Oggi con Zaia come ieri con Zonin, se la borghesia abdica ai suoi doveri

Pubblicato il 3 novembre 2017, da Veneto e Nordest

venezie post 2 novembre 2017

L’editoriale di Filiberto Zovico su una possibile distorsione degli esiti referendari verso prospettive secessionistiche è un editoriale coraggioso. Perché va oltre i luoghi comuni e le convenzioni di maniera. Obbligandoci a considerare aspetti scomodi. L’esito secessionistico lo possiamo considerare improbabile, ma non sarebbe incoerente con le premesse. Dipenderà anche da come la cosiddetta società civile vorrà assumersi le responsabilità che le competono. Non si deve pensare che ciò che sta succedendo in Catalogna non possa succedere altrove. Succede quando la politica pensa di usare le parole con disinvoltura, suscitare passioni e promettere come cose possibili cose impossibili, di cui si diventa prigionieri. E larghi settori dell’opinione pubblica preferiscono rosee narrazioni in cui i propri problemi dipendono dalla cattiva volontà degli altri.
Certo faccio fatica a vedere il prof. Mario Bertolissi come il consigliere del Principe che teorizza la secessione, ma il fatto sta che quando si propone di tenersi i 9/10 del surplus fiscale si teorizza una secessione per via fiscale, perché dovrebbe essere chiaro a chi intenda misurarsi con la realtà che se tutte le regioni donatrici alla solidarietà nazionale pretendessero lo stesso trattamento (e non si vede perché non dovessero pretenderlo se lo ottenesse il Veneto) lo Stato italiano semplicemente fallirebbe, e trascinerebbe nel fallimento i patrimoni di famiglie ed imprese.E la Catalogna sta facendo la fine che vediamo quando leader imprevidenti hanno incominciato a pensare che la Costituzione si riduce ad una convenzione denunciabile unilateralmente, con procedure incostituzionali.
Paradossi, ma quando si usano parole con leggerezza si innescano processi sociali i cui esiti si tende a non prevedere. E ha ragione Zovico a sottolineare le responsabilità della borghesia produttiva ed intellettuale. Pensiamo ad esempio che sia bene che il Veneto scelga la strada dell’isolamento, allontanandosi dal tavolo comune con Lombardia ed Emilia? Cioè allontanarsi da quella parte del paese che più contribuisce con il Veneto a presidiare la frontiera dell’innovazione e della internazionalizzazione e a cui avremmo interesse ad essere alleati per l’ammodernamento del paese? Non ci interroghiamo sul fatto (ne ha scritto molto bene Gigi Copiello) che le aree più dinamiche del Nord, anche nel Veneto, si sono dimostrate poco interessate ad una interpretazione isolazionistica dell’autonomia?
Attenzione. Concentrarsi sulla questione degli “schei” con questa presunzione un po’ superficiale che talvolta ritorna nel nostro pensare di essere più furbi degli altri ci può portare proprio fuori strada.
È successo con le banche. Ricordo bene quando il cavaliere del lavoro Zonin era considerato con largo consenso, pari certamente a quello raggiunto da Zaia, un banchiere di successo, un manager eccellente. Indiscutibilmente. Accontentandosi il potere politico amministrativo di vedere finanziate attività certamente meritevoli sul piano culturale e sociale ma poco vigilando sulle attività della banca. E larga parte del mondo imprenditoriale poco si è interrogato su come fosse possibile un aumento esponenziale del valore azionario della banca, non suffragato da dati oggettivi o dal vaglio severo del mercato, accontentandosi di incassare pingui dividendi e crediti agevolati, se si era nell’entourage giusto. Abdicando ai propri doveri sociali, a quella responsabilità civile cui la borghesia produttiva dovrebbe essere chiamata, avendo mezzi e competenze per capire.
Poi ci siamo dovuti svegliare. Tardi e con grandi danni. Per le imprese ed i risparmiatori. È dovuta intervenire la solidarietà nazionale, che ora non ci sembra così importante.
Potrebbe anche succedere che ci svegliamo tardi e male anche nella vicenda dell’autonomia. Con altre regioni che portano a casa risultati ed il Veneto isolato e solo, fermo alla richiesta di cose impossibili. Di cui si diventa prigionieri, esattamente come è successo ad un poco previdente ceto politico catalano, del cui spessore morale possiamo renderci conto con la fuga all’estero del suo leader.
Qui siamo in tempo per ragionare bene. Bisogna volerlo però. Per ottenere le cose giuste, ma pensando che il bene del Veneto si realizza dentro il bene dell’Italia. Che ci deve stare a cuore nello stesso modo.

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2 commenti

  1. Carlo
    3 novembre 2017

    Il fenomeno è stato descritto con accuratezza da Antonio Gramsci e riguardava le classi dirigenti.
    Gramsci parlava di “sovversivismo” delle classi dirigenti, descrivendone i limiti e l’inconcludenza, che spesso favorisce o innesca fenomeni eversivi. Sono passati quasi cento anni da quegli scritti ma il fenomeno è ancora riscontrabile.


  2. trivellato Gianni
    3 novembre 2017

    …complimenti, un articolo che come sempre affronta con chiarezza la realta’ contemporanea e altrettanta chiarezza spiega cosa sia giusto e cosa sia sbagliato.


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