La politica degli sberleffi

Pubblicato il 27 giugno 2016, da Politica Italiana

Cos’hanno in comune episodi politici diversissimi come il Vaffa di Grillo, la rottamazione di Renzi, l’incauto Brexit e la dirompente campagna elettorale di Trump? In comune una cosa ce l’hanno, non tanto il successo elettorale ( più o meno occasionale e duraturo, si vedrà) quanto piuttosto l’aver offerto agli elettori la possibilità di poter fare uno sberleffo al potere. Così è stato per Grillo, con il ciclopico vaffa iniziale, sberleffo non solo metaforico, è stato per Brexit, con la manifestazione di un no irrazionale pur di fare un dispetto ai tanti poteri che consigliavano il sì, lo è per la campagna elettorale di Trump, contro le dinastie di potere politico tradizionale (i Clinton, i Bush, e i partiti che gli stanno dietro), i poteri finanziari, ecc. E poco importa evidentemente ad una parte di elettori che Trump di questi poteri faccia pienamente parte. E’ stato così anche per Renzi: la parola inurbana “rottamazione” applicata alle persone è stato lo strumento raccolto da molti per dire basta alle solite facce, un’opinione pubblica esasperata dalla narrazione della casta ha trovato la strada per dire cambiamo quelli che sembrano inamovibili.

Forse c’è un’altra cosa in comune, la necessità di additare all’opinione pubblica dei nemici responsabili di tutte le cose che non vanno. In alcuni casi stiamo sul piano del gioco politico. Renzi ha sempre additato al sostanziale disprezzo dell’opinione pubblica i politici della sua parte venuti prima di lui. Mai una parola di riconoscenza per Prodi, Letta o Bersani (tranne per la malattia): la necessità di proclamare la propria diversità additando i presunti responsabili.

Nel caso del grillismo la distinzione è semplice: chi è con noi è il bene, gli altri sono il male, perciò i nemici. Naturalmente alla prova del governo anche locale questa distinzione va necessariamente sfumando.sordi

Invece per Brexit e Trump l’evocazione del nemico assume toni xenofobi e razzisti, in direzione di una eccitazione delle paure: così nel voto per exit ha avuto nettamente la prevalenza una motivazione che non c’entra nulla con i tecnicismi europei, piuttosto la voglia di tornare un’isola, di non dover fare i conti con il mondo globale, con gli “altri” causa di tutti i mali, della perdita di lavoro, ecc. per Trump poi l’America perde il suo spirito a causa dei negri, dei latinos, degli islamici, ecc. Fateli fuori (più o meno metaforicamente) e avremo risolto i nostri problemi.

Il problema è che con gli sberleffi non si risolvono i problemi. Si danno dei segnali che però per essere raccolti avrebbero bisogno di una democrazia in salute. E qui la salute non c’è: in crisi le grandi agenzie di produzione di senso e di partecipazione (partiti e sindacati), un sistema dell’informazione capace solo di esasperare ogni paura ed ogni sfiducia in nome dell’audience, una dislocazione dei poteri reali al di sopra dei confini nazionali, di fatto al di fuori del controllo di un incisivo potere politico. Il popolo mugugna e protesta ma resta prigioniero di una impotenza emotiva. Una cosa è certa: chi festeggerebbe della disgregazione dell’edificio europeo sarebbero i circuiti speculativi finanziari che si muovono a livello globale e che sognano un mondo fatto di piccole nazioni che si possono mandare alla bancarotta con qualche manovra speculativa a largo raggio.

Dagli sberleffi bisogna pur imparare una lezione: solo un orizzonte di rinnovata speranza fondata su una politica che appaia seriamente impegnata in direzione del bene comune, della lotta all’eccesso di diseguaglianze, può far rientrare la lingua. Altrimenti il pericolo è quello segnalato da Walter Veltroni quando ha richiamato un passo della “Crisi delle civiltà” di Huizinga, scritto nel 1933 alle soglie dell’avvento del nazismo “Vediamo distintamente come tutte le cose che una volta ci apparivano salde e sacre, si siano messe a vacillare: verità e umanità, ragione e diritto. Vediamo forme di governo che non funzionano più, sistemi di produzione che agonizzano. La rimbombante macchina di questo nostro tempo formidabile sembra in procinto di incepparsi”.

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