Caro Pd, torna a pensare. E a progettare

Pubblicato il 10 febbraio 2017, da Pd e dintorni
Vita del Popolo settimanale della Diocesi di Treviso, 10/02/2017, intervista  di Bruno Desidera
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 “Il Pd oggi ha una responsabilità doppia. Per se stesso e per l’Italia. E può uscire da questa situazione guardando all’esterno, ritornando ad avere un pensiero”. Ad affermarlo è Paolo Giaretta, già sindaco democristiano di Padova e successivamente senatore del Pd. Dal suo sito offre spesso letture non scontate sulla vita politica. Pur avendo votato sì al referendum, non risparmia critiche al segretario Matteo Renzi e al Pd veneto e mostra preoccupazione per la possibile scissione dell’attuale minoranza del partito.

Nella sua vita politica aveva mai vissuto un momento così difficile e confuso?
Beh, ci sono stati altri momenti difficili. E’ vero però che oggi c’è una situazione in cui la scissione è un rischio vero. Potrebbe essere un scissione di dirigenti, ma anche di elettorato. Tuttavia, ricordo che il Pd è il primo partito italiano ed ha una vita democratica che in altre forze manca completamente.
E come si esce da questo vicolo cieco?
Il problema si risolve guardando fuori invece che dentro. Nel mondo crescono paura, sfiducia, pessimismo. Viviamo un mutamento antropologico e il rischio di basare la proprie scelte sulle paure è forte. Dobbiamo guardare a questa realtà e dare delle risposte. La destra in tutto il mondo si sta riorganizzando su una base nazionalista, senza idea di solidarietà. C’è bisogno di un partito che rappresenti un’idea diversa di società.
Non c’è, nel momento che il Pd sta vivendo, anche una certa dose di irresponsabilità? Proprio per il ruolo di governo e per il consenso che ancora ha nel Paese?
Certo, occorre davvero un supplemento di responsabilità, oggi il Pd è anche un presidio di democrazia e deve offrire strumenti veri di critica e partecipazione. In altre forze politiche chi critica viene espulso o esposto alla gogna mediatica. Però, ora è necessario che ognuno faccia la sua parte.
A cominciare da Renzi?
Deve capire che questa torsione di tipo personalistico non è stata apprezzata, dentro il partito e dagli italiani.
E la minoranza interna?
Non può pensare che la soluzione sia tornare indietro. Il musicista Mahler diceva che la tradizione è la salvaguardia del fuoco, non il culto delle ceneri. Le forze progressiste sono sfidate a dare risposte nuove. Certo, la minoranza ha delle ragioni, ma guai se pensa a formule superate dalla storia. E comunque la frattura va evitata per il bene del Paese.
Elezioni subito o tra un anno?
L’Italia ha bisogna di governo. Chi sta gridando “elezioni! elezioni!” non sta proponendo progetti politici per il Paese. Ma le elezioni si fanno appunto su questi… Tra l’altro si può benissimo prevedere che dopo il voto il Parlamento sarà senza maggioranza politica, se si vota con le attuali leggi elettorali. E’ illusorio pensare che le elezioni risolvano da sole i problemi. Poi, devo dire che il Governo sta facendo bene, Gentiloni piace. Infine, ci vogliamo rendere conto che serve quanto meno una legge elettorale ragionevole? Non si sta riflettendo abbastanza sul fatto che ora abbiamo due leggi elettorali non votate dal Parlamento, frutto delle sentenze della Consulta.
Nel frattempo il Pd farà il suo congresso…
Nel frattempo il Pd può ricostruire un nuovo inizio, ripartendo dallo slogan del suo congresso fondativo: “Un partito nuovo per un’Italia nuova”. Con una preoccupazione: oggi è la democrazia stessa che rischia di estinguersi. Essere un partito non è fare un clic, ma vivere pezzi della propria vita in una comunità. Forse i partiti sono in crisi perché non offrono più questo. Ecco, il Pd deve sviluppare il progetto per cui è nato, dire qualcosa di nuovo. E mi permetto di suggerire che nel magistero degli ultimi due Papi ci sono degli spunti di grande ricchezza, da tradurre certo in proposta politica.
Intanto il congresso si farà in Veneto, dove si confrontano Alessandro Bisato per la maggioranza renziana e il trevigiano Tonella per la sinistra del partito… Siamo tornati a Ds e Margherita?
No, mi pare che i consensi sulle due candidature, entrambe di ottimo livello, siano in realtà un po’ più trasversali. Il tema vero è che, con gravi responsabilità sia di Renzi sia del gruppo locale che faceva a lui riferimento, il Pd in Veneto si è seduto dopo l’ottimo risultato delle Europee. Alle Regionali c’è stata una sconfitta, dovuta al candidato sbagliato ma anche alla mancanza di una riflessione culturale. Quale Veneto vogliamo noi? Dobbiamo essere capaci di produrre prima di tutto un pensiero che vada oltre la cultura dell’autosufficienza sulla quale la Lega prospera.

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