Pasticci di cuore e di governo

Pubblicato il 1 aprile 2016, da Politica Italiana

La vicenda del Ministro Guidi mi invita a scrivere un commento da una angolazione particolare. Lascio stare il tema generale, se non per dire che mettere un imprenditore che è stata leader dei giovani industriali (figlia di tanto padre, Guidalberto Guidi, noto per una incisiva capacità di lobby a 360 gradi) a capo del Ministero dello Sviluppo economico poteva sembrare una ottima idea ed invece era una pessima idea, perché trascinava con sé inevitabilmente tutta una serie di conflitti di interesse. Da quello più generale di fare della struttura di Confindustria il cuore del Ministero a quelli particolari legati a specifici interessi di una famiglia imprenditoriale.guidi

Vi racconto invece sulla base della mia esperienza parlamentare cosa si può fare per evitare che norme particolari, a tutela di interessi particolari e contrari all’interesse pubblico, vengano di soppiatto introdotte nel grande bacino delle leggi di stabilità. E di come i voti di fiducia facilitino queste manine e manone, introducendo emendamenti che il Parlamento non approverebbe.

Vi racconto come funzionava l’approvazione delle leggi finanziarie (poi diventate leggi di stabilità) ai tempi della legislatura 1996 – 2001, con Ciampi Ministro del tesoro. Era la prima legislatura dell’Ulivo, c’era stata la vittoria di Prodi, la prima esperienza di governo della sinistra: c’era voglia di far bene davvero.

Pressioni lobbistiche ce n’erano tantissime, l’ho misurato con mano come relatore delle leggi finanziarie, ma c’erano gli strumenti per resistere. Una squadra di sottosegretari di primordine e di moralità specchiata, con un alto senso dello stato, affiancavano Ciampi: Pietro Giarda, Laura Pennacchi, Giorgio Maciotta, Filippo Cavazzutti.

Bisognava esaminare migliaia di emendamenti, uno per uno, per essere seri. Come evitare che venissero inseriti di soppiatto emendamenti non utili all’interesse generale? Con un lavoro imponente. Andava così: ci si trovava alla mattina presto (diciamo le sette o anche prima) per delle riunioni dei commissari della maggioranza della Commissione Bilancio alla presenza del Governo: lì gli emendamenti venivano verificati uno per uno e approvati o respinti o ritirati prima di passare all’esame in Commissione. Anche il Governo doveva presentare per tempo i suoi emendamenti, motivarli e sottoporsi all’autorità del parlamento. Poi si andava in Commissione e poi in Aula. Anche se si arrivava al voto di fiducia il Governo era strettamente legato al testo approvato dalla Commissione, non poteva introdurre emendamenti nuovi e non esaminati. Per questa via si è lavorato molto ma si è evitata l’introduzione di norme ad personam.

Poi è venuto il governo Berlusconi e questo metodo è caduto con una marginalizzazione del parlamento, che si è ripetuta con il Governo tecnico di Monti, un po’ per necessità, un po’ perché gli interessi particolari, mediati dall’alta burocrazia statale, trovavano rappresentanza diretta con sottosegretari che erano espressione di quei mondi. E’ l’ultima esperienza parlamentare che ho fatto ed era imbarazzante il raffronto tra la competenza e il rigore morale di un Pietro Giarda e l’improvvisazione, superficialità e acquiescenza ad interessi particolari di un Gianfranco Polillo, che era il sottosegretario del Ministero dell’Economia addetto alle Finanziarie.

Perciò diffidare sempre dei voti a scatola chiusa, dei grandi contenitori in cui si infilano norme incomprensibili ai più ma comprensibilissime a chi ne beneficia. I voti di fiducia possono essere necessari, ma i parlamentari anche di maggioranza non hanno il dovere di dire di sì a scatola chiusa, hanno il dovere di un esame dettagliato.

