Senatore Paolo Giaretta

Il Mattino di Padova

7 aprile 2010


Monsignore fra Cota e Zaia
di Paolo Giaretta

Dunque i "fatti concreti" di Luca Zaia e Cota in materia di pillola RU lodati con grande partecipazione da un imprudente monsignor Fisichella si riducono a quello che erano: un po' di esuberanza comunicativa da vittoria elettorale.
Zaia e Cota devono fare marcia indietro e confermare che le leggi nazionali valgono anche in Veneto ed in Piemonte e dunque anche qui la donna potrà scegliere, sempre con le cautele ed i prudenti limiti della legge 194, l'aborto per via chirurgica o per via chimica. Sempre una scelta diffcile e drammatica. Del resto sarebbe da ricordare allo smemorato monsignor Fisichella che questi intrepidi difensori della vita erano gli stessi che volevano negare l'assistenza medica ai clandestini, e cioè tra l'altro togliere il diritto ad un bambino ed alla sua mamma di essere assistiti prima della nascita ed alla nascita e riaprire la piaga dell'aborto clandestino. Inciviltà resa impossibile dall'opposizione di molti, nella politica e nella società civile, compresa la Chiesa Cattolica.
Comunque se al di là della propaganda il presidente Zaia volesse realizzare sul serio dei fatti concreti potrebbe rimediare al vergognoso taglio degli stanziamenti per i consultori familiari effettuato dalla Regione Veneto e mettere in campo serie politiche familiari che rientrano nelle competenze delle Regioni, visto che una inadeguata educazione sessuale e difficoltà economiche sono tra le principali ragioni del ricorso all'aborto. La Gerarchia richiama i cattolici impegnati in politica al rispetto dei cosiddetti "principi non negoziabili". Giusto, ma perchè abbia forza questo invito - e non sia ridotto dentro opportunistiche contingenze temporali - occorre che trovi la sua radice nel fondamentale principio non negoziabile che è alla base dell'annuncio del Vangelo: la libertà e la dignità di ogni uomo ed ogni donna di questa nostra terra.
Nel momento dell'inizio della vita quando è più debole e nel mistero della fine, ma tra questi due estremi ci sta la vita dell'uomo, spesso violentata, sfruttata e vilipesa. La Chiesa Cattolica può parlare di questi principi a testa alta, con la sua testimonianza. Dovunque c'è un uomo o una donna in difficoltà, nelle nostre sofferenti periferie piuttosto che nelle grandi favelas del terzo mondo, in luoghi abbandonati dalla solidarietà pubblica o dalla carità individuale, lì spesso c'è un sacerdote, un missionario, un volontario. E' questa la Chiesa che ha una grande autorevolezza.
Come ci ricorda Enzo Bianchi "lo stile cristiano autentico sempre propone il suo messaggio attraverso il vangelo, cioè lo offre come buona notizia che si indirizza sempre alla libertà degli interlocutori, considerati capace di riflettere, degni di quella fiducia necessaria ad ogni confronto e dialogo".
E' la Chiesa giovannea, Madre e Maestra, che ha saputo scuotere tante coscienze. Una parte della gerarchia cattolica appare a volte spaventata dalle sfide impegnative del nostro tempo; sembra sottovalutare questa grande forza e tende a ripararsi sotto le ali protettive di una politica opportunista che compra e lusinga. Ma è un compromesso arido, che non da frutti, che fa male alla Chiesa e fa male alla convivenza civile.
Cosa resta dei superficiali applausi di monsignor Fisichella? Nulla sul piano delle politiche civili (anzi l'invito a dividere ancora di più la società italiana) e purtroppo per molti cittadini l'immagine di una chiesa imprudentemente schierata sulle banalità della politica quotidiana.  

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