Perchè non siam popolo, perchè siam divisi

Pubblicato il 23 giugno 2016, da Pd e dintorni

Cosa mi aspetto dalla Direzione nazionale del PD di venerdì? Poco, perché i problemi strutturali che dobbiamo affrontare non hanno risposte semplici. Mi basterebbe però che il Segretario, invece di parlare di gufi e lanciafiamme, dimostrasse chiaramente di aver capito che senza la ricostruzione di una unità possibile per il PD, una riconciliazione con la sua storia, non si va da nessuna parte e la minoranza capisse che il problema non è Renzi ma cosa sia la sinistra nella contemporaneità.

A me pare chiaro che se nulla si fa, se non si cambia l’impostazione, il no al referendum sia tra le cose ad elevata probabilità. Ma la vittoria del no non significherebbe solo la fine del Governo Renzi, significherebbe inevitabilmente la fine del PD. E sbaglia chi si illude che dalla sconfitta di Renzi si affermi una nuova sinistra. Perchè la sinistra nuova è già in campo. Si chiama M5S, con le sue contraddizioni, con un elettorato trasversale, con le sue approssimazioni. Ma è quanto di più simile ai temi di Podemos in Spagna, o di Sanders negli Stati Uniti. Altro è dire se reggerà alla prova di governo. Ma intanto è in campo, ha dimostrato un radicamento ed una maturazione e prima che si appalesi un eventuale fallimento di tempo ne passerà.

Io trovo assolutamente convincente l’analisi di Romano Prodi su Repubblica. “Il problema centrale della gente nel mondo contemporaneo è l’insicurezza economica, la paura sociale e identitaria…Il problema è che alle grandi forze politiche nazionali manca una interpretazione della storia e del presente…non si tratta di cambiare i politici, ma di cambiare le politiche”. Ed alla domanda sulla lezione da trarre così risponde: “Progetto e radicamento popolare. Il cambiamento possibile fatto entrare nel cuore della gente. Il solo ad averlo capito è Papa Francesco”.Partito_Democratico_Simbolo

Ha ragione Renzi nel dire che il problema è l’innovazione. Bisogna innovare di più per rispondere alle ansie del mondo contemporaneo. Per combattere la crescente disparità e insicurezza. Condivido anche questa sua affermazione: “Il Pd deve caratterizzarsi per le cose che propone, non per le proprie divisioni interne. Possiamo parlare di crescita e di diseguaglianze, di diritti civili e terzo settore, di stabilità istituzionale e lavori a tempo indeterminato, di tassazione e di energie rinnovabili, di innovazione e merito nella pubblica amministrazione, di immigrazione e flessibilità europea. “ Però è una frase senza senso ed un po’ spudorata se è detta senza autocritica dal Segretario Nazionale. Se questo non è avvenuto di chi è la colpa se non del Segretario? Che per il dibattito non ha mai avuta molta simpatia e che sui territori ha premiato chi il dibattito non lo ha mai voluto.

Spero che abbia capito che il tema non sono (solo) le facce dei politici (se a Benevento vince Mastella e a Napoli il volto nuovo Valente fa una fine indecorosa). Il problema è che mentre Renzi si affidava ad una narrazione basata su una asserita forte discontinuità di politiche le politiche erano sostanzialmente in continuità. Consentitemi di dirlo essendo stato tanti anni in Parlamento, avendo seguito tante leggi finanziarie: molti dei mirabolanti annunci di Renzi erano stati già oggetto di norme che poi si erano disperse nella fase applicativa, per la scarsità di risorse, ecc. La discontinuità vera non c’è stata, anche per i vincoli oggettivi della finanza pubblica ed anche perché manca alla sinistra la costruzione di un pensiero adeguato a gestire questa fase nuova per il mondo occidentale. E’ mancata una autentica creatività in grado di cambiare la struttura delle politiche.

 

E sarebbe troppo facile dire che la colpa è di Renzi, visto che è un problema complessivo della sinistra europea e che francamente non è che la sinistra interna o quella ormai esterna (ad esempio Fassina) abbiano ricette convincenti. Però Renzi ci ha messo del suo. Facendo credere che tutti quelli che erano venuti prima (Prodi, D’Alema, Letta, ecc.) non avevano combinato nulla per loro incapacità, scegliendo nella formazione del governo l’immagine immediata più che la sostanza, trascurando esperienza e autorevolezza. Ma cambiare davvero le cose è dannatamente difficile, occorre conoscere il paese, la mappa dei poteri reali. Avere una ispirazione capace di attrarre speranze del popolo. Occorre avere una mente politica (Calenda nuovo ministro in un settore decisivo ha dato il senso di un cambiamento di approccio? Era davvero una provocazione immaginare Bersani ministro? Letta nella Commissione europea?). Renzi la ha avuta questa ispirazione, ha saputo suscitare nuove speranze, ma come osserva Prodi tutto si usura rapidamente se non cambia la vita delle persone.

Vale anche per le cose giuste e coraggiose che ha fatto il Governo Renzi. Ad esempio la legge sulle unioni di fatto. Una legge doverosa, buona ed equilibrata. E tuttavia si è parlato ad una minoranza del paese. Giusto, ma occorre essere consapevoli che si tratta di una minoranza. Vittoria sentita giustamente tale da una minoranza, ma quanti ho incontrato che mi dicevano: “giusto, ma perché non dedicate lo stesso impegno per le famiglie con figli, per le pensioni minime, ecc. Non sono diritti anche questi?” Essere forza nazionale significa avere queste consapevolezze.

Bisogna ripartire. Chi ha avuto la pazienza di seguirmi su questo blog sa che ho sostenuto l’agenda di governo di Renzi, ma ho lanciato per tempo l’allarme su uno stile troppo arrogante, troppo semplificatore, e per questo ho dato anche fastidio ad alcuni capi. Bisogna capire che nulla può essere perso dell’insediamento iniziale del PD. Perchè da destra possono arrivare complimenti, più difficile che arrivino i voti. E se ci son resistenze interne, resistenze conservatrici che sono sbagliate perché il mondo è cambiato, occorre usare l’arma del convincimento paziente e rispettoso, non quella dell’insulto superficiale. A Roma come nei territori.

Forse potremmo riandare al verso dell’Inno di Mameli: “Perchè non siam popolo, perché siam divisi”. Così Mameli spiegava le sconfitte degli italiani. Che valga anche per il PD? Sì, ed allora occorre lavorare per ritrovare il senso di un popolo ed il senso della bellezza di un lavoro che unisce attorno ad idee forti.

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4 commenti

  1. Antonio bertoncello
    23 giugno 2016

    Condivido in toto quello che hai scritto. Ciao


  2. Paolo
    23 giugno 2016

    grazie mille


  3. Emanuele Martino
    24 giugno 2016

    Condivido anch’io. Un saluto cordiale


  4. elvio
    27 giugno 2016

    Tutti possiamo condividere tutto. Il problema è come cambiare.
    Quanti condividono hanno qualche idea da suggerire?
    Buona estate
    Elvio


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