Parole che diventano pallottole

Pubblicato il 17 giugno 2016, da Nel Mondo

Noi umani abbiamo poca memoria specialmente delle vicende pubbliche. Il che ci consente di continuare a guardare al futuro nonostante i tanti drammi che hanno attraversato la storia. Ma anche ci rende difficoltoso saper leggere il presente con l’ammaestramento della storia. L’assassinio di Helen Joanne Cox, deputata laburista di 41 anni colpevole di essersi sempre occupata di temi sociali, di aver lavorato per Oxfam e Save the Children, ci riporta però prepotentemente alla memoria di come la predicazione alla violenza, al disprezzo, al razzismo, al fastidio per chi ha una visione solidale della vita non resta mai sul piano delle semplice parole.

Diventa una incubazione dell’odio che si traduce in atti criminali. Per le menti più deboli e frustrate, per gli imprenditori malavitosi del sovvertimento delle istituzioni. Lo abbiamo conosciuto da noi. Quando un po’ di ragazzi hanno preso sul serio le analisi farneticanti delle BR. Quando tranquilli professori sono diventati predicatori di odio ed hanno generato degli assassini. Quando le bande nere hanno colpito centinaia di innocenti. Sta succedendo con l’ISIS.coxheleneJoanne

Si può pensare che siano solo parole, buone per prendere voti e che poi si possa governare ed indirizzare la corrente di odio e di disprezzo che generano quelle parole verso chi è di razza, di religione, di pensiero, di costume sessuale diverso dal nostro. Evocare paure per acquisire consenso. Pensare che l’intolleranza si fermi alle parole. Lo sta facendo Salvini in Italia, lo fanno molti leader populisti in Europa. Lo sta facendo Trump con successo negli Stati Uniti. Ma l’odio predicato diventa odio praticato. E l’odio praticato diventa cultura della violenza.

L’odio non genera la soluzione dei problemi, genera soltanto altro odio che li rende più complessi. Ci pensino anche i leader di M5S: coltivare il disprezzo per chiunque la pensi diversamente, pensare che il mondo sia diviso tra gli onesti ed i capaci tutti da una parte (la propria) e gli incapaci e i disonesti dall’altra non è una educazione alla democrazia. E’ l’educazione alla faziosità, anticamera di ogni movimento autoritario. Sul campo rischia di lasciare non una democrazia più matura ma altra sfiducia, dalla sfiducia nasce il sentimento di impotenza e da qui l’idea delle scorciatoie autoritarie e violente.

Davvero c’è bisogno da parte di tutti di quello che diceva Aldo Moro: ““Il potere conterà sempre meno, e conterà di più una parola detta discretamente, rispettosa e rispettabile”. Non le urla e l’eccitazione dei sentimenti peggiori

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2 commenti

  1. antonio costalunga
    19 giugno 2016

    Parole, belle parole. Ma con SOLO queste non si va da nessuna parte. Bisogna anche chiedersi IL PERCHE’ di certi comportamenti. Questi ultimi altro non sono che le reazioni di comuni mortali al NON voler sentire, da parte dei politici, a malesseri e disagi di un popolo, il nostro, ormai allo stremo delle forze. Capisco che non si può accontentare tutti, ma una buona e sana obiettività qualche volta non guasterebbe. Utopia, la mia? F
    orse, anzi senz’altro, in quanto non c’è peggior sordo di quello che non vuol sentire.


  2. Rigoni Annalisa
    19 giugno 2016

    Condivido fino in fondo l’analisi del senatore Giaretta


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