Legge di stabilità: ciò che si poteva fare, ciò che un Governo impotente non ha fatto

Pubblicato il 7 dicembre 2010, da Interventi al Senato

Intervento in aula sul dibattito sulla Legge di Stabilità, 7 dicembre 2010

Il dibattito al Senato sulla Legge di Stabilità (la vecchia legge finanziaria) è avvenuto senza che fosse possibile modificare un solo comma. C’era il tempo per farlo, ma la maggioranza in coma non era in grado di affrontare una sola variazione, neppure correggere il vergognoso furto del 5 per mille che metterà in ginocchio tutto il mondo del volontariato se non vi si porrà rimedio.

Sono intervenuto presentando le proposte del PD su tre aspetti particolari. L’introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie, che consentirebbe di scoraggiare i movimenti speculativi a brevissimo termine che tanta ricchezza hanno distrutto, caricando sulle spalle dei contribuenti oneri rilevanti.

La proposta per l’introduzione della dote fiscale di 3000 euro per figlio, per avviare una seria politica della famiglia.

Un programma di liberalizzazioni coraggiose, che contribuebbero in modo decisivo ad accelerare la crescita senza costare un solo euro.

Naturalmente il Governo ha detto di no a tutto.

 

Un mercato più competitivo significa maggiore crescita e migliori servizi ai cittadini

Se è vero come è vero che bassa competitività e bassa crescita sono le due palle al piede che ci trasciniamo abbiamo a disposizione uno strumento a costo zero in grado di incrementare entrambi questi fattori. A costo zero dal punto di vista finanziario, forse con qualche costo politico nel breve periodo, ma con elevati dividendi nel tempo.

Lo strumento si chiama maggiore apertura dei mercati protetti.

Uno studio di Prometeia dimostra che agendo nei soli settori dell’energia, delle telecomunicazioni, dei servizi finanziari e commerciali si può ottenere una riduzione dell1,7% dell’inflazione ed un incremento del PIL dell’1,7%.

Una ricerca della Banca d’Italia stima in un incremento nel triennio del 6,5% del PIL il beneficio che si ricaverebbe agendo nel settore dei servizi.

L’OCSE ha calcolato che sia possibile ottenere un incremento del 14% della produttività in 10 anni aprendo i settori protetti.

Continuo a domandarvi: come mai il governo della presunta grande rivoluzione liberale non usa questa leva potentissima e certamente espressione della migliore cultura liberale? Perché anzi fa passi indietro per ingessare ancora di più il nostro paese?

Il nostro emendamento agisce su 4 aree di intervento per aprire i mercati.

Sulla filiera dell’energia che pesa in modo consistente sul sistema dei costi di produzione: realizzando la separazione della rete di trasporto e stoccaggio dall’ENI e razionalizzando il sistema di distribuzione del carburante. Ricordo che i risultati della liberalizzazione del gas sono stati in termini di prezzo molto inferiori a quelli del comparto elettrico proprio per il permanere i regimi di monopolio e che i costi dei carburanti raggiungono il record in Europa a prescindere dalla componente fiscale.

Completamento della riforma del settore della distribuzione del farmaco secondo il principio: alle farmacie un rapporto più stretto dentro il sistema sanitario anche per la prestazione di servizi oltre alla somministrazione dei farmaci con ricetta, alle parafarmacie e alle altre forme distributive la possibilità di vendere tutta la filiera dei farmaci senza ricetta. Il Presidente dell’Antitrust ci ricorda che con la parziale riforma Bersani si è ottenuto comunque un calo dei prezzi nel settore farmaceutico dell’8,3%, con punte per taluni prodotti del 35%, la creazione di 6.500 posti di lavoro per giovani farmacisti, la diminuzione dei prezzi anche nel canale distributivo delle farmacie. Rispetto a questi benefici in termini di vantaggio per i consumatori e con la creazione di posti di lavoro non mi risulta che nessuna farmacia sia fallita.

