 posti massimi che poteva contenere l’Appiani non bastavano più, bisognava salire almeno a 30.000 (compariamoli con i dati di oggi…), si trattava di spendere 130 milioni di lire di allora. Forse l’assessore sperava di ottenere un consenso di tutto il Consiglio Comunale sull’onda del successone del Padova. Neanche a parlarne. Intervenne come una furia il comunista Rosini (era stato parlamentare, amministrativista molto quotato, alla fine della sua carriera finì per fare anche l’assessore a Venezia con Massimo Cacciari) si mise a gridare indignato: “credo che nessuno di noi possa contestare che vse i sia qualcosa di assolutamente antiestetico dal punto di vista sportivo e da quello fisico e dal punto di vista morale e dell’apporto educativo da dare alle masse è proprio la partecipazione alle partite di calcio…La delibera proposta è assolutamente immorale”. Rincara la dose sempre per il PCI il consigliere Duse: “Stanziare 130 milioni non servirà a niente, non si risolve il problema perché la città ha bisogno non dell’ampliamento dello stadio Appiani, ma di uno stadio moderno, di palestre, di campi da gioco per uno sport veramente popolare. Non riusciamo a trovare per motivi più sostanziali somme inferiori e lo troviamo invece per uno spettacolo di massa, che colpisce gli occhi, la fantasia, al fine di procacciarsi eventualmente dei voti”. Fu facile per l’assessore rispondere a Duse : “Crede proprio che gli sportivi diano il voto a me perché amplio lo stadio Appiani? Sarebbe veramente buffa. Stia tranquillo danno i loro voti a chi pensano di doverli dare dal punto di vista politico, non perché ho ampliato il campo Appiani”. In effetti alle elezioni successive non fu neppure candidato. Pure il socialista Feltrin andò giù duro: “bisognerebbe entrare nel merito di quello che è il calcio d’oggi, che cosa è questo spettacolo fonte di corruzione come denunciano quotidianamente i giornali, che permette a una minoranza di cosiddetti atleti di percepire per giocare una o due volte a settimana stipendi di centinaia di migliaia di lire”. Con atteggiamenti così altezzosi si capisce che poi la DC vinceva le elezioni. Forse visto lo stato attuale del calcio in Italia sarebbero parole più adatte all’oggi.

Però non è che fosse la linea del PCI. Mi raccontò il compagno Armando Cossutta (sfegatato interista) che a quei tempi successe che Giancarlo Pajetta arrivando in treno da Roma a Milano chiese al segretario di federazione il risultato del derby Milan Inter che era appena finito. Non avendo saputo rispondere il segretario fu sostituito in tronco con la motivazione che non si può guidare un grande partito popolare se non se ne conoscono le passioni. Non so se fosse vera, ma era ben raccontata e soprattutto conteneva una grande verità.

Il Padova sarebbe tornato in A (per poco) solo nel 94, dopo 32 anni di assenza. Nel nuovo stadio Euganeo

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1 commento

  1. Fabio Tonello
    22 febbraio 2016

    Buon giorno Paolo,

    ma parliamo del padova in serie Pro, che non ha un numero di spettatori paganti per pagare le spese di gestione dello stadio?
    ma perchè non trasferirlo all’ appiani?
    perchè non trasferire il rugby alL’euganeo?
    10.000 mq di superficie commerciale da soli non ripagano 80 milioni di euro per la costruzione del nuovo stadio.
    10.000 mq che potranno divenire commerciali a condizione che siano divisi in lotti inferiori ai 2500 mq per eleudere le normative regionali sulle dimensioni
    questa superficie commerciale è da aggiungere ai 4 lotti di 2500 mq che potrebbero nascere a Padova est?
    queste sono solo le prime riflessioni…e mi auguro che chi amministra ne faccia anche altre.
    Mi sembra di ricordare che l’Euganeo doveva essere l’inizio di una “cittadella dello sport”
    Hokey su prato, il pattinaggio artistico non avranno per la prossima stagione degli spazi dove fare allenamenti (sono un portatore d’interesse)

    Il calcio professionista vede circolare molto denaro.
    gli sport minori sono sponsorizzati troppo spesso dai soli genitori.
    Lo sport è sano quando promuove una sana competizione, il rispetto dell’avversario e insegna il sacrificio per l’ottenimento di un risultato non solo individuale ,ma di gruppo.
    Lo sport è cultura e mi auguro che si intraprendano percorsi per favorire la cultura e non il consumismo
    Fabio T.


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