Il Pd ritrovi lo slancio per guidare il cambiamento

Pubblicato il 12 luglio 2010, da In primo piano

La cosa peggiore è abituarsi a tutto. È passato solo qualche giorno dalla pagliacciata della nomina del ministro-fantasma Brancher, a finalità autoprotettive da processi in corso, che si apre un altro fronte: il coordinatore nazionale del Pdl Verdini, già coinvolto nelle faccende della cricca, risulta essere pappa e ciccia con il “faccendiere” Flavio Carboni, già ospite delle patrie galere al tempo di mani pulite ed ora evidentemente ospite gradito dei vertici del Pdl.

In compenso in Campania un assessore garante del giro del malaffare in Sardegna sulle energie rinnovabili (qualche riflessione sul punto andrebbe fatta) utilizza il proprio potere per screditare il concorrente interno Caldoro e mantenere il potere dell’on. Cosentino, ancora sottosegretario del Governo Berlusconi nonostante penda su di lui la richiesta d’arresto per fatti camorristici.

In parlamento la Lega fa passare un emendamento a favore di un gruppuscolo di imprese non ancora in regola con le quote latte. Migliaia di imprese si sono regolarizzate, investendo denari, usufruendo delle provvidenze predisposte (con i soldini di tutti i cittadini). Sessantasette imprese tutelate dalla Lega non ne vogliono sapere. Che potere hanno di imporre alla Lega e poi al Governo questa minisanatoria, nonostante le minacce di dimissioni del ministro Galan, la certa infrazione delle norme comunitarie, già accertata in caso di applicazione della norma? C’entra qualcosa che proprio in questi giorni parte un processo per gravi reati di truffa a carico di due cooperative di produttori di latte, legate alla Crediteuronord, società legata alla Lega e già nei guai giudiziari?

Questi ed altri fatti fanno da sfondo alla politica, compresa l’ennesima norma ad personam introdotta nel decreto economico per limitare i danni nella vicenda Fininvest Mondadori.

Continua una sorda lotta di potere all’interno della maggioranza. A seconda delle giornate, dei consiglieri più o meno interessati che ruotano intorno al presidente del Consiglio passiamo dal “muoia Sansone con tutti i filistei” all’espulsione di Fini, alla voglia di imbarcare Casini, ecc.

Nel frattempo l’azione di governo è ferma. La cosiddetta manovra è costruita sulla sabbia. Senza un patto con il sistema delle autonomie locali e delle Regioni gli effetti di contenimento della spesa pubblica saranno in gran parte con effetti limitati.

I dati sull’occupazione, sul livello dei salari, sugli investimenti dimostrano che permane una situazione molto pesante dal punto di vista economico.

Dobbiamo però chiederci: perché di fronte ad un così evidente logoramento della capacità di leadership di  Berlusconi, che incomincia a tradursi anche in un calo evidente del consenso, il Partito Democratico non riesce ad intercettare questa delusione?

Anzi i dati dei sondaggi sono preoccupanti perché dimostrano la crescita della sfiducia in egual misura per la maggioranza e per l’opposizione. Un popolo disorientato e senza speranza non trova più nella politica le risposte e rischia di rifiutare in blocco le proposte sul tappeto. Tentata sempre di più dall’astensione o da ogni pulsione di un radicalismo improduttivo che lacera il Paese.

Dobbiamo concentrarsi su questo lavoro. Abbiamo in fondo fatto il Pd per essere pronti con una alternativa di governo all’esaurirsi della stagione berlusconiana. Sarebbe un paradosso che ora che si apre questa nuova stagione il Pd non sapesse mettere in campo in modo credibile la propria proposta.

Qualche giorno fa su Europa Mario Rodriguez osservava che la difficoltà del Pd e dell’opposizione in genere è che “non sembra in grado di offrire una lettura della società italiana che permetta di interpretarne paure e speranze… Manca una capacità di evocare una cornice che generi fiducia”. Occorre correggere questa carenza, occorre ritrovare lo slancio con cui fu presentato all’opinione pubblica il Pd come partito capace di guidare il cambiamento necessario.

I tempi sono maturi.

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