La regola del contrappasso

Pubblicato il 11 luglio 2017, da Pd e dintorni

Il mondo dei media italiani è abbastanza singolare. Si va un po’ ad ondate di simpatia o antipatia nei rapporti con la politica.

Si decide che è il tempo di un leader nuovo. Qualsiasi cosa costui faccia per la grande stampa di opinione (diciamo Corriere e Repubblica, che da soli fanno una bella quota della diffusione della stampa quotidiana) viene glorificata. Così è successo a Renzi. Ogni battuta era innalzata a pensiero politico, ogni annuncio godeva del favore della comunicazione. Non parliamo della condivisione popolare e di raffinati commentatori del termine rottamazione. Il buono era con lui, il male con i suoi nemici (interni ed esterni).

Anche Maria Elena Boschi godeva di questa illuminazione divina. Una sua osservazione di buon senso, accompagnata da un luminoso sorriso, veniva assurta ad esercizio di una coraggiosa leadership. Cosa non nuova. Ricordo una intera paginata di Repubblica dedicata a Massimo D’Alema, neo Presidente del Consiglio, contornato dai suoi Lothar (Minniti, Rondolino, La Torre), mentre giocava ad un solitario sul computer, e siccome vinceva diventava l’immagine del leader vincente. Mah. E chi si ricorda più di Antonio Di Pietro? Eppure per un bel pezzo per i grandi media era un oracolo quotidiano, la palese ignoranza della lingua italiana un simpatico vezzo. Poi basta.

Poi il vento cambia, ad esempio si perde una battaglia politica come il referendum e succede esattamente l’opposto. Ora qualsiasi cosa Renzi faccia o dica per la grande stampa è comunque sbagliata.

Gli capita di anticipare una pagina del suo libro in cui dice ciò che dovrebbe essere una ovvietà. Che l’Africa salva il proprio futuro non accettando migrazioni bibliche, in cui le forze più giovani e dinamiche se ne vanno, ma avviando un processo di sviluppo. Senza pace non c’è sviluppo, con la corruzione non c’è sviluppo. Questo dovrebbe essere il compito dell’Europa, l’interesse dell’Europa. L’aiuto vero che può dare l’Europa è aiutare l’Africa a costruirsi il futuro. E se non si è ipocriti c’è una sostenibilità sociale oltre la quale è pericoloso andare. Chi non vive separato dal paese reale sente crescere una intolleranza, una chiusura ed un rancore che non può essere sottovalutato. Se perfino uno come Bill Gates che sta investendo una parte del suo sterminato patrimonio in azioni di sviluppo in Africa sostiene che la politica dell’accoglienza senza futuro può essere sbagliata vuol dire che occorre pensarci.

Se nulla cambia, se l’Europa non farà nulla di concreto arriverà il momento in cui l’Italia non sarà più in grado di accogliere. Non è questione di soldi o di impossibilità fisica. È questione di sostenibilità sociale e psicologica, perché le persone da qualche parte vanno messe e soprattutto non si può immaginare che sia accoglienza tenere delle persone senza essere in grado di offrire loro un futuro. Questo non giustifica la predicazione dell’odio e della xenofobia che in Italia fa la Lega (e M5S?) e in giro per l’Europa fanno molti altri, ma richiede uno sguardo veritiero sulla questione.

Sollevare la questione è perciò necessario. Magari un paio di anni fa i media avrebbero lodato il coraggio di un giovane leader che invita l’Europa a cambiare l’agenda, ad assumere le responsabilità che questo momento storico le assegna. Oggi è l’occasione ulteriore di sminuire e screditare l’immagine di Renzi.

I tanto disprezzati partiti anche a questo dovrebbero servire, a dare più solidità ai processi di formazione dell’opinione pubblica. Renzi si è affidato totalmente alla leggerezza della comunicazione in rete, al vento favorevole nelle vele. E adesso che non c’è? Paga il conto per la feroce regola del contrappasso

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