Leggi elettorali e mancanza di memoria

Pubblicato il 31 ottobre 2017, da Politica Italiana

“Democrazie senza memoria” ha intitolato Luciano Violante un suo bel saggio pubblicato da poco da Laterza, di cui consiglio vivamente la lettura.

In effetti mi colpisce molto la mancanza di memoria nel dibattito pubblico: tutto viene rapidamente archiviato ed il passato anche recente non conta molto nella formazione delle opinioni pubbliche, piuttosto orientate sulla sempre cangiante opinione emotiva del presente.

Sarà perché mi sono politicamente formato in una epoca in cui al contrario il difetto poteva essere opposto: opinioni che erano pesantemente influenzate da convinzioni che affondavano con radici profonde nel passato. Del resto abbiamo visto che anche negli anni ’90 Berlusconi è riuscito a smerciare con successo la merce dell’anticomunismo con il comunismo sepolto in pressoché tutto il mondo.

Si critica molto la legge elettorale uscita dalle Camere. Al di là del metodo, legittimo ma secondo me evitabile, è criticabile il contenuto? Sì, perché non esiste una legge elettorale perfetta, tanto più se le leggi elettorali cambiano con troppa frequenza e risentono troppo delle condizioni politiche del momento. Perché ognuno ne guarda i vantaggi immediati per sé piuttosto che la soluzione sistemica che faccia bene alla democrazia. E bisogna anche dire che sono vent’anni che ci si illude che sia la legge elettorale a formare maggioranze politiche parlamentari che non ci sono nel paese, attraverso anche smodati premi di maggioranza. Alla legge elettorale si può chiedere di aiutare la stabilità dei governi purché non troppo a scapito della rappresentanza, ma non si può chiedergli di risolvere i problemi politici.

Fatto sta che questa è la legge che si è dimostrata possibile, capace di avere una maggioranza parlamentare. Anzi, è stata la legge elettorale approvata con la maggioranza più larga in tutta la storia repubblicana, a dimostrazione che anche nel passato i problemi c’erano eccome. Il confronto non può essere fatto in astratto ma nella concretezza della situazione. Se non c’era questa legge l’unica soluzione era quella molto peggiore di votare con leggi elettorali non votate dal Parlamento ma fatte dalla Corte Costituzionale e con metodi profondamente diversi tra Camera e Senato.

Qui entra in campo la mancanza di memoria. Perché questa faticata legge elettorale è figlia di ciò che è successo nel recente passato. La rottura del patto per la riforma costituzionale con il ritiro di Berlusconi (causato dalla scelta di Mattarella Presidente della Repubblica), la personalizzazione del referendum costituzionale, la sconfitta che ha portato con sé anche la caduta dell’Italicum, che era migliore della attuale soluzione e di cui in un quadro politico/istituzionale diverso potevano essere corrette le censure della Corte.

Abbiamo dimenticato quelli (D’Alema in testa) che dicevano che non ci sarebbe stato nessun problema a respingere la riforma perché tanto in tre mesi se ne sarebbe fatta un’altra migliore approvata a larghissima maggioranza? Pronta, cotta e mangiata. Naturalmente non è successo nulla di tutto questo, era un espediente propagandistico e al contrario si è avviata una ulteriore frammentazione del sistema politico, abbandonando ogni ambizione riformatrice.

I difetti: la legge porta ad una forte distorsione del voto senza garantire la governabilità. Il paese è già diviso e rischia di esserlo ancora di più. Come abbiamo visto dalle simulazioni di voto nella parte maggioritaria rischiamo di avere un Nord rappresentato esclusivamente dalla destra, un centro prevalentemente dal PD (speriamo) ed un Sud forse dai 5 stelle. Nella parte proporzionale, pur con collegi più piccoli mancando il voto di preferenza ci sarà una scelta fatta dai vertici politici. Con partito deboli e di stampo leaderistico può portare ad un’altra distorsione del voto in senso maggioritario all’interno dei partiti: il leader fa quel che vuole. Che sia Renzi, Berlusconi, Grillo o Salvini la musica è la stessa.