Regolazione semplice delle professioni. Avete proposto con grande enfasi di modificare la Costituzione rendendo più esplicito il principio della libertà d’intrapresa all’insegna del motto: è consentito tutto ciò che non è espressamente vietato. Se credete veramente a questo principio con il nostro emendamento vi diamo la possibilità di applicarlo. Infatti proponiamo che l’esercizio anche in forma cooperativa e societaria sia libero, in conformità al diritto comunitario senza vincoli di predeterminazione numerica. Laddove l’interesse generale e la natura dell’attività svolta renda opportuna l’iscrizione ad albi o elenchi si prevede una struttura degli ordini professionali orientata alla tutela del consumatore, un tirocinio proporzionato, l’eliminazione dei conflitti di interesse nell’accesso.

Infine poiché siamo convinti che la buona amministrazione di sé stesso sia il primo dovere dello Stato proponiamo una regola semplice per ottenere risultati coerenti nel contenimento della spesa primaria: per il 2011 e 2012 una prima stabilizzazione con la riduzione del 2,5% annuo delle spese di funzionamento di ogni missione e dello0,5% delle spese per gli interventi. Dal 2013 un incremento contenuto nel 50% dell’incremento del PIL.

Su queste cose ci sarebbe veramente bisogno di un’intesa bipartizan, generosa per il futuro del paese e coraggiosa e lungimirante nel presente.

Prendendo sul serio le parole di un liberale vero che ci ha ricordato Catricalà nel suo aureo libretto “Le zavorre d’Italia” ricordando quanto scriveva Von Hayek  “la competizione è il terrore di tutti i conservatori di destra, di centro, di sinistra. Uno dei tratti fondamentali dell’atteggiamento conservatore è il timore del cambiamento. Respingendo questo emendamento ne fornite il miglior esempio.

Politiche per la famiglia: fallimento vergognoso del Governo

C’è una linea comune a quasi tutti i pochi emendamenti che abbiamo presentati: corposi per sostanza ma limitati nel numero.

La linea è: agire per aumentare la capacità competitiva del paese. Unica via d’uscita anche per affrontare la crisi della nostra finanza pubblica: accrescere la competitività per poter tornare a crescere ad un ritmo sufficiente, più crescita per poter rendere sostenibile il debito senza intaccare la tenuta sociale del paese.

Una seria politica familiare si inserisce di diritto politiche per aumentare la competitività.

Per gli aspetti più direttamente economici, perché senza un ringiovanimento della popolazione è difficile mantenere un tasso di crescita e di innovazione adeguato, per gli aspetti di coesione sociale, perché la famiglia costituisce una comunità che rafforza il sistema delle relazioni sociali per gli aspetti educativi, di crescita comunitaria, di welfare sostenibile.

Ricordo che siamo un paese fortemente invecchiato, abbiamo l’indice di vecchiaia più elevato d’Europa a 27.

Siamo un paese che fa pochi figli: il tasso di natalità si è dimezzato in 40 anni, il numero medio di figli per donna  è di 1,41, inferiore alla media europea. Se poi si guarda solo la componente italiana l’indice scende all’1,26: ultimo in Europa.

Abbiamo la peggiore combinazione fertilità/partecipazione delle donne al mercato del lavoro. Penultimi per partecipazione, ultimi per fertilità, ultimi per i due fattori.

Occorre agire: rimuovere i vincolo che impediscono alle famiglie italiane di avere i figli che desiderano. Le indagini sociologiche dimostrano che se questi vincoli non vi fossero il desiderio di figli farebbe crescere l’indice al 2,2 in luogo dell’1,26 che ho ricordato per le donne italiane..

I vincoli sono di diversa natura, a cominciare da un eccesso di precarizzazione nei rapporti di lavoro, che rende molto difficile per una giovane coppia fondare uno stabile progetto di vita e la mancanza di servizi adeguati a sostenere le responsabilità familiari. Le indagini dicono che 1/3 delle donne che lavorano vorrebbero utilizzare il servizio del nido ma non possono farlo per mancanza di strutture, posti, o perle rette troppo elevate.

Un vincolo importante certamente consiste nella debolezza degli aiuti economici per chi investe nei figli, specie per i redditi più bassi e per le giovani famiglie, per le famiglie numerose.

