Nonostante tutto non mi arrendo, al voto il 4 marzo

Pubblicato il 9 febbraio 2018, da Politica Italiana

Venezie Post 8 febbraio 2018

Uno sconfortato direttore di Venezie Post ci comunica la sua intenzione di disertare le urne il 4 marzo. Nello sconforto si può essere affratellati. Il panorama è quello che è. Nella formazione delle liste è prevalso in sostanza un istinto padronale. Divisi su quasi tutto su questo accomunati. La composizione delle liste è sempre stata faccenda complicata per i partiti, specie dove non vi sia il voto di preferenza. Tuttavia nel passato era sempre presente una logica inclusiva: tenere insieme il proprio gregge politico, semmai includendo personalità esterne ritenute utili nel lavoro parlamentare. Questa volta è prevalso nei leader un atteggiamento epuratorio preventivo. Costruire delegazioni parlamentari in cui il tratto distintivo fosse quello della lealtà verso il Capo. Pensando di impedire la possibilità di leadership alternative. Così Salvini ha accuratamente epurato parlamentari vicini a Zaia, Berlusconi ha rimesso in campo i dirigenti di Mediaset, Di Maio ha allestito una finzione di parlamentarie per poi decidere insindacabilmente chi doveva avere l’onore di un seggio certo, Renzi non si è comportato diversamente, sfrondando le minoranze interne, indebolendo le leadership alternative, da Gentiloni a Minniti, segando parlamentari a loro vicini. Qui nel Nord est vedo confermatissimi parlamentari reduci da anonime legislature ed esclusi parlamentari distintisi per quantità e qualità del lavoro parlamentare.

Se passiamo alla campagna elettorale peggio possiamo sentirci. Verrebbe da ricordare la riflessione di Giancarlo Pajetta, un dirigente del PCI che di propaganda se ne intendeva: “La differenza tra un politico ed un cretino è che il cretino crede alla propria propaganda”. Il variabile Di Maio promette tutto a tutti: un giorno dentro l’euro, un giorno fuori, un giorno per accordi di governo, un giorno contro, assegni di felicità per tutti. Naturalmente meno tasse per tutti. I soldi si trovano con l’eterna ricetta del taglio delle tasse che crea miracolosamente lo spazio per una vertiginosa crescita economica (ricetta mai comprovata nella realtà) e il mitico taglio agli sprechi (senza mai dettagliare quali siano gli sprechi, che hanno il difetto di compiacere settori di elettorato che non si devono scontentare…). Berlusconi con la freschezza di un giovanotto ripresenta tutto il suo repertorio della discesa in campo: le tasse naturalmente, una imprecisata flat tax, dentiere per tutti, pensione alle mamme, le pensioni che si riformeranno  contro l’odiata Fornero ma non si sa come, e i giovani si arrangino, che sono pochi che votano, la sanatoria degli abusi edilizi, naturalmente quelli di necessità, che sarebbero pressoché tutti, perché anche la famigliola che si è costruita la villetta sulla spiaggia demaniale avrà pur diritto a passare serene vacanze. 600.00 profughi di cui liberarsi: dove, come? Sono dettaglia su cui sorvolare.

Bisognerà riconoscere che il PD è la forza politica che ha allestito un programma realistico, preciso anche nelle compatibilità economiche. Forse Renzi si sarà ricordato del consiglio del vecchio De Gasperi: “Cercate di promettere un po’ meno di quello che pensate di realizzare se vinceste le elezioni.

Allora se questa è la realtà perché non seguirò lo sconfortato consiglio di Filiberto Zovico ed andrò a votare?

Perché nonostante tutto non voglio arrendermi. C’è in effetti una anomalia nell’attuale situazione politica. L’offerta politica prevalente può essere più accattivante per quella parte di elettorato che si rifugiava nel non voto, o annullava il voto: i rancorosi, i benaltristi, gli eterni scontenti. Questa volta hanno di che sfogarsi con la scelta: populisti di tutto il mondo unitevi. Resta orfano piuttosto l’elettorato riflessivo. Chi non si accontenta di slogan superficiali, chi cerca un poco di razionalità oltre le suggestioni emotive. Perché il PD è diventato alta cosa rispetto all’ambizione originaria, Forza Italia non esiste senza la vitalità dell’ultraottuagenario Berlusconi, la Lega è ben diversa dal partito federalista e territoriale delle origini.

Però non voglio disertare. Non solo perché comunque echeggia nel mio cuore il saggio consiglio dei costituenti di 70 anni fa: il voto come dovere civico, senz’altra sanzione che quella della propria coscienza. E poi perché l’elettorato riflessivo, alla cui categoria mi iscrivo, ha il dovere di scegliere tra ciò che offre il mercato politico per non darla vinta ai populisti. Penso che la coalizione progressista offra un programma che convenga al paese. Anche se ancor m’offende il metodo scelto da Renzi nel condurre il mio partito e nel compilare le liste. Farò come il caustico Indro Montanelli d’antan: votare turandosi il naso. Non avrei mai pensato di arrivare a questo, ma più o meno… Che poi se Renzi dicesse agli elettori che nel caso toccasse al PD il nome segnalato al Presidente della Repubblica sarebbe quello di Paolo Gentiloni sentirei un profumo più soave.

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