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4 commenti

  1. Bruno Magherini
    1 aprile 2016

    Caro Paolo, confesso che questo tuo intervento sulla vicenda in esame mi è apparso un po’…. minimalista.
    Qui non si tratta soltanto (e purtroppo) di disguidi di un iter legislativo ma di uno smottamento della struttura istituzionale da repubblica parlamentare a repubblica sostanzialmente presidenziale.
    Quello accaduto non è un semplice incidente di percorso ma corrisponde ad un disegno ormai chiaro.
    Quello che meraviglia (ma fino a un certo punto) è che questo disegno venga sviluppato da una (pseudo)sinistra che per venti anni ha fatto da contrappeso al personalismo berlusconiano.
    La relatività dello stupore discende dalla constatazione che le origini di Mussolini furono socialiste.
    Più che una questione di ideologia è un problema di indole personale.
    Assistiamo ad un progressivo svuotamento delle prerogative del parlamento la cui funzione legislativa è sempre più erosa dalla coazione del governo tramite lo strumento del voto di fiducia.
    Questa lettura, sostenuta anche da valenti costituzionalisti, è corroborata dall’analisi della nuova legge elettorale denominata “Italicum” (per una volta il vostro segretario-premier ha privilegiato il latino a scapito dell’inglese).
    Durante i lavori della Costituente Costantino Mortati suggerì di costituzionalizzare la legge elettorale, come avviene in diversi altri Paesi, optando per una legge in senso proporzionale in quanto pienamente rispettosa del principio di rappresentanza.
    In altre parole essa consente una fotografia dettagliata dei diversi orientamenti sociali.
    L’Assemblea non ritenne di accogliere quel suggerimento anche se, va detto, tutta la Costituzione è concepita avendo come presupposto, direi quasi come filigrana, il principio proporzionalistico.
    Il nostro legislatore è dunque libero di scegliere tra diverse formule anche di tipo maggioritario.
    E’ vero: i tempo sono profondamente cambiati ed esiste una domanda di stabilità proveniente soprattutto dall’esterno.
    Ma questo non comporta lo sganciamento da alcuni principi costituzionali ai quali la legge elettorale deve corrispondere.
    In materia ci sono due principi cardine, quello della rappresentatività e quello della governabilità, che devono armonizzarsi.
    Ebbene (e qui mi ricollego al discorso iniziale) la nuova legge elettorale sminuisce fortemente il primo a tutto (ed eccessivo) vantaggio del secondo.
    Quello che a me pare fortemente discutibile è, in particolare, l’assenza di un quorum (sufficientemente alto) per la validità del ballottaggio tra i primi due partiti.
    Come può risultare rappresentativa una maggioranza parlamentare espressione di una base elettorale nettamente minoritaria?
    Occhio alle scorciatoie perchè quando una parte di società non si sente rappresentata può diventare insidiosa.
    Trovo in alcune scelte di questo governo (oltretutto mai legittimato dal basso!) un pressapochismo ed una guasconeria molto pericolosi.
    Fortunatamente l’ultima parola spetterà alla Corte Costituzionale che, credo e spero, saprà riportare equilibrio in questa situazione di patologico leaderismo.
    Si ha la netta impressione che il vostro segretario-premier sia afflitto da un narcisismo compulsivo.
    Tuttavia mi sovviene l’antico adagio “Chi troppo in alto sal cade sovente…”
    Mi conforta sapere Presidente della Corte Costituzionale il Prof. Paolo Grossi, che ho avuto l’onore di avere come docente all’Università di Firenze, e che conosco come persona coltissima, stimatissima a livello internazionale e di straordinario spessore intellettuale.
    Non ringrazieremo mai abbastanza i nostri Padri Costituenti.
    Ci sarebbero molte altre cose da dire.
    Ma de hoc satis.
    Concludo.
    Il PD ha più di un problema…a cominciare da “a capa”…come direbbero a Napoli.
    A risentirci dopo che avranno parlato i fatti.


  2. Pierluigi Petrini
    1 aprile 2016

    Caro Paolo, condivido la tua analisi sulle diverse procedure nella formazione della legge, ma non riesco a sopprimere una reazione molto più polemica dal momento che qualche buontempone nel PD afferma che le immediate dimissioni del ministro Guidi dimostrano come loro siano inflessiibili nel combattere il conflitto d’interessi. Non sovviene loro che non è stata la vantata inflessibilità ma le intercettazioni della magistratura a svelare l’illecita premura del ministro. Eppure ai tempi del Berlusca noi rottamati non facevamo che ripetere che il vulnus del conflitto non stava tanto nel favore ottenuto, che di per sé avrebbe potuto essere legittimo poiché ricompreso in un interesse più generale (tesi sempre proclamata dai supporter di B.), quanto nel sospetto che una ambigua interessenza avesse inquinato quelle scelte politiche, ne avesse appannato l’imparzialità togliendo credibilità alla vita democratica della nazione. Ancora noi, i rottamati, avevamo rilevato quanto fosse impropria la nomina della Guidi al ministero dello sviluppo economico dove inevitabilmente l’azione politica del ministro avrebbe avuto ricadute sui vasti interessi del gruppo industriale da lei detenuto. Non occorreva attendere la magistratura. Bastava il buonsenso.


  3. Paolo
    4 aprile 2016

    Caro Pierluigi, intanto un caro saluto. E poi la condivisione di quello che precisi. Anche perchè a questo punto se l’emendamento corrisponde all’interesse generale, se non si era obiettato nulla alla nomina del ministro Guidi proprio in un dicastero in cui la sua attività di imprenditore avrebbe potuto manifestare evidenti conflitti di interesse, quale sarebbe la colpa del Ministro? Avere informato il giorno prima che la decisione diventasse pubblica (ma già a conoscenza di moltissime persone) il moroso che vi sarebbe stata la decisione? Facendo il relatore della finanziaria mi è capitato più di una volta, una volta decisa in commissione una cosa di avvertire gli interessati senza che lo sapessero il giorno dopo. Certo non avevo interessi personali e il più delle volte le decisioni erano già sulle agenzie…E a questo punto se venisse fuori una probabile telefonata del Ministro Boschi al papà di conferma di ciò che si scriveva sui media circa una decisione del governo sulle banche? Più rigore, meno superficialità, meno twitter. Con sotto gli occhi sempre l’art. 54 della costituzione “I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore”.


  4. Paolo
    4 aprile 2016

    Caro Bruno,
    intanto ti rileggo con piacere, nel ricordo delle belle serate teatrali a cui la tua presenza ha dato tanta verve e ci hanno fatto divertire. Nel merito sono meno pessimista di te ma altrettanto preoccupato. Rinvio all’articolo che trovi oggi sul blog, riguarda il PD veneto, ma sono considerazioni di carattere generale. Condivido il giudizio sul prof. Paolo Grossi e sul valore dei padri costituenti. Che però erano molto consapevoli che bisognava fare presto e bene (il più possibile bene), ma che nel fare presto e insieme (altro grande valore costituzionale) si poteva anche trovare soluzioni che poi avrebbero richiesto degli aggiustamenti, una di queste era certamente la forma del bicameralismo, come si evince dalle parole dei padri costituenti Mortati, Ruini, Calamandrei, Tosato, ecc. Un caro saluto
    Paolo


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