Il Referendum di Zaia: altro che Sì “critico”. Il Pd sveli l’imbroglio

Pubblicato il 12 settembre 2017, da Veneto e Nordest

VeneziePost, 11 settembre 2017

Nella marcia verso il referendum veneto del 22 ottobre qualcosa sta succedendo. Il Segretario del PD Matteo Renzi, di fatto sconfessando la dirigenza veneta del suo partito, intervenendo a Padova ha detto che il referendum è del tutto inutile. Giudizio politico naturalmente. Però se ne è aggiunto uno tecnico. Perché il TAR, nel respingere (per la verità con motivazioni formali discutibili) un ricorso presentato da due cittadini sullo svolgimento del referendum, ha tuttavia ricordato che il referendum non avrà alcun effetto vincolante. Cosa ovvia ma che all’opinione pubblica non appare molto ovvia.

Ma se una cosa è inutile ha senso il Sì critico annunciato dal PD veneto? Non sarebbe il caso che il maggior partito di opposizione rivedesse la propria posizione? Che si comprende perché c’è anche nel PD veneto una forte tradizione autonomista, e tuttavia il compito della dirigenza politica dovrebbe essere anche quello di orientare l’opinione pubblica, svelando l’imbroglio politico sottinteso dal referendum.

Penso di non sbagliare pensando che la maggior parte dei veneti che andranno a votare e voteranno sì lo faranno pensando che per questa via il Veneto otterrà che più soldi restino sul territorio e che il Veneto diventi più o meno una Regione a statuto speciale. E qui sta l’imbroglio perché questi due quesiti erano contenuti nella legge regionale (“vuoi che la Regione mantenga almeno l’ottanta per cento dei tributi riscossi nel territorio regionale?” e “vuoi che la Regione del Veneto diventi una regione a statuto speciale?”) e sono stati bocciati dalla Corte Costituzionale.

Perciò qualsiasi sia l’esito del referendum ciò che il Veneto potrà ottenere è quello contenuto nell’articolo 116 della Costituzione, ottenendo ulteriori e particolari forme di autonomia in una serie di materie certamente importanti. Colpevole il Veneto di non aver ancora avviata la trattativa con lo Stato.

Accertata la inutilità istituzionale resta naturalmente una utilità politica. Per chi il referendum l’ha promosso, cioè Luca Zaia. Perché se il referendum raggiungerà il quorum (non è in discussione la vittoria del Sì) l’uso politico che verrà fatto sarà per una legittimazione di una impostazione di tipo sovranista, antieuropea, conflittuale per principio con lo Stato. In cui poi Zaia resterà prigioniero del risultato, perché non potendo ottenere ciò che ha promesso perché non consentito dalla Costituzione dovrà alzare il tono del conflitto, rievocando prospettive secessionistiche. Come insegna la vicenda della Brexit ed anche quella della Catalogna si sa come si inizia ma non si sa dove si va a finire.

Lo scenario che si presenterà non sarà quello auspicato forse dalla dirigenza del PD veneto di una leale cooperazione tra tutte le forze politiche venete per una leale trattativa con il Governo centrale, ma quello di un conflitto radicale con lo Stato (e per il momento con il proprio Governo) con cui il PD non c’entrerebbe nulla (e vorrei dire non c’entrerebbe nulla anche Forza Italia). Un assaggio di quali sarebbero i rapporti è costituito chiaramente dallo spregiudicato tentativo di Zaia di proclamare la Repubblica autonoma libera dai vaccini, tentativo abortito per insostenibilità politica e tecnica.

E’ per me singolare che la maggiore forza di opposizione assicuri un Sì critico ad una iniziativa che nulla ha a che fare con il raggiungimento di una maggiore autonomia dei nostri territori. Che nulla ha a che fare anche con la visione autonomista che ha sempre animato il fronte progressista veneto, la visione di un federalismo solidale, che nella competizione è interessato ad ammodernare tutto il paese, che vede un ostacolo alla competizione nell’eccesso di un centralismo regionale che mortifica il sistema delle autonomie locali, che pensa ad una società aperta e non chiusa in un localismo asfittico, per un territorio che basa la sua ricchezza sulla sua capacità esportativa.

Vi è il rischio che inconsapevolmente il Sì critico diventi un Sì pavido, di chi rinuncia a presentare agli elettori la propria visione del Veneto. Dopo la corruzione e l’incapacità gestionale emerse con le vicende del Mose, la dilapidazione del risparmio di cittadini ed imprese ad opera di banche venete, i ritardi intollerabili nella realizzazione di opere pubbliche strategiche per carenze della Regione, sarebbe ora di uscire da un racconto mitologico in cui tutti i problemi del Veneto derivano dallo Stato centrale. Ci sono eccellenze e si sono manifestati enormi ritardi ed un grave corrompimento della società civile. Ci sono cose più importanti nell’agenda dei veneti su cui la Regione dovrebbe svolgere un ruolo centrale: formazione delle giovani generazioni, ricerca e innovazione, mobilità più efficiente, maggiore efficienza nei servizi pubblici locali, ecc. Cose che ci ha ricordato con molto buon senso Matteo Marzotto e tutti fattori di sviluppo che i rapporti della Fondazione Nord Est hanno in questi anni ben evidenziato. Forse per questo si assiste nel disinteresse al suo smantellamento. Più comodo cullarsi nella mitologia.

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5 commenti

  1. Massimino Zaninello
    12 settembre 2017

    Carissimo Pier Paolo Baretta,
    concordo pienamente con le tue tesi e i principi ispiratori su cui si fonda l’obiettivo della LEGA nel costruire attorno a questo fasullo referendum un consenso popolare anti Europa e disfattista sull’operato del Governo.


  2. Walter
    13 settembre 2017

    ….quindi, si vota NO!


  3. Sandro Moro
    13 settembre 2017

    Giusto! Bisogna spiegare che Zaia usa 13 milioni di tutti i Veneti per un referendum farlocco che serve solo a lui. Alla giusta denuncia, perché non riprendere proposte davvero serie, come quella dell’accorpamento delle regioni (il Triveneto avrebbe un gran senso geopolitico) rivedendo nel contempo statuti speciali diventati privilegi anacronistici?


  4. Paolo
    13 settembre 2017

    penso che la posizione più giusta ed utile sia non partecipare al voto. Io sarei per procedere all’accorpamento delle regioni, anche se ne comprendo tutte le difficoltà politiche


  5. annamariaBeccaris
    21 settembre 2017

    una diversa organizzazione del territorio penso che preveda una modifica della Costituzione, che può solo venire da una proposta parlamentare e relativa consultazione referendaria: le due sole risposte possibili ad un referendum inutile sono l’astensione o il no, nessuno sarebbe in grado di identificare il sì critico all’interno delle urne, che non è solo pavido, ma stupido, perché non potrebbe essere rivendicato in caso di vittoria.


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