C’è scuola e squola

Pubblicato il 6 febbraio 2018, da Politica Italiana

È sempre sbagliato generalizzare. E come capita spesso generalizzare per vedere solo le cose che non vanno, gli eventi negativi. Ce lo insegnano due eventi recenti che hanno interessato il mondo della scuola.

Da un lato una maestra ignorante. Non conosce le regole elementari della lingua italiana, l’uso della c e della q, le doppie, ecc. Licenziata dopo un lungo iter di contestazioni infruttuose. Sì, perché la signora maestra invece di colmare le sue lacune, in fondo non è che debba insegnare fisica nucleare all’università e con poco si sarebbe rimessa in pari, considerava un suo diritto acquisito prendere il suo mensile, indipendentemente dal dovere di dare ai ragazzi ciò per cui era pagata, la conoscenza corretta della lingua italiana tra le altre cose.

Poi c’è Franca Di Blasio. La professoressa sfregiata da un ragazzo per averlo voluto interrogare. Che si interroga angosciata non su sé stessa, sulla cicatrice che porterà sul viso per tutta la vita ma sul perché il ragazzo si sia comportato così. Pronuncia queste sconfortate parole: “Purtroppo qualcosa non ha funzionato. Avrò commesso un errore, non so. Mi sento di aver fallito. Il mio pensiero va sempre e soltanto a quel ragazzo A Roberto, voglio comunque bene. Anche se si è comportato così, continuo a volergli bene” E alla sorella anche lei insegnante dice “Mi raccomando il ragazzo, accertati che non gli facciano del male”.

Pres. Gentiloni incontra Franca Di Blasio, la professoressa aggredita dal suo studente a Caserta – T. BARCHIELLI ( t.barchielli@palazzochigi.it )

Sono due esempi diversi. Il problema politico è che poi nella scuola rischiano di essere trattati nello stesso modo. L’insegnante infingarda, e di esempi ce ne sono molti, come quell’insegnante di una scuola padovana che faceva un paio di giorni di lezione nell’anno scolastico, per poi assentarsi per tutto il resto dell’anno con vari espedienti, dedicandosi all’esercizio della professione privata. La professoressa Di Blasio, e quanti ce ne sono di insegnanti che considerano una missione la propria attività e suppliscono con l’iniziativa personale alle carenze generali dell’istituzione scolastica. Vengono trattate in modo eguale e quando si è introdotto nell’ordinamento qualche criterio di valutazione e di premialità dei migliori c’è stata la sollevazione di una parte del mondo della scuola.

A me piace l’esempio luminoso della professoressa Di Biasio, e bene ha fatto il Premier Gentiloni a riceverla, esprimendole la riconoscenza dello Stato. Penso anche quale canea si sarebbe scatenata, dai leader della destra fino ai bassifondi dei social, se a sfregiare l’insegnante fosse stato un ragazzo di colore. O se a sparare a Macerata magari fosse stato un nigeriano, magari di quelli che qualche motivo di risentimento possono avercelo, trattati come schiavi nei campi di raccolta dei pomodori, sfruttati da italianissimi negrieri.

C’è l’Italia migliore in cui dobbiamo aver fiducia. Poi c’è un’Italia piena di rancori e frustrazioni, sostanzialmente razzista per trovare qualcuno in cui sfogare le proprie frustrazioni. A cui non importa sapere ad esempio che a Macerata spacceranno i nigeriani, ma sono l’anello terminale di circuiti malavitosi tenuti saldamente in mano da italianissimi camorristi e mafiosi. Con tanta ignoranza di cui non ci si vergogna: come quel candidato di M5S che usa, inconsapevolmente si spera, una immagine della propaganda nazista dei collaborazionisti francesi. O quello che mette in rete la testa insanguinata della Boldrini augurandosi che gli taglino la testa e si meraviglia delle conseguenze…

Non bisogna strumentalizzare, d’accordo. Se la Lega prende nel suo servizio d’ordine uno che porta tatuata sulla tempia un simbolo nazista o se M5S pesca un po’ di tutto, anche quello della Boldrini si dichiara simpatizzante M5S. Ma il dovere dei leader sarebbe di condannare senza se e senza ma, invece assistiamo ad ipocrite condanne accompagnate da un sostanziale giustificazionismo. In pubblico. Perché poi in privato si pensa che abbiano fatto bene.

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