L’Italia che include cresce

Pubblicato il 18 aprile 2017, da Veneto e Nordest

Segnalo questo editoriale di Gigi Copiello comparso sul dorso veneto del Corriere della Sera. perchè fa una lettura interessante e mette bene in luce che mentre noi ci preoccupiamo dell’autonomia del nulla, del “prima i veneti” e siamo protagonisti di scandali bancari che hanno gravemente impoverito il territorio da altre parti ci si occupa di più dei concreti fattori di sviluppo.

Gigi Copiello
Martedì 18 Aprile 2017 7:37

   Testuale: «Milano è in controtendenza rispetto all’Italia. Nell’ultimo biennio i giovani tra i 15 e i 34 anni sono aumentati del 4,8%». Ha ragione Gianfelice Rocca, presidente di Assolombarda: Milano è in controtendenza. «Non è un Paese per giovani» si dice dell’Italia, Milano invece lo è. A Milano, da alcuni anni, i giovani arrivano a decine di migliaia, da ogni parte dell’Italia e del mondo. Ci vengono per studiare, lavorare, intraprendere. E si fermano a Milano. Dove anche la popolazione totale è tornata a crescere. Non so a voi, ma a me la notizia comunica fiducia, speranza. Anche allegria: com’è naturale, parlando di ragazzi e di giovani. E lascia qualche pena. «Milano ha puntato sull’inclusione… E così ha messo la freccia», spiega Rocca. Mentre invece nel Veneto dell’ultimo biennio la parola più usata ed urlata è stata «invasione». E così, da noi, la freccia ha preso tutta un’altra direzione. Il Veneto e tutti i capoluoghi hanno perso popolazione, alla faccia dell’invasione. Il saldo migratorio, tra arrivi e partenze, è pari a zero, zerotre per la precisione e alla faccia dell’invasione. E i ragazzi son sempre meno: 4.000 studenti in meno, nel giro di tre anni, nella sola provincia di Vicenza. In meno, più vecchi, più soli: questa è la direzione del Veneto. Opposta e contraria a quella di Milano. «Prima i Veneti», adesso si dice. Ma la prima direzione che prendono tanti veneti del lavoro, delle professioni e dell’impresa è proprio Milano.

E c’è un’altra «lezione», nell’intervista di Rocca. «Aprire i campi di gara», lui chiede. Lo chiede al Governo nazionale. Lo può chiedere a qualsiasi governo. «Aprire i campi di gara»: quelli che manco c’erano negli appalti delle grandi opere, vinte in partenza. «Aprire i campi di gara»: chiusi dai CdA delle Popolari, contro ogni ipotesi di giocare in campo aperto, sul mercato delle Spa e della Borsa. Fino al tracollo. «Aprire i campi di gara», nei CdA di tante imprese, dove giocano solo i giocatori di famiglia, fino allo sfinimento. «Aprire i campi di gara», nei posti di lavoro dove non può valere solo l’anzianità e la fedeltà. «Aprire i campi di gara»: questa è l’ inclusione che trasforma i sudditi in cittadini, spiega Rocca. Un gioco che riguarda allora tutti, non solo chi è dentro per censo, per caso o per forza. Un gioco che coinvolge tutti. Ed allora e non a caso i primi che entrano in gioco sono i più giovani. Tutto si tiene, come si vede. A Milano. Dove di certo la vita non è facile e i problemi non sono poi diversi dai nostri. Ma, come si dice, dipende. Dipende dalle scelte, dalle direzioni che si prendono. In questo senso, le parole sono pietre. Se dici «invasione» tiri su muri: le scuole si svuotano assieme alle case, rimani da solo, sempre più vecchio e con meno speranze. Se dici «inclusione» apri le strade: nascono nuove piazze, arrivano i giovani, le attività crescono e anche la voglia di farcela. Dipende, appunto. Dipende da noi. Se andiamo a cercarci qualcuno che parli e faccia come il Gianfelice Rocca.

 

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1 commento

  1. Paolo
    19 aprile 2017

    Si prima i veneti negli ospedali e nelle case di riposo:il veneto futuro pieno di vecchi malati


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