La città fortezza di Bitonci

Pubblicato il 22 luglio 2016, da Realtà padovana

L’ottimo articolo di Umberto Curi sul Corriere della Sera del 21/7 descrive con precisione la linea perseguita dal Sindaco di Padova Bitonci. L’idea di promuovere nell’immaginario collettivo una “città fortezza”. Una città “impenetrabile dall’esterno e disciplinata in modo rigido al suo interno, nella quale ogni manifestazione di dissenso sia prontamente repressa o meglio ancora sia preventivamente impedita. Una città inospitale blindata, nella quale sia di fatto impossibile disturbare il manovratore”. Che siano idee diverse dalle sue, che siano le opposizioni politiche, che siano esponenti della sua maggioranza, tutto dà fastidio. Una città così osserva giustamente Curi è destinata ad un rapido processo di involuzione e decadimento.

E’ un atteggiamento che si vede anche nelle cose modeste. Su cui sarebbe pure interessante aprire un confronto, visto che la città è di tutti i cittadini. Bitonci ha solo ricevuto un mandato pro tempore per amministrarla ( per essere precisi da una minoranza di cittadini). Pensiamo ad esempio al tema dell’uso delle piazze del centro storico. Tema reale, presente in tutte le città d’arte, interessate da flussi turistici: un uso equilibrato tra interessi dei residenti. Degli operatori commerciali. Che hanno un ruolo non secondario nella formazione del reddito della città, della tutela degli aspetti monumentali, del benessere dei turisti, ecc.

Sarebbe interessante discutere nel merito, perché la città nel suo insieme si riconosca in regole nell’uso degli spazi collettivi. Ad esempio in sé si potrebbe ben sostenere che può essere possibile regolamentare l’uso delle biciclette nelle piazze storiche. Già avviene sul Liston senza scandalo. E’ chiaro che la cosa non sta in piedi (e difatti come tante iniziative improvvisate dell’amministrazione con ordinanze fasulle è già rientrata) se usi questa decisione per nascondere il fallimento di una politica che aveva promesso e poi incentivato o tollerato un uso indiscriminato delle piazze storiche per la sosta delle auto, bloccando la vita delle piazze. Si potrebbe fare, se avvenisse dentro una idea chiara di organizzazione della mobilità, con un confronto con i portatori di interessi, tutti, con una offerta di strutture alternative (se le biciclette si legano dappertutto è segnale di un fatto positivo, l’uso diffuso di un mezzo non inquinante, e di uno negativo, la mancanza di spazi sufficienti per posteggiarle). Perfino il tema delicato delle manifestazioni in centro storico potrebbe essere affrontato. Se ci fosse un problema. Problema che non c’è visto che le manifestazioni, e gli scioperi in particolare, sono diventate un oggetto raro. Ma al Sindaco interessa sollevare il caso inesistente per fare un po’ di propaganda, usando il suo sodale presidente di una associazione di commercianti pressochè inesistente. L’obiettivo è sempre lo stesso: dividere la città, far sentire i cittadini nemici, o con me o contro di me.

Comizio del PCI anni '50 in Piazza Insurrezione: piazze libere nella padova democristiana

Comizio del PCI anni ’50 in Piazza Insurrezione: piazze libere nella padova democristiana

Il problema che va affrontato però è precisamente questo: l’idea della divisione, della evocazione dei nemici, del disprezzo per le diversità, del rifiuto dell’idea di una convivenza rispettosa è materiale di consenso elettorale. Ha ragione Hillary Clinton quando risponde a Donald Trump, che afferma di voler essere la voce dell’America, che da quell’America sarebbero escluse le donne, gli afro americani, i latinos, gli omosessuali. Però chi vota Trump vuole esattamente questo. E non è detto che sia una minoranza. Speriamo di sì.

Non basta perciò additare all’opinione pubblica questa idea dannosa per la città di una comunità fatta di nemici, con una immagine nazionale di una Padova chiusa, respingente. Bisogna farlo, e penso che dovrebbero farlo di più quella che si chiama società civile: intellettuali, associazioni, ecc. prima ancora che i partiti di opposizione. Perché non è in gioco solo un rapporto tra partiti ma appunto una idea generale di città. Siamo ancora affezionati al motto secolare della nostra Università “universa universis patavina libertas”? Una libertà universale e per tutti.

Poi c’è la costruzione dell’alternativa politica: una idea diversa di città, da costruire per il futuro. Qui dovrebbe esserci il ruolo della Politica. Non basta il riflesso condizionato della contrapposizione ad ogni cosa che fa (o più spesso annuncia senza fare) Bitonci. Occorre costruire l’idea di una città altra, una città possibile, aperta al futuro, in cui si più bello vivere, lavorare, studiare. Ne parlerò in altra sede, perché questo è un compito che purtroppo il PD non sta svolgendo.

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