Vergogna!

Pubblicato il 21 marzo 2017, da Realtà padovana

Il Mattino di Padova,21 marzo 2017

Usare le sofferenze dei bambini e delle loro famiglie per fare campagna elettorale non si era ancora visto. Ma per il peggio c’è sempre una possibilità, purtroppo. Il siparietto offerto dal candidato sindaco Bitonci, in compagnia del presidente della commissione sanità della Regione, del presidente della Fondazione Città della Speranza e dalla vicedirettrice dell’Istituto di Medicina Molecolare è di questa natura.

Magari si risolvesse finalmente e con urgenza il problema drammatico della pediatria padovana. La sanità regionale, da sempre nelle mani della Lega, ha vergognosamente trascurato questa struttura. Ora si promette un prontissimo intervento. Anzi sarebbe l’anticipo del trasferimento dell’Ospedale a Padova est e del successivo trasferimento del Sant’Antonio in via Giustiniani. Complessa operazione per la quale come è noto non c’è nulla di solido: progetti e soldi. C’è solo una cosa che è stato chiamato accordo di programma, che è al massimo una lettera d’intenti in attesa di approvazione piena di condizioni, di se e di ma. Speriamo che siano veri i soldi per Pediatria, che sarebbero poi quelli che dovevano servire per iniziare il nuovo ospedale.

Dispiace che a questo siparietto si siano prestate delle persone che avrebbero il dovere di non coinvolgere in campagna elettorale le istituzioni che rappresentano. La dottoressa Viola vicedirettrice dell’Istituto di Medicina Molecolare dice che era presente solo perché ritiene importante il dialogo tra ricerca e l’amministrazione della città. Giusto, spero però si sia resa conto che non ha incontrato l’amministrazione della città ma semplicemente un candidato sindaco. Il VIMM, splendida realtà dovuta alla lungimiranza del prof. Pagano, è una delle eccellenze padovane che ci fanno conoscere in tutto il mondo. E’ un patrimonio di tutta la città, evitiamo di coinvolgerlo nelle piccolezze della campagna elettorale.cittasperanza

Il Presidente della Fondazione Città della Speranza assicura che la Fondazione sarà sempre al fianco di Bitonci e Boron. Libero il dott. Masello naturalmente di essere un elettore, finanziatore, sostenitore della Lega. Ma dovrebbe evitare di coinvolgere una Fondazione che si trova a presiedere pro tempore, che non è di sua proprietà, ed è il frutto della generosità di tanti: istituzioni pubbliche, privati, aziende, volontari che con denari, tempo dedicato, fantasia e passione hanno fatto della Città della Speranza quella che è. Ha ben ricordato Ivo Rossi la natura particolare di una Fondazione privata che amministra fondi largamente pubblici. Che ha avuto meritatamente dalle istituzioni pubbliche appoggi importanti, a cominciare dalla scelta lungimirante di Angelo Boschetti di donare alla Fondazione un terreno della Zona Industriale per edificare la torre della Ricerca. Tutti noi, donatori, volontari o semplicemente cittadini di Padova che con le loro tasse hanno contribuito al finanziamento della Città della Speranza, abbiamo il diritto di pretendere che la Fondazione non sia usata per finalità elettorali. Chi lo fa abusa del suo ruolo.

Ne approfitto anche per dire che può ben capitare che nella vita delle istituzioni, delle aziende, delle associazioni ad un certo punto diversità di opinioni portino a divorzi in sodalizi precedentemente solidi. Non ho il diritto di giudicare sulle ragioni della rottura tra il dott. Masello e Stefano Bellon. Ho però gli elementi per dire che senza Stefano Bellon la Città della Speranza non sarebbe quella che è: non solo una istituzione di ricerca, ma anche una bella realtà che è entrata nel cuore di tante persone, che l’hanno sentita come motivo d’orgoglio per il proprio territorio.

I divorzi capitano, ma i veri leader li sanno gestire con lungimiranza, usando parole di riconoscenza e di rispetto per chi molto ha dato, piuttosto che indispettite parole di rancore. Perché di imprenditori che amministrano risorse pubbliche con istinti padronali ne abbiamo avuto parecchi e quasi sempre alla lunga hanno avuto pessimo esito per le istituzioni che hanno governato. L’ultimo esempio è quello del Cavaliere del lavoro (?) Gianni Zonin.

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