A Padova bisogna correre

Pubblicato il 23 novembre 2016, da Realtà padovana

Ora che l’amministrazione Bitonci è caduta, non per complotti ma per propria incapacità a tenere fede ai patti sottoscritti con gli elettori, ritrovo un giudizio che qualche tempo fa avevo scritto su un quotidiano locale.

Mi sembra di averci preso “Questa Amministrazione è incapace di gestire la complessità, di fare sintesi delle diverse esigenze. Pensa che amministrare sia comandare con arroganza, senza ricercare a volte con fatica, comunque con l’ascolto degli interessati, soluzioni condivise. È troppo facile pensare di amministrare una realtà complessa come una grande città all’insegna del “qui comando io”. La democrazia non è mai dittatura di una maggioranza, ma è fatica nel comprendere ed ascoltare e nel trovare soluzioni che rappresentino interessi collettivi”. Ottimo giudizio, mi sembra. Bitonci è caduto proprio per questo.

Poi guardando meglio vedo che la data dell’articolo sul Gazzettino è del 20 gennaio 2002! Ripubblicato nel volumetto che facemmo con Ivo Rossi 2004 “La città è uno stato d’animo, riflessioni su Padova”. Non di Bitonci si trattava, ma dell’allora Sindaco Giustina Destro. Avendo visto quello che è venuto poi forse potevo essere più generoso nei giudizi e dovrei qualche scusa. Perché nel caso del Sindaco Destro tratti di autoritarismo erano figli di una difficoltà ad affrontare le complessità, a comporre mediazioni adeguate, ma come carattere gli sarebbe piaciuto molto vedere una città unita. E difatti non ha mai insultato gli avversari, proceduto con infondate querele, ecc.

Nel caso di Bitonci l’autoritarismo è connaturato. Il comune come una caserma, e tutti dei sottoposti che devono obbedire. La caduta è proprio dovuto a questo tratto caratteriale, il voler togliere ogni dignità e libertà di opinione. La collaborazione è eseguire ordini e non condividere un progetto costruito insieme.citta

Tuttavia del tempo è passato e si è molto indebolita nell’opinione pubblica l’idea di una democrazia dialogante, del valore di un dibattito pubblico, di un ruolo attivo della partecipazione alle scelte. In questa società disintermediata (in crisi tutte le organizzazioni di rappresentanza da partiti a sindacati ad associazioni) vediamo che tutte le competizioni elettorali sempre di più appaiono risse contrapposte, o con me o contro di me, l’insulto dell’avversario come regola. Abbiamo visto la campagna statunitense per farci una idea di come possa essere il dibattito pubblico. E lo stiamo vedendo nella campagna referendaria. E d’altra parte in Italia il prototipo è Grillo. L’insulto esagitato come regola (di successo). Ora anche per nascondere le malefatte sul territorio dei suoi dirigenti e le insufficienze dell’azione amministrativa dove governa. L’idea che la verità tutta intera sta dalla parte mia e altrove c’è solo menzogna, interessi privati, convenienze. Una campagna elettorale fatta di tifosi e come succede nel calcio gli ultras finiscono per allontanare le persone per bene. Perciò non contiamo troppo su una possibile indignazione dell’opinione pubblica sui metodi di (s)governo del Bitonci.

A proposito delle congiure di Palazzo il fatto che Bitonci sia già partito per la campagna elettorale con sede, manifesti, ecc. conferma ciò che abbiamo sempre sostenuto. Che se non ci fossero state le dimissioni di massa dei consiglieri, al voto ci sarebbe andato Bitonci, dovendosi arrendere alla consapevolezza che il suo autoritarismo aveva disintegrato la maggioranza senza saper ricomporla e non aveva più i voti in Consiglio Comunale, che poco decide ma quel poco è essenziale per poter governare.

Il tempo è poco. Occorre in fretta offrire all’opinione pubblica cittadina l’idea alternativa di città (una visione previdente e rassicurante) che proporremo alle elezioni, il campo sicuro di una coalizione politica più che contro Bitonci a sostegno di questa visione. E la persona fisica (il candidato) in grado di rappresentare questa visione e il campo politico dell’iniziativa. Occorre grande generosità, pochi giochetti tradizionali, capacità di decisione. E capacità di promuovere partecipazione vera, fuori anche dai circoli delle appartenenze partitiche. Non c’è spazio per i distinguo, il gioco del più uno, se ci sono io non deve esserci l’altro, ecc. Cose già viste che non reggerebbero al confronto con Bitonci (che nonostante alcuni osservatori lo mettano in dubbio sarà il candidato, per il semplice motivo che nel centrodestra non c’è nessuna alternativa). Determinazione c’è stata nella parte destruens. La stessa dobbiamo mettere nella parte costruens, che è quella decisiva per vincere le elezioni.

P.S. naturalmente non escludo che la primavera possa caratterizzarsi anche per il voto alle politiche…

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