Con questo emendamento interveniamo su questo snodo cruciale, proponendo la realizzazione di una dote fiscale per ogni figlio fino a 18 anni, una dote pari a 3000 euro annui. Un intervento robusto, pari in sostanza per entità economica a quello previsto dal Forum delle Famiglia con la formula innovativa del fattore famiglia.

Un intervento certamente oneroso ma del tutto sostenibile, se si ha il coraggio di intervenire sul serio sulla spesa pubblica e su una più equa tassazione. Un impegno di 2,6 miliardi di euro per il 2011. A parte che si può anche prevedere un intervento scaglionato nel tempo, iniziando ad esempio dai bambini da 0 a 3 anni abbiamo indicato come recuperare la necessaria disponibilità finanziaria: ad esempio con la tassazione delle rendite finanziarie o con i risparmi di spesa attivati dalla procedure che il sen. Morando ha ieri illustrato.

Quello che è certo è che questo nella famiglia è un investimento necessario e quanto mai redditizio.

La sua mancata realizzazione, promessa da voi in ogni campagna elettorale dal 1994 in poi è uno dei più clamorosi fallimenti della vostra azione di governo. Questo emendamento vi da l’occasione di rimediare. Non vi piace questa formula? Introducete la formula del fattore famiglia proposto dal Forum delle famiglia. Per noi va egualmente bene. Ciò che non si può fare è non fare nulla.

Una buona tassa contro gli speculatori per finanziare la buona politica

Sono molteplici le cause della grave crisi finanziaria globale che negli ultimi due anni tanti danni ha creato e sta creando in particolare alle economie occidentali.

E’ un caso evidente di fallimento del mercato, o meglio dell’assenza di un mercato ben regolato, perché senza regole appropriate non esiste uno spazio di mercato, esiste una anarchia senza tutele per i soggetti che vi operano.

La mancanza di una adeguata regolazione ha consentito un enorme sviluppo di mercati secondari i cui titoli non sono più rappresentativi di una ricchezza reale, e soprattutto hanno creato l’illusione che scomparisse il rischio, elemento essenziale per determinare il prezzo reale di un prodotto finanziario; un ampliamento della leva finanziaria oltre ogni ragionevole prudenza; una opacità delle informazioni disponibili con la formazione di giganteschi conflitti di interesse tra creatori di prodotti finanziari, istituti di credito, agenzie di rating. Insomma uno spazio anarchico tollerato dai governi in cui non hanno funzionato né i regolatori pubblici, dalle banche centrali alle istituzioni finanziarie internazionali, né i regolatori privati, prigionieri dei conflitti di interesse.

Le intese, ancora troppo generiche, comunque raggiunte agli ultimi G20 prevedono di affrontare la costruzione di un sistema di regole e di controlli più efficaci.

C’è però un’altro elemento che ha reso così grave il contagio. Insieme all’assenza di regole adeguate la disponibilità di una innovazione decisiva, la possibilità attraverso la rete globale di internet di agire in tempo reale sui mercati mondiali. Moltiplicando gli scambi puramente speculativi a brevissimo termine a danno delle valutazioni di investimento a medio e lungo termine.

Basti dire che nel solo giro di 4 anni le transazioni sui mercati finanziari che avvengono senza alcun intervento umano ad opera di algoritmi di computer, in millesimi di secondo, sono passati dal 30 al 60% delle transazioni globali. Se il mercato dei beni e servizi è stimato nel mondo attorno a 15.000 miliardi di dollari all’anno sui mercati finanziari questa cifra viene scambiata in soli 4 giorni. C’è uno squilibrio ormai insostenibile tra il dato della ricchezza reale e quello di transazioni finanziarie che agiscono nel brevissimo termine, contribuendo a generare squilibri non sostenibili da una economia sana, producendo una enorme distruzione di ricchezza.

