Diario di un perplesso 2

Pubblicato il 7 luglio 2017, da Pd e dintorni

C’è stata la direzione nazionale del PD. Bene. Si è deciso di non trasmetterla in streaming. Credo sia una decisione saggia. Perché la politica non può essere solo un teatro permanente, uno spettacolo in diretta. Occorrono anche momenti di approfondimento e di confronto che non si pieghino alle esigenze di una comunicazione in diretta.

Del resto chi aveva promesso lo streaming permanente, la trasparenza assoluta, ha presto ripiegato sulla riservatezza assoluta. Sono bastate un paio di occasioni per far capire a Grillo che lo streaming offriva prevalentemente uno spettacolo di improvvisazione, divisioni, fratture. Come spesso succede in Italia da un estremo all’altro: dallo streaming all’opacità sui processi decisionali.

Niente streaming, ma se uno volesse capire quale è stata la sostanza del dibattito politico della direzione come fa? Si affida ai pettegolezzi sui quotidiani. Perché sul sito ufficiale del PD salvo errori (perché è piuttosto complicato per voler essere “moderno”) si trova un bellissimo annuncio sulla piattaforma BOB: “Una porta aperta a tutti. Un ecosistema digitale unico, inclusivo, collaborativo. Per essere protagonista della storia”.

Se uno più modestamente volesse sapere come è andata la direzione non trova nulla. Dai quotidiani sappiamo che è stata approvata la relazione del Segretario. Ormai da molti anni tutto si riduce a questo. Capisco che siano superati i tempi in cui il dibattito degli organi dei partiti si concludevano con documenti articolati. Pieni di premesse del tipo visto, considerato, tenuto conto, richiamato, ecc. e poi una parte dispositiva che magari approvava la relazione del segretario ma poi precisava “Si invita il Segretario a” e giù una sfilza di punti programmatici. Robe un po’ barocche, spesso anche un po’ ipocrite, ma era un modo per sottolineare l’importanza delle parole come parole che impegnavano. A far crescere una consapevolezza collettiva sui processi politici. Ad impegnare il Segretario su un progetto, a trasmettere ai territori una serie di impegni per il lavoro politico.

Noi sappiamo solo che la Direzione ha approvato la relazione del segretario. Ma la relazione del segretario non si trova da nessuna parte. E quindi non sappiamo cosa sia stato approvato, a parte qualche Twitter o qualche sottolineatura dei media.

L’opposizione interna poi, come è tradizione da molto tempo risolve la questione non partecipando al voto. Così si può dire che la relazione è stata approvata all’unanimità…Ma che posizione è mai questa? Non si approva la relazione in una forma un po’ ipocrita, ma non si indica una alternativa. Non va bene quello che ha detto Renzi, ma non resta agli atti del dibattito una posizione alternativa tradotta in una proposta di documento politico.

Cose secondarie? Non credo, la democrazia dei partiti muore anche per questo, lasciando il posto alla pseudo democrazia delle fake news, delle improvvisazioni e delle strizzate d’occhio ai populismi di ogni tipo. Ad esempio dire “io non parlo delle alleanze, io parlo di cose concrete” di fatto richiama il famoso motto del fascismo “qui non si fa politica”. Ma per trasferire le “cose concrete” dal regno delle enunciazioni a quello dei fatti occorre avere della maggioranza politiche e parlamentari. E occorre lavorare per costruirle, ed è un lavoro fatto di elaborazioni culturali, relazioni umane, costruzione di rapporti di fiducia. Tutte cose che non si vendono nell’immediato, ma senza le quali i Governi non reggono e non possono agire.

Per questo resto perplesso. Cosa di nessuna importanza se fossi uno dei pochi perplessi. È che parlando con la gente riscontro un numero considerevole di persone che nel PD di Renzi avevano creduto che ora si mettono tra i perplessi, non trovano più in Renzi il narratore credibile di un futuro appassionante. Forse frequento cattive compagnie.

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1 commento

  1. Giuliano Bastianello
    7 luglio 2017

    Non mi stupirei più di tanto. Se si è arrivati a questo punto è SOLO perché si è affidato ( si è voluto affidare) ad una SOLA persona il destino di un partito nato per volontà di una dirigenza che non s’ è degnata di consultare la base. Il PD delle origini era ripartito tra un 25% ( esagerando) di ex popolari ed un 75% del vecchio PCI/PDS. Oggi la componente democristiana , molto più astuta e spregiudicata degli ex compagni, s’è presa il partito e , molto doroteanamente, pensa una cosa, ne racconta un’altra al popolo e ne fa una diversa.
    Nessuno , degli ex margherita può lamentarsi di M Renzi che ha compiuto la sua missione.
    Per stare al potere (governare) non è indispensabile avere troppo consenso, Basta il necessario e perciò è funzionale espellere o allontanare chi non è d’accordo.
    Renzi sa che qualunque governo “di sinistra” lo coinvolgerà, giocoforza. Sa anche che può mettersi a disposizione del cdx.

    Complimenti a quelli che gli hanno dato, e gli danno fiducia, soprattutto se si dichiarano ( loro) di sinistra.
    Amen


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