E allora? E allora bisogna correggere i difetti con la buona politica. Con un serio sforzo di costruire attorno al PD una coalizione allargata al centro e alla sinistra, perché non si sono alternative a questa soluzione, né per il PD ma neppure con chi sta alla sinistra del PD, con delle scelte delle rappresentanze parlamentari che puntino molto più della volta scorsa alle competenze, alle rappresentatività territoriali, all’autorevolezza delle personalità. Con la fedeltà si contenta qualche amico ma non si raccolgono voti e non si recupera credibilità.

 

 

  • Facebook
  • Twitter
  • LinkedIn
  • RSS
  • Pinterest
  • Add to favorites
  • Print
  • Email

Tags: , , ,

2 commenti

  1. pierluigi petrini
    31 ottobre 2017

    Caro Paolo, proprio in nome di quella memoria di cui giustamente lamenti la labilità vorrei fare alcune puntualizzazioni. il primo strappo al nostro tessuto istituzionale lo portò Berlusconi approvando in limine mortis della legislatura la famosa porcata calderoliana. Tu ed io ci opponemmo invano. Cambiare a colpi di maggioranza la legge elettorale alla vigilia delle elezioni non è accettabile in quanto inevitabilmente i calcoli di convenienza prevalgono sulla buona ingegneria elettorale. Ricordo che guardai con favore a una proposta di riforma costituzionale del collega Passigli volta ad impedire che novelle legislative in tema elettorale fossero immediatamente vigenti dovendo essere confermate dal successivo Parlamento. Ma con ogni evidenza non si è fatto tesoro di quelle esperienze, anzi, è doveroso ricordare (sempre in tema di memoria da custodire) che sul porcellum hanno prosperato maggioranze di destra e di sinistra. Tu oggi ti appelli alla necessità di armonizzare le leggi uscite dalle sentenze della Corte, ma sembri dimenticare che all’origina del caos c’è la follia legislativa di chi, sordo a ogni monito, ha imposto una legge elettorale inapplicabile alle vigenti istituzioni nella presunzione di adattarle alla legge con una successiva riforma. Pura follia, pura demagogia, incultura istituzionale e giuridica che da sola dovrebbe squalificare a vita l’autore dall’azione politica. Quanto a D’Alema non ha detto che si sarebbe fatta una nuova riforma costituzionale bensì che si si sarebbe potuta fare secondo buon senso (che come tu denunci è evidentemente mancato) una semplice riforma sulla base di tre principi. Primo: è ridotto il numero complessivo dei parlamentari. Duecento deputati e cento senatori in meno. Secondo: il rapporto fiduciario del governo è solo con la Camera dei deputati (fine del bicameralismo perfetto). Terzo: nel caso in cui il Senato o la Camera apportino delle modifiche ad un testo di legge, tali modifiche vengono esaminate entro un tempo limitato da una apposita commissione, costituita dai parlamentari dei due rami. Se l’intesa non c’è, passa il testo prevalente, che viene sottoposto al voto delle due Camere, con sbarramento ad ulteriori emendamenti. (Fine della navetta). Ricordatene semmai, novello Diogene alla luce della tua fioca lanterna, dovessi trovare quella buona politica che invochi a soluzione dell’odierno caos.
    P.S. Se vi fosse memoria del passato sarebbe anche evidente che la rottamazione di persone come te (o come noi, bendo alla modestia) ha drammaticamente ridotto il livello qualitativo della classe politica.


  2. Paolo
    1 novembre 2017

    Caro Pierluigi, grazie delle precisazioni. Sulla qualità non so, siamo parti in causa. Certo è che ho letto i resoconti del dibattito sulla legge elettorale al Senato. A parte un po’ di turpiloquio e un italiano approssimativo in alcuni casi, mi ha colpito una troppo diffusa povertà di argomentazioni. Uno legge gli atti della Costituente e poi gli atti parlamentari odierni e se ne esce un poco sconfortato. Anche allora non sempre la qualità era eccelsa ma punte di eccellenza erano diffuse


Scrivi un commento