Democrazia debole?

Pubblicato il 13 gennaio 2017, da Politica Italiana

Ho evidenziato più volte qualche preoccupazione per l’evidente crisi dei meccanismi democratici così come l’abbiamo conosciuti nel mondo occidentale. A livello globale. L’avvio della presidenza Trump, con una squadra di governo in cui siedono uomini soci in affari con Putin, l’insofferenza per le domande della stampa, il riconoscimento di possibili manipolazioni nel processo elettorale, ecc. dimostra una grave sofferenza. Anche in Italia non ce la passiamo troppo bene. Faccio tre esempi.

Il primo riguarda il PD il mio partito. In cui passa sotto silenzio il silenzio. Intendo il silenzio di Matteo Renzi. Che non è più presidente del Consiglio ma è pur sempre segretario del primo partito italiano. Dal 4 dicembre è passato più di un mese, mese di silenzio assoluto a parte l’adempimento in una modesta assemblea nazionale. E’ normale che sia così? Che non vi sia alcuna pubblica discussione su come orientare la vita del partito dopo il crinale del 4 dicembre? Il PD ha il valore di essere ancora un partito, una comunità di persone fisiche che hanno idee, passioni, voglia anche di discutere e di capire. Se si rinnega questa funzione che resta del PD? Per la verità nemmeno l’opposizione interna così loquace ed aggressiva in campagna elettorale, mi sembra che si faccia sentire, che metta in campo idee, che proponga processi. Divisa ed incerta sul futuro anch’essa silente.

La società è cambiata d’accordo, i processi mediatici anche. Ma insomma tra i robusti ed infiniti dibattiti dei partiti di una volta ed il silenzio odierno una via mediana più virtuosa potrebbe pur esserci.corte_costituzionale-T1

Secondo esempio: la reazione della CGIL dopo la pronuncia della Corte sul Jobs act. Non so se la CGIL abbia fatto un errore nel predisporre il testo del referendum o abbia fatto un azzardo imprudente. Perché al di là di precedenti o di arzigogoli di costituzionalisti la cosa è abbastanza chiara. In Italia esiste solo il referendum abrogativo, non quello propositivo. Ci sarebbe stato se fosse passata la riforma costituzionale. Ma gli italiani hanno scelto di tenersi intatta la costituzione più bella del mondo. Quindi con il referendum non si possono introdurre nuove norme legislative. Se il referendum fosse stato ammesso e fosse passato l’effetto sarebbe stata l’estensione dell’art. 18 anche a tutte le imprese tra i 5 e 15 addetti, limite precedente. Le imprese con dipendenti sono più di un milione e mezzo, di cui 1,4 milioni sono nella classe dimensionale 1-9 dipendenti, per capire la portata della modifica normativa che ne sarebbe derivata. Al di là del merito anche la Cgil si mette sul piano del discredito delle istituzioni. Perché non accetta la sentenza ed annuncia un ricorso alla Corte Europea. Come Silvio Berlusconi. Si vogliono trascinare gli organi di garanzia nella polemica politica, non accettando regole e misura. Nella tradizione di un grande sindacato come la CGIL ci sono battaglie vinte e battaglie perse, cose giuste e cose per me sbagliate, ma sempre con una grande attenzione alla salvaguardia delle istituzioni democratiche. Si abbandona questa tradizione.

Infine la falsa democrazia del grillismo. Qui ho già commentato e rinvio al pezzo di Ezio Mauro su la setta dell’altrove. La pretesa di far passare per processo democratico referendum lampo, lanciati ad libitum dal duo Grillo Casaleggio, quando lo ritengono comodo ed opportuno, negati in altri casi, senza alcun dibattito preparatorio, senza possibilità di argomentare in un senso o nell’altro. Dati gestiti da una società privata, senza alcun controllo indipendente, con possibilità tra l’altro di manipolazioni dell’esito. E in ogni caso è davvero una falsità pensare che il voto volante di 30.000 cittadini senza dibattito e confronto sia rappresentativo di una forza elettorale di più di otto milioni di voti. Naturalmente Grillo può contrappore che con questi metodi continua a mantenere un elevato consenso elettorale. Se è per questo molti regimi autoritari nel mondo si sono basati sullo strumento del plebiscito senza garanzie e senza libertà. Dirà qualcosa l’impressionante numero di abbandoni di parlamentari, sindaci, ecc. dal Movimento: tutti trasformisti o piuttosto uomini con qualche spirito libero che non accettano la teocrazia grillina?

Sintomi di una democrazia in crisi e di una politica che anche per questa via si indebolisce, non riuscendo a vincere pessimismi, disaffezioni, incertezze sul futuro, solitudini che derivano dalla mancanza di prospettive di lavoro, diseguaglianze crescenti, ecc. E per concludere, mentre si attende la Corte Costituzionale (ancora) per la decisione della legge elettorale sembrerebbe a molti normale andare a votare con leggi elettorali non approvate dal Parlamento ma confezionate dalla Corte Costituzionale.

  • Facebook
  • Twitter
  • LinkedIn
  • RSS
  • Pinterest
  • Add to favorites
  • Print
  • Email

Tags: , , ,

Scrivi un commento