Vincere per Padova, insieme si può

Pubblicato il 15 giugno 2017, da Realtà padovana

Tutto è andato bene. Come si doveva fare. Un rapido apparentamento tra Giordani e Lorenzoni. Senza estenuanti trattative, offrendo all’elettore uno spettacolo non edificante. Un apparentamento basato sulla fiducia, sulla voglia di fare, sul fatto che le diversità di sensibilità e di approccio se governate sono ricchezza. Presto e bene.

Il che non vuol dire aver vinto, anzi. Occorre sfruttare berne i giorni che ci separano dal 25. Per gli elettori di Bitonci poco cambia. Si tratta di ripeter il voto. Bitonci offrirà il solito menu: i comunisti ed i centri sociali, per nascondere il suo fallimento. Per noi è diverso. Bisogna unificare i due elettorati, possono esserci perplessità sul fronte destro e su quello sinistro. Occorre offrire buoni argomenti, appellandosi alla ragione ma anche alla passione ed al sentimento.

Ne ha offerti di ottimi Ivo Rossi in un intervento sul suo blog. http://www.ivorossi.it/sito-nuovo/la-citta/344-la-citta-con-giordani-e-lorenzoni-per-camminare-nel-futuro-2

Di altrettanto validi Giorgio Sbrissa sul Mattino di oggi: “Senza scomodare il motto del Bo sulla libertà universale garantita a tutti, la nuova Coalizione civica G&L vuole significare l’apertura. Culturale prima di tutto. Magari al posto di quattro ossa preistoriche (finte) Padova accoglierà cultura vera, rassegne musicali, figurative, letterarie non solo di massa ma anche di avanguardia, non solo allineate ma anche scomode. Significa aprire le strade, i palazzi e le piazze. Significa cogliere le diversità che arricchiscono, perché hanno inediti punti di vista. Significa ascoltare i cittadini, ma non uno alla volta come il questuante che si presenta a chiedere l’aiuto e il sostegno del potente, ma assemblee di cittadini che si rivolgono ai loro rappresentanti investendoli come soggetti portatori di interessi collettivi”.

Siccome repetita juvant e così anche faccio meno fatica riporto sulla stessa linea ciò che avevo scritto il 7 giugno

Una linea di frattura chiara tra i due principali poli di attrazione elettorale. Da un lato Bitonci con il servaggio dei superstiti di Forza Italia e qualche camerata, dall’altra l’asse Giordani/Lorenzoni. Il M5S salvo sorprese non pare a Padova all’altezza della dimensione elettorale delle politiche.

La linea di frattura è culturale e valoriale: chiusura contro apertura. Bitonci profeta di chiusura. La chiusura come orizzonte, che si alimenta dalla accurata coltivazione di ogni paura. Chiusura verso ogni diversità. Di opinione, perché gli avversari politici diventano nemici da “perseguitare” con le offese personali, con le querele a spese dei cittadini, con l’esclusione di ogni rapporto con l’amministrazione. Diversità culturali, da combattere con divieti anticostituzionali, negando le sale pubbliche, ecc. Diversità di religione, ci possiamo ricordare il pietoso annuncio della distribuzione dei crocefissi nelle scuole. Diversità di pelle naturalmente, con la propaganda del “prima i padovani” che ha finito per danneggiare comunque gli italiani, i padovani trasferiti nella prima cintura, ecc. creando un clima ansiogeno nella città ed impedendo ogni soluzione perché è nei problemi irrisolti che cerca i voti. Non il benessere dei cittadini ma la paura come alimentazione di voto. Soprattutto: chiusura al futuro, proponendo una città autosufficiente, chiusa dentro mura fisiche e psicologiche, incapace di vincere la sfida con la modernità.

L’asse Giordani/Lorenzoni può avere naturalmente sensibilità e proposte articolate ma culturalmente sta dalla stessa parte, quella di una visione aperta al futuro. Accogliente verso chi vuole investire la propria vita a Padova migliorandola e perciò rendendo attrattiva la città economicamente e socialmente. In cui la bellezza, la qualità dell’ambiente, l’apertura agli stimoli culturali gli consente di essere una città capace di coltivare ed attrarre talenti, perché questo è il futuro delle città che solo così possono creare ricchezza e offrire benessere ai propri cittadini.

Una visione che sa che in mondo globalizzato possono nascere tante paure, per le quali l’unico vero rimedio è rafforzare i legami comunitari, non lasciare solo nessuno; la vera difesa dalle paure è la ricchezza di relazioni che si vivono fisicamente nel territorio, che mette insieme anche culture diverse, relazioni tra persone che non possono essere sostituite dall’impersonalità della Rete, sfogatoio di rancori e comunque manipolata o dalla distorta finestra sul mondo offerta dalle trasmissioni ansiogene di tv in crisi di ascolti.

Apertura al futuro perciò, per una città luogo di libertà e di compimento della propria vita, che può avere a disposizione nuovi strumenti tecnologici che consentono forme inedite di partecipazione, di cittadinanza, di utilizzo dei beni comuni. In cui la parola solidarietà si può accompagnare alla parola responsabilità, rispetto dei beni comuni. In cui l’Amministrazione Comunale susciti nei cittadini la coltivazione di queste virtù civiche, offrendo strumenti, sostegni, dando valore ai cittadini che si auto organizzano. Capacità di innovare, nel campo economico, ma anche in quello sociale e politico, innovando formule, alleanze per il progresso, sperimentazioni capaci di avviare processi inediti

Del resto sempre la storia migliore di Padova si è accompagnata ad una idea di generosa apertura. Quando Sant’Antonio, profugo dai confini dell’Europa, predicava pace e capacità di superare le discordie cittadini, a quando nei secoli della rivoluzione scientifica Padova era capitale in Europa per la libertà e la produttività della ricerca scientifica. Anche nel campo politico, con la formazione negli anni ’60 di uno die primi governi locali di centro sinistra o l’anticipazione dell’Ulivo, con la prima giunta capoluogo capace di tenere insieme DC e PDS, evitando che Padova facesse la fine di altre città venete a trazione forza leghista.

Padova città murata. Ma le mura erano fatte per preservare la libertà che la città sapeva offrire secondo il vecchio detto medievale “l’area della città vi farà liberi”. Le mura sapevano anche essere accoglienti per la città di fuori nei momenti di pericolo. E le mura avevano sempre le porte che potevano spalancarsi al mondo esterno.

Sulle vecchie mura medievali alla Porta delle Torricelle i reggitori comunali vollero nel 1210 che ci fosse una lapide a ricordare l’opera. La dettò un intellettuale del tempo, Giovanni Valdetaro, che così volle che fosse scritto: “Se volte essere sicuri dal nemico di fuori la pace vi cinga al di dentro con un messaggio d’amore” Aggiungendo, pensando che neppure ai padovani di quel tempo piacevano gli sprechi nelle opere pubbliche “affinché dunque le spese del muro non siano sprecate date retta al consiglio”.

Straordinario progetto politico: le mura fisiche non servono a nulla se non c’è la capacità di costruire comunità. Impresa su cui Bitonci ha chiaramente fallito.

Il 25 giugno possiamo tornare al futuro. Con il nostro voto!

  • Facebook
  • Twitter
  • LinkedIn
  • RSS
  • Pinterest
  • Add to favorites
  • Print
  • Email

1 commento

  1. Antonio
    21 giugno 2017

    D ‘accordo su tutto. Meglio era però fare le primarie prima e puntare da subito sul cavallo migliore che non è difficile capire quale sia. Saluti. Antonio Busato


Scrivi un commento