Inutili muri e reali paure

Pubblicato il 15 aprile 2016, da Nel Mondo

L’Austria fa una barriera simbolica. Ci sono le elezioni per il Presidente della Repubblica a fine aprile ed è in testa nei sondaggi il candidato del partito populista (FpO) I candidati dei partiti tradizionali (socialisti e popolari che sono quelli al governo in una grosse koalition) sono in coda.

Il Papa invece va a visitare i profughi a Lesbo. Non è che lui non abbia una opinione pubblica a cui rendere conto. Neppure in casa cattolica tutti sono d’accordo con questi gesti. Però pensa che sia suo dovere farli. Chi è più lungimirante?

Naturalmente se è un simbolo il viaggio del Papa è un simbolo anche la barriera al Brennero. Perché non è con una “barriera” di 250 metri che si risolve il problema dei profughi, che se ci fosse una “invasione” avrebbero molti altri varchi per cui passare. E se non fosse presentata come il simbolo di una chiusura sarebbe un ordinario provvedimento organizzativo: aree di sosta in cui effettuare in modo ordinato i controlli che già ci sono. Un’area simile c’è la confine tra Germania ed Austria e non è successo niente.

Ma qui il Governo ha bisogno di battere un colpo, in crisi di consensi. Perché anche per l’Austria il problema non è semplice. I numeri sono questi. Non banali. Almeno quelli dati dalla ministra (ora non più ministra) degli Interni, Johanna Mikl-Leitner: “L’Austria ha accolto 10,3 profughi per ogni mille abitanti, l’Italia 1,4”. Detta in altri termini: lo scorso anno l’Austria ha accolto 86.000 richiedenti asilo (oltre ad aver gestito il trasferimento sul proprio territorio di oltre 800.000 profughi diretti in Germania). È come se l’Italia nel 2015 avesse concesso asilo a 600.000 (seicentomila) profughi. I numeri per l’Italia sono stati nel 2015 di 150.000 sbarchi e 83.000 richieste di asilo.ap_907910596860

Secondo i dati forniti dal direttore di Frontex il numero di migranti giunti in Europa nei primi due mesi del 2016 è aumentato di trenta volte rispetto al numero del 2015. Per l’Italia si registra egualmente un forte incremento e con la chiusura di altri tragitti il Mediterraneo tornerà ad essere la scelta obbligata.

Il problema esiste Non può essere sottovalutato come fatto fin qui. Affrontato con interventi emergenziali costosi e poco efficaci. L’Europa accoglieva a fine 2014 poco più di 3.000.000 di rifugiati. Tanti o pochi? Tanti se si pensa di gestirli con espedienti e emergenza. Pochi se si tiene conto che parliamo di una popolazione dell’Unione Europea di 500 milioni di abitanti. Chi si lamenta per vari motivi (nobili e meno nobili) dei finanziamenti straordinari alla Turchia forse non sa che la Turchia ospita più di un milione di profughi.

Poi ci stanno le paure delle opinioni pubbliche che ovunque stanno gonfiando le vele dei movimenti populistici. Paure per il terrorismo (e non si può nascondere che i terroristi siano entrati in Europa anche sotto veste di profughi), paure per le conseguenze economiche, paure per un degrado delle città, ecc.

Quello che è certo è che queste paure non si sconfiggono con le finte barriere o con l’illusione del ritorno agli stati nazionali. Serve il salto in avanti dell’Europa, così difficile da costruire: per la sicurezza l’integrazione di tutti i presidi di intelligence, di controllo delle frontiere, ecc., serve la consapevolezza che non è un fenomeno transitorio ma con cui dovremo convivere a lungo. Non serve un buonismo astratto, che non fa conto con numeri, risorse, impatti. Ancor meno serve l’eccitazione delle paure che preparerebbe conflitti etnici gravissimi (abbiamo già dimenticato cosa ha accompagnato il dissolvimento della Jugoslavia?).La strada è comunque difficili. Ma tanto vale agire, spiegando per bene all’opinione pubblica le sfide che ci attendono.

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