Bitonci e i danni che restano

Pubblicato il 10 gennaio 2017, da Realtà padovana

Il tempo è (quasi) sempre galantuomo. Deposta la polvere della polemica (il polverone si diceva una volta, anche per evitare di rispondere nel merito) i fatti si impongono con la loro forza.

Nel caso padovano purtroppo la forza è negativa per la città. È la forza dei fatti che appalesano con chiarezza le malefatte e gli errori di Bitonci. Che ci teniamo in eredità anche dopo la sua dipartita politica, sperando che non vi sia un ritorno.

È di pochi giorni fa la notizia della sconfessione del TAR di un atto fondamentale per la programmazione urbanistica del comune, e ciò che più conta per l’equilibrio economico della città ed il benessere dei cittadini. Il piano delle grandi strutture di vendita non è valido perché non è stato approvato dal Consiglio Comunale. Come era stato richiesto ma si era risposto villanamente che la Giunta poteva provvedere senza il Consiglio. Naturalmente nei conflitti tra interessi pubblici e interessi privati può capitare che la parte pubblica soccomba. Non può essere però che la parte pubblica (e perciò il bene pubblico che deve tutelare) soccomba per evidente imperizia e per arroganza. Auguriamoci che ci sia un rimedio, resta il fatto che senza rimedio le conseguenze sarebbero molto gravi, con la collocazione di grandi strutture di vendita di cui la città non ha alcun bisogno.periferie

Poi c’è la seconda notizia. Su 120 comuni che hanno partecipato al bando per la riqualificazione delle periferie Padova si è collocata al 107esimo posto. Non male per una amministrazione il cui sindaco tanto parla delle periferie e niente ha fatto per affrontare i problemi se non in direzione di denigrarne l’immagine ed eccitare le paure. Vi era l’occasione per poter avere un finanziamento pubblico consistente su un fondo iniziale di 500 milioni che potrà essere rifinanziato, ma sempre utilizzando poi per la distribuzione la graduatoria.

Nessuna speranza di attingervi. Naturalmente se c’è un bando si concorre e non è detto che di debba vincere. Ma bisogna concorrere con determinazione, intelligenza, avendo in testa un disegno. Così saranno finanziate città delle dimensioni di Padova: ad esempio Vicenza è arrivata quarta. Evidentemente lì c’è una amministrazione che pensa e progetta. Vincitrici anche città come Bergamo, Modena, Brescia, quella rete di città medie simili a Padova. Che non c’entri poi il colore politico lo dimostra che tra i vincitori ci stanno grandi città come Napoli, Torino, Roma, in cui la maggioranza governativa è all’opposizione.

Un conto è concorrere e non vincere, un conto è concorrere sapendo a priori che non vi è nessuna possibilità di vincere perché per incuria, superficialità, mancanza di progettualità presenti un progetto inconsistente. Puoi essere un ottimo giocatore di baseball ma se ti presenti con la mazza ad un torneo di tennis difficile vincere…

Se il bando è fatto per progetti di riqualificazione e sicurezza delle periferie non puoi presentare un insieme di progetti senza alcun disegno complessivo, come semplice sommatoria di singoli progetti, i principali dei quali (restauro Mura, Castello carrarese e Piazzale Boschetti) sono in pieno centro storico e/o riguardano beni monumentali. Ottimi progetti e condivisibili, ma estranei alla finalità del bando, cosa che l’opposizione per bocca di Ivo Rossi aveva subito segnalato.

Cos’hanno in comune questi due episodi? La superficialità, il non volersi mai confrontare, aver paura dei dibattiti in Consiglio, il non voler costruire un consenso sulle cose importanti della città, e poi fallire, recando danno a tutti i cittadini. Perché poi va aggiunto ciò che sta emergendo: la fantasiosità delle cifre del bilancio, in cui a spese certe corrispondono entrate improbabili. Non basta mettere in entrata ipotesi di alienazioni di beni per essere a posto, se si sa bene che il mercato immobiliare è in crisi, c’è un enorme invenduto e quindi le possibilità di realizzazioni sono minime.

Si dice: non sono questi argomenti che fanno vincere la campagna elettorale. Vero, però c’è sempre un dovere di verità. E se ci sono fasce di elettorato un po’ distratte, che guardano solo all’appello emotivo ce ne sono anche di quelle che dai propri amministratori pretendono cura, attenzione, professionalità. E ricordare i danni fatti dall’amministrazione scaduta è un dovere, se ci sono i fatti ad asseverarli (ricordando i finanziamenti per la linea del tram buttati a mare e l’incredibile ed inutile progetto dello stadio al Plebiscito).

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