Per questo si è proposto in diverse sedi l’introduzione di una tassazione sulle transazioni finanziarie. IL G20 di Pittsburgh ha incaricato il FMI di predisporre un piano per una tassazione delle transazioni finanziarie, il Parlamento Europeo ha chiesto alla Commissione di elaborare una valutazione sulla introduzione di questa forma di tassazione, da ultimo il Leading group di Parigi, di cui fa parte anche l’Italia, ha proposto l’introduzione della tassazione.

Nonostante il largo consenso nella comunità politica e scientifica si obietta da parte di alcuni che l’introduzione di una tassazione sulle transazioni potrebbe comportare in realtà una riduzione della liquidità. E’ una osservazione che appare poco fondata. La natura della tassazione proposta è di applicarsi ad un gran numero di transazioni con un importo minimo. Tra lo 0,01 e lo 0,05 per cento. Vale a dire che su una transazione di 10.000 euro si pagherebbe un euro. E’ evidente l’ininfluenza per chi opera con normali operazioni di investimento con un’ottica di medio o lungo periodo. La penalizzazione può avvenire solo per chi compra e vende prodotti finanziari centinaia o migliaia di volte in un giorno, con finalità puramente speculative di brevissimo termine, la distorsione che va combattuta e disincentivata.

Il gettito dell’imposta che si valuta a livello globale possa essere tra i 500 e i 1000 miliardi di dollari può avere un triplice impiego:

finanziare le crisi bancarie senza ricorrere alla tassazione di contribuenti incolpevoli dei dissesti o alla formazione di debiti pubblici non sostenibili;

finanziare i programmi di aiuto allo sviluppo, che sono stati pesantemente ridotti in questi anni di deterioramento della finanza pubblica dei paesi donatori, contribuendo a finanziare progetti sostenuti da ONG e società civile dei paesi riceventi;

offrire una base fiscale europea per affrontare la questione della gestione del debito. Ricordo che l’idea della costituzione di una Agenzia del Debito, avanzata in diverse sedi e da ultimo anche dal Ministro Tremonti richiederebbe comunque una base fiscale da porre a garanzia, e dunque l’introduzione di una Financial Transaction Tax a livello europeo completerebbe il disegno di rafforzamento di un sistema di tutela della finanza pubblica.

Ricordo da ultimo che alla Camera dei Deputati è stata approvata una risoluzione bipartizan firmata dai deputati Barbi e Zacchera che invita il governo a sostenere nelle sedi competenti internazionali la necessità di una valutazione di impatto e di fattibilità per l’introduzione della FTT

  • Facebook
  • Twitter
  • LinkedIn
  • RSS
  • Pinterest
  • Add to favorites
  • Print
  • Email

Tags: , , , , , ,

2 commenti

  1. Marco Surace
    9 dicembre 2010

    Ottimo, grazie
    Prenderò spunto per il consiglio comunale della settimana prossima.
    Saluti


  2. adriano
    13 dicembre 2010

    Non ho la formazione necessaria per intervenire con cognizione di causa nell’ambito di interventi di natura economica, ma a naso quello della dote fiscale mi sembra una iniziativa interessante. E’ vero che in questa fase di crisi economica solo chi ha disponibilità finanziaria può dare una spinta concreta. Così come è vero che per lo stesso motivo non si può permettere tutto a chi ha disponibilità economica (leggi liberismo). Quello della dote fiscale mi sembra che come principio assomigli alle detrazioni sull’acquisto o sulla costruzione della prima casa; 36 0 41% e IVA ridotta. Chi spende e fattura ha diritto ad un recupero fiscale.
    Mettere a disposizione un vantaggio fiscale per chi investe è sicuramente una leva efficace. La piccola o piccolissima impresa che fatica oggi a spendere a fronte della forte diminuzione delle vendite, potrebbe trovare in una dote fiscale legata agli investimenti (fatturati) una spinta in tal senso. Inoltre una “dote fiscale” certificata potrebbe rappresentare un titolo di credito da esporre anche a fronte di finanziamenti da parte degli istituti di credito. In ogni caso è la proposta quello di cui abbiamo bisogno soprattutto ora, se vogliamo essere credibili al prossimo appuntamento elettorale. Grazie.


Scrivi un commento